Lanthimos in sala: perché no

Tre film che ne fan uno, opera a episodi, nuovi mostri da commedia all’italiana, antologia alla Ai confini della realtà, Lanthimos Cinematic Universe, museo delle sue cere. 1) Un uomo - dopo avere esaudito ogni ordine del proprio padrone, regista di ogni dettaglio della sua vita - si nega a una richiesta di omicidio. Ma non è conveniente.

2) La moglie di uno sbirro scompare. Quando ritorna, il marito non crede sia la stessa persona. E la mette alla prova chiedendole estremi gesti d’amore. 3) Due personaggi in cerca di una tale (comparsa in sogno a lei) che sappia curare dalla morte, per il piacere di una setta che non consuma acqua impura e s’abbevera delle lacrime (di coccodrillo) dei guru.

Già dalle tramine è chiaro: Lanthimos chiede all’attuale compagnia di giro hollywoodiana (Emma Stone + Willem Dafoe, con Jesse Plemons in aggiunta) di riaccompagnarlo a casa, ovvero alle sceneggiature di Efthymis Filippou (da Dogtooth a Il sacrificio del cervo sacro). E dunque a un cinema che, meglio di chiunque, sa trovare delle storie esemplari, che riassumono e intensificano aporie e crisi cruciali del presente, con i modi della distopia contemporanea: cioè di un realismo con tratti caricaturali.

Si sta dunque tra il paradosso e la barzelletta, riducendo l’omaggio a Fassbinder a un Dov’è Wally? (seguite le sorti di RMF) perché sono tempi di stupido gioco e simulazione, e ripetendo i volti tre volte, perché il capitalismo di oggi (con tutte le sue forme allucinatorie e le sue illusioni) è un cul de sac da cui è impossibile uscire. Tutto giusto, ma è una formula che si compiace, si riproduce e ripete, pre-vista, automatica, inerte. Che non possa essere altrimenti?

Il film