Perché in Ritratto della giovane in fiamme di Céline Sciamma Héloïse invita Marianne a guardare, e poi a ridisegnare, nero su bianco, l’atto di un’interruzione di gravidanza clandestina? Perché molte persone non conoscono la differenza tra i termini “vulva” e “vagina”? Perché per qualcuno è importante che gli odierni spot sugli assorbenti mostrino liquido rosso come il sangue mestruale, anziché un asettico liquido blu? E perché per qualcun altro è invece un fatto così disdicevole da scomodare l’associazione dei consumatori? La risposta a queste domande apparentemente sconnesse tra loro è sempre la stessa, ed è legata alla sistematica invisibilità del corpo femminile, o meglio: all’invisibilità di ciò che lo rende tabù, non conforme, o addirittura mostruoso, di certo non desiderabile.

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Notre corps (2023) scena

Essere viste, nella propria interezza, significa esistere; esistere significa (dovrebbe significare) avere diritti, e tra questi c’è anche il diritto alla salute. Quante donne avrebbero ricevuto diagnosi più tempestive se non esistesse, intorno alla salute riproduttiva femminile, uno stigma che la rende un fatto indicibile, inguardabile, e, peggio ancora, non condivisibile, da gestire il più possibile in privato, da sussurrare con discrezione? Il film di Claire Simon, presentato nel Forum della Berlinale 2023, e poi premiato come miglior documentario internazionale al Torino Film Festival 2023, è un lavoro monumentale e programmatico di smantellamento dello stigma: in quasi tre ore di immersione nel reparto di ginecologia e ostetricia di un ospedale del 20° arrondissement di Parigi, davanti alla macchina da presa della regista passano la carne, il sangue, le secrezioni, la placenta, le incisioni, le lacerazioni, il dolore, il terrore e la gioia delle donne che in quella sede affrontano momenti decisivi della propria vita.

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Notre corps (2023) scena

Fecondazione assistita, assunzione di ormoni, transizione, maternità, endometriosi, infertilità, aborto spontaneo e interruzione volontaria di gravidanza sono raccontati, mostrati, resi visibili, dicibili, non più osceni, attraverso casi singoli ma interconnessi, grazie a uno sguardo empatico e non esente da problematicità: criticata in patria per l’inclusione non adeguatamente contestualizzata, nel doc, del ginecologo Emile Daraï, accusato di violenze da 32 donne, Simon è dapprima presenza “neutra” - ma partecipe, vicinissima alle pazienti, alle immagini diagnostiche, alle siringhe - nel segno del grande Frederick Wiseman, ma con un twist lancinante, che ribalta la posizione dell’obiettivo, la regista stessa diviene protagonista, mettendo in discussione, davanti a un medico e alla macchina da presa, la sua visione di malattia, paura, cura.

Opera appassionata di rifondazione dello sguardo sul femminile, Notre corps rende visibili, oltre alle verità della carne, anche quelle delle nostre sovrastrutture sociali, certe radicate risposte automatiche di imbarazzo, di vergogna, di sopportazione: «Credevo che il dolore facesse parte dell’essere donna», dice una paziente affetta da endometriosi, rivelando i lacci culturali in cui i corpi femminili troppo spesso restano impigliati. Un film fondamentale.

Autore

Ilaria Feole

Ilaria Feole è nata nell’anno di Il grande freddo, Il ritorno dello Jedi e Monty Python – Il senso della vita e tutto quello che sa l’ha imparato da questi tre film. Scrive di cinema e televisione per Film Tv e Spietati.it. È autrice della monografia Wes Anderson - Genitori, figli e altri animali edita da Bietti Heterotopia.

Il film

locandina Notre corps

Notre corps

Documentario - Francia 2023 - durata 168’

Titolo originale: Notre corps

Regia: Claire Simon

in streaming: su MUBI MUBI Amazon Channel