Bisognerebbe inquadrare Michel Gondry come uno dei grandi cineasti del tormento, regista di un’epoca-cerniera in cui gli autori della sua età si sono trovati tesi e sospesi tra le possibilità del cinema moderno con cui sono stati educati (fino a Mood Indigo - La schiuma dei giorni, da Boris Vian, Gondry è stato l’unico reale riscrittore di Alain Resnais) e un immaginario in cui ogni scelta identitaria, ogni ipotesi di cinema e di sé, era già preventivamente assimilata, data, disponibile come merce nel supermercato integrato e mai originale del contemporaneo. Charlie Kaufman (suo sceneggiatore per Human Nature, ovvero Mio zio d’America, e Se mi lasci ti cancello, ovvero Je t’aime je t’aime) s’è ostinato a raccontare un soggetto frantumato, in un modernismo caricaturale, parossistico, lancinante.

Wes Anderson
Asteroid City (2023) Wes Anderson

Wes Anderson s’è fatto radicale, lasciando che i suoi io ipertrofici, narcisi e inadeguati abitassero scenari freddamente superficiali, risuonassero in miniature fasulle, perfette e impossibili. E si potrebbe proseguire con tre incredibili cineasti del delitto perfetto dell’immagine nei confronti dell’io, e dunque del soggetto, per dire del fallimento dell’autore come nesso tra il cinema e la realtà: registi come Tarantino (con il suo rifondare generi, epoche, cronache e Storia in universi completamente autonomi, tragicamente irrelati), P.T. Anderson (con le sue immagini impenetrabili, insondabili, incapaci di dire altro da sé) e Nolan (con film über-cinematografici in cui regnano il mero meccanismo e la sconfitta di protagonisti chiusi nelle proprie ossessioni, come in Aronofsky). Il cinema di Gondry è probabilmente, tra queste opere dello scollamento tra immagine e mondo, quello che porta maggiormente il segno della sofferenza, dello scacco, del donchisciottismo, fatto come è di personaggi rinchiusi in se stessi, produttori di universi incompresi che non interessano praticamente a nessuno, sognatori di sogni che, quando s’impongono, s’impongono sempre e solo come sogni scollati dal vero, mentre sullo sfondo, fuori, il mondo scorre noncurante.

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Film Tv n° 43/2023

Il libro delle soluzioni (per citare il lapsus di copertina del n. 43/2023, anche e soprattutto delle illusioni) è un film su tutto questo, didascalicamente: un film su un regista (Pierre Niney, ovvero Gondry) che vive depresso ed euforico, bipolare, delle sue regole capricciose, dei suoi progetti analogici e non algoritmici, dei suoi desideri cangianti e umorali, supportato e sopportato da pochi, autistico e marginale, protagonista possibile solo e soltanto per sé. Una commedia depressa ed esilarante, piena di inventiva non imitabile, di una poesia delle cose che nulla c’entra coi giochini ricombinatori del postmoderno, un pensiero irrequieto e tragicomico che prova a pensarsi felice, e che scivola verso un finale in cui il cinema risolve la realtà, trovando un lieto fine che aggiusta l’amore e la carriera. Ma come in Be Kind Rewind C’era una volta a... Hollywood quella che pare una vittoria sul reale è solo un’altra drammatica resa verso la propria sognante inutilità. La soluzione è l’illusione (per l’appunto).

Autore

Giulio Sangiorgio

Dirige Film Tv, co-dirige I mille occhi di Trieste, programma cinema, festival, rassegne, insegna (alla Iulm), sviluppa (progetti di film di giovani registi, per Milano Film Network), e, soprattutto, sopporta. Sopporta tantissimo.

Il film

locandina Il libro delle soluzioni

Il libro delle soluzioni

Commedia - Francia 2023 - durata 102’

Titolo originale: Le livre des solutions

Regia: Michel Gondry

Con Pierre Niney, Vincent Elbaz, Francoise Lebrun, Blanche Gardin, Camille Rutherford, Frankie Wallach

Al cinema: Uscita in Italia il 01/11/2023

in streaming: su Apple TV Amazon Video