Siete una coppia omosessuale di Philadelphia e siete padri di una bimba asiatica. Siete in vacanza, in una baita isolata, in una casa alla fine del mondo. Toc toc. Bussano alla porta. Chi è? Quattro persone, che non si sono mai incontrate prima. E che sono qui, adesso, insieme, per voi. Cosa vogliono? Parlare. Sono costretti (da chi? da cosa?) a mettervi di fronte a una scelta. Sacrificare, uccidendolo, un membro della vostra famiglia. O lasciare che ogni persona al mondo, eccetto voi tre, muoia. Uno di voi. O l’apocalisse.
È questa la scelta al centro del film, tratto liberamente (la parte finale è significativamente reinventata) da un romanzo di Paul G. Tremblay. Una scelta che, in ogni sua sfumatura, è legata alla fede. Credere o no ai racconti di queste persone, che potrebbero essere fanatici omofobi, adepti di teorie del complotto. Oppure, sul serio, quattro cavalieri dell’apocalisse. Credere o no alle immagini che dimostrano che tutto, a causa vostra, sta finendo. Credere o no che ci sia un legame tra il piccolo e il grande, tra la vostra famiglia borghese e le sorti del mondo. Tra noi e gli altri. Credere di avere un ruolo. Un potere. Una responsabilità. Shyamalan concentra il film tra quattro pareti (con flashback che ricostruiscono la storia della famiglia e della fatica nel rivendicarla), perché - come sempre - è quel che si sceglie in casa a contare.
E, come in quella serie fondamentale che è Servant, gestisce il sapere dello spettatore costruendo una tensione mossa dal dubbio, dalla difficoltà di distinguere l’autentico dalla messa in scena, il vero e il complotto, il disegno e la coincidenza, come a dare forma thrilling a un conflitto pienamente contemporaneo, che è anche questione di classi sociali (come un altro film sulla scelta, Il sacrificio del cervo sacro), un laboratorio entomologico (siamo noi le cavallette) sui nostri pregiudizi: diritti sociali vs civili, una classe frustrata che potrebbe esser blandita da teorie sragionanti, da miti post-verità (come QAnon) e una upper class, razionale, materialista, cinica, che fatica a prendere sul serio ogni cosa (per cui pregare è oggetto di scherno) e s’è costretta a non credere ai simboli.
E nonostante il suo abituale cameo sia nel ruolo di un venditore di friggitrici ad aria, ovvero d’aria fritta, insinuando giocosamente dubbi ulteriori (come il ritorno sul finale di Boogie Shoes in colonna sonora), è chiaro che oggi questo cinema sia una caricatura in cerca di paradossi e aporie, una verifica incerta e sadica, per lo spettatore, degli schemi con cui conosce la realtà, con cui crede (o meno) alle immagini, con cui sente (o meno) il senso (politico, religioso, ecologico) del suo essere al mondo. Bussano alla porta è una messa alla prova delle ideologie, dei modi con cui precomprendiamo il reale (politicamente corretto compreso), un gioco tesissimo che ci manipola solo per farci porre domande, un film figlio di Alfred Hitchcock presenta o Ai confini della realtà, ma che ragiona come un pamphlet di Žižek, un saggio di filosofia.
Il film
Bussano alla porta
Horror - USA 2023 - durata 110’
Titolo originale: Knock at the Cabin
Regia: M. Night Shyamalan
Con Dave Bautista, Jonathan Groff, Rupert Grint, Ben Aldridge, Nikki Amuka-Bird, William Ragsdale
Al cinema: Uscita in Italia il 02/02/2023
in streaming: su Microsoft Store Rakuten TV Netflix Netflix basic with Ads Amazon Video Mediaset Infinity Google Play Movies Apple TV
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