Nel cuore della Puglia, dove il verde degli ulivi si scontra con il grigio delle ciminiere, Semina il vento di Danilo Caputo, il film in onda su Rai 5 il 12 agosto, costruisce un racconto asciutto, doloroso e profondamente necessario. Non è un film su un’infezione, ma su una condizione. Non è un film sulla Xylella, ma su quello che ci ha portati fin qui: una malattia più profonda, che corrode le radici delle comunità prima ancora degli alberi. È l’“inquinamento mentale” di cui parla Caputo e che il film, attraverso il personaggio di Nica, prova a rendere visibile.

Il ritorno di Nica
Nel film di Rai 5 Semina il vento, Nica (Yile Yara Vianello), ventunenne studentessa di agronomia, torna al paese natale dopo tre anni a Roma. Non conosciamo i motivi precisi della sua fuga né quelli del suo ritorno: quello che conta è che torna, e trova un mondo cambiato o forse solo più scoperto nelle sue ferite. Gli ulivi di famiglia sono infestati dal Liothrips caeruleus, il “pidocchio blu”, un parassita che ha già decimato milioni di alberi in tutta la regione.
Il padre Demetrio (Espedito Chionna), schiacciato dai debiti e dall’impotenza, è pronto a cedere la terra alle ecomafie in cambio di soldi. La madre, Rosa (Caterina Valente), è quasi muta di fronte al disfacimento. I compaesani sono assuefatti al compromesso. Tutti sembrano aspettare qualcosa che li salvi dall’estinzione economica, anche a costo dell’estinzione ecologica.
In questo paesaggio afflitto, Nica assume il ruolo scomodo e inascoltato di antagonista. Non contro qualcuno, ma contro un intero sistema di pensiero. Il suo attaccamento agli alberi, ereditato dalla nonna che il paese chiamava “strega”, non è solo emotivo: è conoscenza, è rispetto, è relazione. Nica non si oppone per idealismo, ma per consapevolezza. Cerca una soluzione scientifica all’infestazione, ma trova davanti a sé solo ostilità e disillusione. Quando capisce che suo padre ha già svenduto la terra ai clan locali, capisce anche che la vera battaglia è più profonda. Non è solo per salvare gli ulivi: è per restituire senso a un’intera cultura estinta, sepolta dalle promesse mai mantenute del progresso industriale.
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Un padre, un sistema
Demetrio non è un antagonista nel senso tradizionale. È il volto umano del compromesso, della resa, dell’accettazione forzata. Per lui, la terra non è mai stata madre, ma merce. È cresciuto con l’idea che il contadino fosse l’ultimo della fila, e la fabbrica l’unica via per non restare tale. La sua logica è quella di una generazione che ha scambiato la stabilità per la sicurezza economica, e che ora, senza più certezze né fabbrica, è disposta a tutto pur di non cadere.
La sua frase, “Tu preoccupati degli alberi, non delle persone”, è il manifesto della frattura tra lui e la figlia. È anche la sintesi di un pensiero tossico, in cui l’ambiente e la vita sono due cose distinte.

La guerra invisibile e la diserzione della coscienza
Il film di Rai 5 Semina il vento non punta il dito, non offre soluzioni, non semplifica. Caputo non gira un film contro l’Ilva, né contro la Xylella, né contro l’omertà. Gira un film su come tutto questo sia diventato normale. L’inquinamento dell’aria e del suolo sono solo la superficie di un problema più profondo: quello della mentalità. Una mentalità che ha interiorizzato il dominio dell’uomo sulla natura come unica forma di progresso. Che ha delegittimato ogni legame con la terra come superstizione, debolezza, passatismo.
Nica è una voce che rifiuta questa narrazione. La sua non è una crociata, ma un atto di ascolto. È nella sua capacità di sentire i rumori impercettibili della natura (il crepitio degli alberi, il fruscio delle foglie) che il film trova il suo linguaggio.
Tradizione e scienza: la visione doppia di Nica
Il film di Rai 5 Semina il vento mescola il rigore dell’indagine scientifica con l’evocazione di un sapere arcaico, quasi pagano. Nica non è una mistica, ma nemmeno una razionalista. È una ragazza che crede che la natura abbia un’anima e che l’anima non sia incompatibile con la conoscenza. È cresciuta in una cultura in cui le rocce erano sacre e i rituali agricoli avevano un valore comunitario.
Il suo legame con la nonna e con la cripta simbolica in cui si rifugia è il segno di un’eredità mai del tutto morta. In un contesto dove la spiritualità contadina è stata derisa e cancellata, Nica la riporta in superficie, non come folklore, ma come atto di resistenza.
Un film senza risposte
Caputo costruisce un film che ascolta, più che parlare. La regia è fatta di sguardi frontali, lunghi silenzi, suoni naturali amplificati. La fotografia di Christos Karamanis contrappone la luce secca degli uliveti alla nebbia industriale delle ciminiere. La scenografia e i costumi sono sobri, essenziali, quasi invisibili. Tutto è pensato per lasciare spazio a ciò che accade dentro i personaggi, soprattutto dentro Nica.
L’interpretazione di Yile Yara Vianello, scelta dopo una ricerca durata due anni, è il cuore pulsante del film di Rai 5 Semina il vento. Il suo corpo, i suoi gesti, il suo modo di muoversi tra gli alberi: tutto comunica un’intimità con la natura che nessun dialogo potrebbe spiegare.
Semina il vento è un film di domande, non di certezze. Domande come: cos’è rimasto della cultura contadina? È possibile una riconciliazione tra natura e lavoro? Siamo ancora in tempo per invertire la rotta? Ma soprattutto: quanto è profondo l’inquinamento che ci ha resi indifferenti?
Nica non vince. Forse nemmeno convince. Ma resiste. In un mondo che ha rinunciato a lottare, la sua ostinazione è già un gesto politico. Non c’è retorica nella sua protesta, né eroismo. C’è solo una ragazza che vuole salvare ciò che ama, anche quando tutti le dicono che non vale la pena.
Semina il vento è un’opera che rifiuta le scorciatoie e che chiede allo spettatore di fare altrettanto. Non vuole solo mostrare un paesaggio devastato, ma interrogare la nostra parte di responsabilità in quel disastro. È un film che, come i semi lanciati nel vento, può attecchire o disperdersi. Ma se trova terreno fertile, lascia il segno.
Filmografia
Semina il vento
Drammatico - Italia, Francia, Grecia 2020 - durata 91’
Regia: Danilo Caputo
Con Yile Yara Vianello, Feliciana Sibilano, Caterina Valente, Espedito Chionna
Al cinema: Uscita in Italia il 03/09/2020
in streaming: su Rai Play
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