Nel mare magnum del cinema indipendente contemporaneo, il film Elizabeth Harvest, scritto e diretto da Sebastian Gutierrez, in onda su Rai 4 la sera del 6 maggio si fa notare come un’opera singolare e stratificata, capace di mescolare con sorprendente lucidità fantascienza, thriller gotico ed esistenzialismo. Presentato al SXSW Film Festival, il film si inserisce idealmente nella scia di storie come Occhi senza volto e La pelle che abito, ma lo fa con una voce tutta sua, intrisa di inquietudine, eleganza visiva e riflessione filosofica.

Una favola nera
Al centro del film di Rai 4 Elizabeth Harvest troviamo una rilettura moderna della fiaba di Barbablù, il racconto francese in cui una giovane sposa scopre che il suo marito aristocratico ha assassinato le mogli precedenti, nascondendo i loro cadaveri in una stanza proibita. Gutierrez prende questo mito e lo contamina con l’estetica e i temi della fantascienza, trasformando la narrazione in un’indagine esistenziale sul potere, la conoscenza e l’identità femminile.
Elizabeth (interpretata da Abbey Lee) è una giovane donna che arriva nella sontuosa villa del marito Henry (Ciarán Hinds), brillante scienziato molto più anziano di lei. L’accoglienza è lussuosa, il trattamento regale. Henry le promette: «Tutto questo ora è tuo, Elizabeth. Puoi avere tutto... tranne una stanza». Una premessa che sembra il preludio di una favola, ma che ben presto scivola nell’incubo.
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Il mistero della stanza proibita
Come Eva di fronte al frutto dell’albero della conoscenza, la protagonista del film di Rai 4 Elizabeth Harvest non può resistere al richiamo del proibito. Quando Henry si allontana per lavoro, apre la porta vietata e scopre un orrore che mette in discussione la sua stessa identità. Da quel momento in poi, Elizabeth Harvest abbandona i confini del semplice thriller per diventare una spirale di specchi deformanti, in cui il passato ritorna, le identità si confondono e le certezze crollano.
Gutierrez gioca con il tempo, con la struttura narrativa, con la percezione. L’elemento sci-fi non è mai decorativo, ma sostanza stessa del racconto: Elizabeth è frutto della scienza, della manipolazione genetica, del desiderio folle e romantico di Henry di riportare in vita la moglie defunta. «Quando l’amore diventa ossessione, e l’ossessione diventa potere creativo, il confine tra umano e mostruoso si dissolve», sembra dirci il film.

Personaggi come archetipi decostruiti
Elizabeth non è la classica “moglie trofeo” che il suo aspetto suggerisce inizialmente. Priva di memoria, si muove nel mondo come un essere appena nato: «Chi sono, se non ho ricordi?», si domanda. Ed è proprio questa assenza che la rende potente, capace di scoprire sé stessa e la verità che la circonda. La sua evoluzione è lenta ma decisa: da manichino inconsapevole a donna consapevole e combattiva.
Henry, dal canto suo, non è un villain monolitico. Ciarán Hinds gli conferisce profondità, ambiguità e dolore. È un uomo spezzato, consumato da un amore perduto e incapace di accettare che la scienza non può riprodurre l’anima. La sua è una “pazzia razionale”, come spiega il regista: «Henry non è un mostro. È un uomo che ha perso tutto e ha provato a rimediare giocando a fare Dio. Ma l’illusione non regge».
Accanto a loro, Claire (Carla Gugino), la governante, rappresenta la voce della ragione o, almeno, di quella razionalità scientifica che ha anch’essa perso il contatto con l’etica. Claire è lucida, metodica, ma profondamente tormentata. La sua relazione con Henry è professionale, affettiva, eppure mai risolta: «Abbiamo fatto cose in nome della scienza che ora pesano come macigni», sembra confessare in ogni gesto misurato. Gugino, attrice di straordinaria intensità, restituisce un personaggio trattenuto, ma emotivamente carico, una figura tragica che cerca redenzione.
Infine, Oliver (Matthew Beard), il giardiniere cieco, è l’elemento più enigmatico del gruppo. Anche lui è guidato dall’amore e dal dolore. Intrappolato in un ruolo passivo, attende, spera, e quando la possibilità si presenta, agisce. Il suo essere cieco, nel senso fisico e simbolico, riflette una società che sceglie di non vedere per non affrontare l’orrore che ha contribuito a creare.
Conoscenza, identità e autodeterminazione
Al centro di tutto, il film di Rai 4 Elizabeth Harvest parla del rapporto tra sapere e potere, tra identità e memoria. Come afferma Gutierrez: «Quando le donne acquisiscono conoscenza, gli uomini impazziscono». Una provocazione che riecheggia nella Bibbia, nella letteratura gotica, nella fantascienza. Ma qui il tema si incarna in una protagonista che prende coscienza di sé attraverso il dolore, l’inganno e la ribellione. Elizabeth è vittima e detective, soggetto e oggetto, corpo creato e mente emergente.
Il film si interroga anche sul ruolo della scienza quando diventa strumento di controllo piuttosto che di progresso. Henry non crea per scoprire, ma per possedere. Claire assiste e giustifica. Oliver osserva e aspetta. Solo Elizabeth evolve, perché solo lei riesce a trasformare la conoscenza in libertà.
Ipnotico ma irregolare
Dal punto di vista visivo, il film di Rai 4 Elizabeth Harvest ha grande fascino. L’ambientazione è straniante: un ibrido tra bunker brutalista, villa di lusso e laboratorio asettico. Ogni spazio comunica oppressione, freddezza, ma anche eleganza, in una continua ambivalenza. Le inquadrature studiate, le luci taglienti e il design degli interni contribuiscono a creare un’atmosfera da sogno disturbante.
Tuttavia, il film non è esente da difetti. Il ritmo narrativo conosce momenti di stallo, dove la complessità rischia di trasformarsi in confusione. Alcune sottotrame non riescono a trovare pieno sviluppo, e la struttura a incastri narrativi, quasi da matrioska, richiede allo spettatore una certa pazienza. Ma queste esitazioni non intaccano la forza concettuale del film.
Elizabeth Harvest è una favola gotica postmoderna, un’opera imperfetta ma affascinante che osa affrontare grandi temi attraverso una lente stilizzata e ambiziosa. È un film che parla d’amore e di morte, di desiderio e di controllo, di ciò che resta quando tutto il resto è stato creato artificialmente. Come la stanza proibita, il film invita a entrare, a guardare oltre le apparenze, a mettere in discussione le proprie certezze.
E quando alla fine del viaggio Elizabeth si guarda allo specchio, non è più un’ombra di qualcun altro. È se stessa. Finalmente.
Filmografia
Elizabeth Harvest
Thriller - Usa 2018 - durata 105’
Titolo originale: Elizabeth Harvest
Regia: Sebastian Gutierrez
Con Abbey Lee, Ciarán Hinds, Carla Gugino, Matthew Beard, Dylan Baker
in streaming: su Rai Play
Occhi senza volto
Horror - Francia/Italia 1960 - durata 85’
Titolo originale: Les yeux sans visage
Regia: Georges Franju
Con Pierre Brasseur, Alida Valli, Edith Scob, Juliette Mayniel, Beatrice Altariba, Claude Brasseur
in streaming: su Rai Play
La pelle che abito
Drammatico - Spagna 2011 - durata 117’
Titolo originale: La piel que habito
Regia: Pedro Almodóvar
Con Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Blanca Suárez, Eduard Fernández, Fernando Cayo
Al cinema: Uscita in Italia il 23/09/2011
in streaming: su Netflix Netflix Basic Ads Apple TV Amazon Video Rakuten TV Timvision Google Play Movies
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