In un panorama in cui il racconto della fede è spesso edulcorato, il film Father Stu in onda su Rai 2 il 4 aprile si distingue come un’opera aspra, a tratti ruvida, ma sincera. Diretto da Rosalind Ross e interpretato da Mark Wahlberg nel ruolo principale, il film narra la storia vera di Stuart Long, un uomo che ha attraversato l’inferno della sofferenza fisica e dell’instabilità personale per arrivare alla vocazione sacerdotale. E, se Hollywood ha raccontato questa parabola in forma romanzata, la realtà che la ispira è ancora più straordinaria.

Da pugile fallito a prete malato terminale
Stuart Long, il protagonista del film di Rai 2 Father Stu, non ha fortuna nella vita: ex pugile, vive una serie di fallimenti professionali e personali, in rotta con entrambi i genitori, un padre alcolizzato e distante (Mel Gibson) e una madre amorevole ma disillusa (Jacki Weaver). Dopo l’ennesima porta chiusa, si trasferisce a Los Angeles per tentare la carriera da attore. Il colpo di scena arriva quando incontra Carmen (Teresa Ruiz), fervente cattolica, che lo avvicina per la prima volta alla fede.
All’inizio è una farsa: Stu si finge credente solo per conquistarla. Ma un grave incidente in moto gli cambia la prospettiva. Dopo una serie di visioni spirituali, inizia un cammino di conversione che lo porterà, contro ogni pronostico, a voler diventare sacerdote. Proprio quando sembra aver trovato un senso alla sua vita, riceve la diagnosi di una malattia rara e incurabile: la miosite da corpi inclusi, una patologia degenerativa simile alla SLA.
Nonostante il peggioramento rapido della sua condizione fisica, Stu continua il cammino verso l’ordinazione, sostenuto solo dalla sua fede e da un’ostinazione quasi sovrumana. Muore a 50 anni, dopo aver vissuto sette anni come sacerdote in Montana.
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Fragilità e redenzione
Il cuore del film di Rai 2 Father Stu è proprio lui, Stu. Mark Wahlberg si immerge totalmente nel ruolo, mostrando l’evoluzione di un uomo che parte dall’arroganza e dalla superficialità per arrivare a una fede radicale e consapevole. Non è un santo da icona, ma un uomo pieno di difetti: impulsivo, sboccato, orgoglioso. Ed è proprio questo a renderlo credibile, umano.
Mel Gibson, nel ruolo del padre Bill, offre una performance sorprendentemente misurata e dolorosa. Jacki Weaver, nei panni della madre, è il collante emotivo della storia, mentre Teresa Ruiz interpreta Carmen con grazia e forza, anche se il film abbandona presto il suo punto di vista per concentrarsi interamente su Stu.
I personaggi secondari (come i seminaristi che affiancano Stu, il Monsignore interpretato da Malcolm McDowell, e i detenuti che incontrano il futuro prete) servono più da contrasto che da reali controparti narrative. Stu, con la sua lingua tagliente e la sua autenticità, riesce a entrare in contatto con chi è ai margini, perché lui stesso lo è stato.

Fede, sofferenza e vocazione
Il film di Rai 2 Father Stu parla soprattutto di vocazione e lo fa in modo poco convenzionale. La chiamata di Dio arriva nel momento più basso della vita del protagonista, ed è difficile, scomoda, totalmente incompatibile con la sua condizione fisica e la sua storia. Eppure, è proprio questa chiamata che dà senso alla sua esistenza.
Il film affronta anche il tema della sofferenza come strumento di trasformazione. Stu non viene guarito miracolosamente, anzi: peggiora sempre di più. Ma in questa discesa fisica trova la sua vera forza spirituale. Il messaggio cristiano che traspare non è quello dell’edulcorata felicità post-conversione, ma di una redenzione conquistata con fatica, nel dolore e nella rinuncia.
C’è anche una riflessione implicita sulla mascolinità, su come il protagonista passa da un’idea tossica di forza fisica e dominio, a una virilità nuova, fatta di vulnerabilità, cura, empatia.
Father Stu evita i toni moralistici e si sporca le mani. Mostra i lati scomodi della fede, non rifugge da bestemmie, bar, sesso, rabbia. È un film di conversione, ma non uno di propaganda: si rivolge anche a chi è in dubbio, a chi ha perso fiducia nella religione o nella vita. Wahlberg ha dichiarato di aver prodotto il film con soldi propri proprio per questo: offrire una storia che parli a chiunque, credente o no.
Il rischio però è che a volte la componente spirituale rimanga troppo sullo sfondo. Il film spende molto tempo sul “come” Stu arriva alla fede, e poco sul “perché” quella fede cambia tutto. Si vedono pochi momenti di vera pastorale, pochi sacramenti. La parte finale (quella del sacerdote che consola, guida e ascolta) è quasi affrettata, relegata a brevi scene.
La vera storia di Stuart Long
Se il film di Rai 2 Father Stu ha il merito di far conoscere una vicenda straordinaria, la vera storia di Stu Long è ancora più potente. Nato nel 1963, cresciuto in Montana, ha avuto un’infanzia segnata dalla morte del fratellino e da rapporti familiari complessi. Dopo il fallimento nella boxe e nella recitazione, un grave incidente in moto nel 1992 lo porta a una conversione radicale. Si battezza nel 1994, sente la vocazione al sacerdozio lo stesso giorno, e da lì non si ferma più.
Studia filosofia, entra nei Francescani del Bronx, ma li lascia per diventare sacerdote diocesano. Durante il seminario, gli diagnosticano la miosite. Nonostante il rifiuto iniziale del corpo docente, viene ordinato sacerdote nel 2007 dal Vescovo George Thomas, che dichiarerà: “Nonostante - anzi, proprio a causa - della sua sofferenza, doveva essere ordinato”.
Da sacerdote, serve comunità emarginate e persone con grandi difficoltà, diventando un punto di riferimento proprio per la sua autenticità e umanità. Negli ultimi anni, ormai completamente paralizzato, continua a confessare, celebrare Messa e accogliere pellegrini nella casa di cura dove vive. Muore nel 2014, a 50 anni. Molti oggi lo considerano un potenziale santo.
Non un film perfetto
Father Stu non è un film perfetto: la regia è scolastica, la narrazione a tratti discontinua, e alcune scelte drammatiche sacrificano la profondità in favore dell’effetto. Ma è un film utile. Perché racconta la possibilità di una seconda occasione. Perché mostra che la sofferenza, se vissuta con fede, può diventare testimonianza. Perché offre un protagonista diverso dal solito: un uomo pieno di difetti, che nonostante tutto o, forse, proprio grazie a tutto diventa un segno vivente di speranza.
In un mondo che rifiuta il dolore, Stu Long ci ricorda che anche il fallimento, anche la malattia, possono diventare terreno sacro. E, alla fine, questa è forse la forma più pura di miracolo, che si creda o no.
Filmografia
Father Stu
Drammatico - USA 2022 - durata 124’
Titolo originale: Father Stu
Regia: Rosalind Ross
Con Mark Wahlberg, Mel Gibson, Jacki Weaver, Annet Mahendru, Teresa Ruiz, Winter Ave Zoli
in streaming: su Apple TV Amazon Video Timvision Google Play Movies Rakuten TV
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