Un bambino rinchiuso in una gabbia, da suo padre, insieme ai cani: è questa immagine brutale, presa da un fatto di cronaca, che innesca la scintilla creativa di Dogman, film in onda su Rai 3 la sera del 28 ottobre che segna il ritorno di Luc Besson a un cinema viscerale e personale. Ma, dietro la crudeltà del gesto iniziale, non c’è un film sul dolore: c’è un film sulla sopravvivenza, sull’amore che resiste alla violenza, e sulla possibilità di reinventarsi quando la società ti ha già buttato via.
Dogman è la storia di Douglas, un uomo spezzato da bambino e poi ricucito, pezzo dopo pezzo, da un branco di cani randagi e da un bisogno disperato di connessione. È anche la storia di come si può diventare un outsider, un reietto, eppure mantenere la dignità. Il tutto in un contesto narrativo che mescola il noir, la fiaba, e la psicologia criminale, senza mai perdere il contatto con il dolore umano.

Douglas, l’uomo che abbaiava in silenzio
Douglas non è un protagonista, è un sopravvissuto. Torturato da piccolo da un padre sadico, privato della libertà, cresciuto nel buio di una gabbia, letterale e simbolica, trova rifugio e comprensione in una muta di cani. Da loro riceve affetto, obbedienza, rispetto. Qualcosa che la società degli uomini gli ha sempre negato.
Interpretato nel film di Rai 3 Dogman con potenza ipnotica da Caleb Landry Jones (attore che Besson ritrova in Dracula), Douglas è un personaggio sfaccettato, instabile, ma mai gratuitamente disturbante. Si traveste, si reinventa, agisce da borderline, ma tutto ciò che fa nasce da un’urgenza esistenziale. La sua apparente follia è un grido che domanda amore. Nella relazione con i suoi cani c’è qualcosa di più autentico che in molte relazioni umane rappresentate nel film.
Douglas non cerca vendetta: cerca redenzione. E, quando diventa Dogman, quando abbraccia pienamente la sua identità ibrida di uomo e animale, non lo fa per fuggire dalla realtà, ma per affrontarla a modo suo. È un giustiziere atipico, che agisce dove la giustizia ha fallito, ma lo fa senza ideologia, solo per istinto di protezione. Il trauma non lo ha disumanizzato: lo ha reso più umano di molti.
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Evelyn e gli altri
La figura di Evelyn, la psichiatra che lo interroga in carcere, è il secondo cuore narrativo del film di Rai 3 Dogman. Lei non è lì solo per fare domande: è lì per essere messa in crisi. Attraverso il confronto con Douglas, Evelyn, una donna apparentemente forte ma profondamente segnata, si ritrova. I loro dialoghi non sono interrogatori, sono specchi. Evelyn non “analizza” Douglas, lo ascolta davvero, e così facendo si riconosce in lui.
Attorno a loro si muove un coro di figure secondarie che funzionano da tessere di un puzzle: Mike, il padre abusante, simbolo di una mascolinità tossica e distruttiva; Richie, il fratello, anch’egli vittima ma meno capace di elaborare il dolore; Salma, un soffio vitale, teatrale, in contrasto con il mondo cupo da cui Douglas proviene.
Tutti i personaggi hanno una funzione precisa: non c’è spazio per comparse gratuite. Ogni volto è un riflesso, ogni ruolo è una parte del sistema che ha costruito (o distrutto) Douglas. Besson orchestra tutto con una regia tesa e controllata, lasciando però spazio agli attori per respirare.

Ferite aperte
Il cuore tematico del film di Rai 3 Dogman è chiaro: la sofferenza non si cura con la vendetta, ma con l’amore. Ma non è un amore idealizzato: è un amore istintivo, animalesco, incondizionato. Quello che Douglas riceve dai suoi cani è più concreto di qualsiasi parola. Non giudicano, non chiedono spiegazioni. Stanno con lui, semplicemente.
Il film interroga anche il fallimento delle strutture familiari e l’incapacità dello Stato di proteggere i più fragili. Douglas non diventa un mostro per scelta, ma per abbandono. Besson esplora la marginalità in tutte le sue forme: sociale, sessuale, psicologica. Douglas è un corpo “fuori norma” che sfugge alle etichette, e proprio per questo diventa una figura quasi mitologica. È l’incarnazione del rifiuto che si trasforma in potere.
Un altro tema centrale è la performance come forma di sopravvivenza: Douglas si traveste, recita, canta. L’identità per lui non è fissa, è un continuo travestimento. Come dice lui stesso, “mi travestivo perché non sapevo chi ero”. L’identità, quindi, è un campo di battaglia, ma anche un terreno fertile per ricostruirsi.
Il branco come famiglia, la violenza come linguaggio
L’elemento più originale del film di Rai 3 Dogman è la relazione tra Douglas e i cani. Non sono un espediente narrativo, né un’idea estetica: sono la sua famiglia. Il lavoro dietro le quinte per renderli veri, credibili, mai “addestrati” nel senso televisivo del termine, è impressionante. La direzione degli animali, curata da Mathilde de Cagny e Muriel Bec, è parte integrante del racconto.
I cani non sono accessori: sono personaggi. Hanno ruoli, azioni, risposte emotive. In più di una scena, riescono a trasmettere più empatia di molti attori. La loro presenza ridefinisce il concetto di “legame”: dove l’uomo ha fallito, l’animale riesce. Per Douglas, il branco è protezione, lealtà, ma anche specchio. Sono creature come lui: addestrate, rinchiuse, e poi liberate.
La violenza, invece, non è mai gratuita. È linguaggio. È l’unico codice che Douglas conosce per farsi ascoltare. Quando agisce, non lo fa per punire, ma per stabilire un confine. Ogni scena di aggressione è una forma di comunicazione disperata.
Il dolore visto da sotto il tavolo
Dogman è un film che non cerca l’applauso facile. Non vuole piacere a tutti. Non offre redenzioni complete né risposte comode. Ma ha un obiettivo chiaro: farci entrare in empatia con chi vive al margine. Farci capire che dietro ogni comportamento anomalo, c’è una storia. E che dietro ogni storia c’è un bisogno d’amore non soddisfatto.
Luc Besson firma uno dei suoi film più personali e crudi, lasciando parlare le immagini, i corpi, gli sguardi. E lo fa con un protagonista che non si dimentica facilmente, perché non interpreta un ruolo: incarna una ferita. E ci costringe a guardarla da vicino.
Chi lo vedrà, ricorderà soprattutto un uomo, seduto su una sedia a rotelle, circondato da cani, che guarda il mondo dal basso... e ci capisce più di chi cammina in piedi.
Filmografia
Dogman
Drammatico - Usa 2023 - durata 114’
Titolo originale: DogMan
Regia: Luc Besson
Con Caleb Landry Jones, Jojo T. Gibbs, Marisa Berenson, James Payton, Christopher Denham, Michael Garza
Al cinema: Uscita in Italia il 12/10/2023
in TV: 28/10/2025 - Rai 3 - Ore 21.20
in streaming: su Timvision Rakuten TV Amazon Video Apple TV Chili


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