In un presente urbano e fratturato, dove superstizione, miseria e sfiducia verso le istituzioni si mescolano come ingredienti instabili, il film Hood Witch - Roqya, opera prima di Saïd Belktibia su Rai 4 la sera del 19 ottobre, affonda la lama in una ferita reale: l’isolamento sociale e la violenza collettiva che esplodono nel vuoto lasciato dallo Stato. Non è un film sulla stregoneria, né sul soprannaturale in senso stretto. È il racconto di una donna che diventa bersaglio perché è libera, autonoma, non domata. E soprattutto, è madre.
Un thriller d’azione ad alta tensione che si muove come una corsa a perdifiato, ma che sotto il ritmo incalzante costruisce un ritratto spietato di una società che ha smarrito i suoi riferimenti, e cerca capri espiatori dove capita. Il volto di Golshifteh Farahani incarna questa tensione. Il suo corpo – sempre in movimento, sempre in fuga – è lo spazio fisico della battaglia tra l’individuo e la folla.

Sopravvivere in un mondo che vuole punirti
Nour traffica in animali esotici per conto di guaritori. È un’attività grigia, al limite della legalità, ma è il suo lavoro. Quando una consulenza finisce male, si ritrova accusata di stregoneria. Non per quello che ha fatto, ma per ciò che rappresenta. Quando suo figlio le viene strappato, Nour inizia una fuga disperata per salvarlo, braccata da un quartiere che la trasforma in nemico pubblico. Da lì in poi, il film di Rai 4 Hood Witch - Roqya diventa una corsa contro il tempo, contro i pregiudizi, contro un sistema che non c’è.
La rottura iniziale (l’incidente che scatena la follia collettiva) non è solo narrativa. È simbolica. Nour non è tanto accusata quanto designata, condannata prima ancora che possa difendersi. Il film si costruisce come una lunga spirale: l’assedio si stringe, la paranoia cresce, la realtà sfuma. Ma a differenza di un’opera horror, qui il mostro è la società stessa.
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Nour: L’indipendenza come eresia
Nour nel film di Rai 4 Hood Witch - Roqya non è un personaggio vittimista. È forte, imprenditrice, tagliente nei modi, e soprattutto autonoma. Proprio questa autonomia – in quanto donna, madre, immigrata, sola – la rende intollerabile. Non rientra in nessuno schema di “compatibilità sociale”. Non cerca l’approvazione, non si inginocchia davanti all’autorità, non spiega le sue scelte. È una figura che disarma chi vuole controllarla, e per questo viene marchiata come “altra”, sospetta, pericolosa.
La performance fisica di Farahani accentua il contrasto tra il corpo concreto e la figura mitizzata: per gli altri Nour diventa strega, ma lei resta corpo tangibile, sudato, colpito, scacciato. E in questo, è profondamente umana. Non si sa se crede davvero nei riti che traffica. Il film lascia aperta ogni ipotesi. Ma è proprio questo dubbio e il diritto di non spiegarsi a scatenare la violenza contro di lei.

Dylan: Il caos maschile dietro la rabbia
Jérémy Ferrari, al suo primo ruolo drammatico, interpreta nel film di Rai 4 Hood Witch - Roqya Dylan, il padre del figlio di Nour. È un uomo instabile, incapace di gestire né l’amore né la rabbia. Geloso, disorientato, manipolabile, incarna un tipo di mascolinità che scivola facilmente verso la brutalità. È figlio del proprio contesto, tanto quanto Nour lo è del suo.
Dylan non è solo antagonista. È anche la prova di quanto sia fragile l’equilibrio tra il voler fare il bene e il non sapere come farlo. È un uomo che vorrebbe avere un ruolo – da padre, da compagno – ma che finisce per sprofondare nella frustrazione. In lui convivono desiderio di protezione e pulsione distruttiva. In definitiva, è la versione maschile della solitudine che Nour affronta a suo modo.
Una società con il fiato corto
Il mondo del film di Rai 4 Hood Witch - Roqya non si regge su istituzioni. Non c’è polizia, non ci sono medici, non ci sono assistenti sociali. La comunità si autogestisce secondo leggi non scritte e punizioni sommarie. Internet e i social agiscono come moltiplicatori di odio e di panico. La reputazione di Nour si distrugge in tempo reale, tra messaggi vocali, video, accuse che non necessitano prove.
Belktibia costruisce il racconto come una denuncia implicita: quando lo Stato scompare, prende il sopravvento l’irrazionale. Chi non può permettersi un dentista, una terapia, una protezione giuridica, si affida a chi promette soluzioni rapide – anche se costano caro. È in questo contesto che la roqya, forma di esorcismo popolare, diventa un’industria parallela.

Religione, superstizione, capitalismo: un triangolo inquieto
Hood Witch - Roqya su Rai 4 non è un film “sul culto”. Ma è pienamente dentro il fenomeno. Belktibia non giudica, ma osserva. Mostra come religione e superstizione si mescolano con logiche di mercato, soprattutto nei quartieri popolari. Il sacro è anche business. I guaritori, i rituali, le diagnosi spirituali riempiono un vuoto sociale, ma allo stesso tempo diventano strumenti di potere e di controllo.
C’è un’ambiguità di fondo che il film non cerca di risolvere. Nour vende accesso a questi mondi, ma non è detto che ci creda. I clienti, invece, ci credono spesso disperatamente. Il film, in questo, non separa mai nettamente fede e truffa, spiritualità e disperazione. Tutto si gioca nell’assenza di alternative.
La folla, il linciaggio, la colpa senza prove
La sequenza chiave del film di Rai 4 Hood Witch - Roqya è un linciaggio. Pubblico, sotto gli occhi di tutti. Nessuno interviene. Nessuno dubita. Nour è colpevole perché lo si è deciso. L’eco con i social è evidente. La logica è la stessa: una voce, una supposizione, una paura collettiva che si trasforma in sentenza. La macchina dell’odio si mette in moto senza che nessuno provi a spegnerla.
Non c’è bisogno di prove quando c’è l’urgenza di un nemico. Hood Witch - Roqya mostra la dinamica della violenza collettiva con un realismo disturbante. Non è metafora. È cronaca. Episodi simili sono all’ordine del giorno, e il film lo sa bene. Lo spettatore viene costretto a chiedersi: in quale momento abbiamo deciso che bastava il sospetto per uccidere?
La realtà, più inquietante di qualsiasi demone
Hood Witch – Roqya è un film che non lascia tregua. Né alla protagonista, né allo spettatore. Corre veloce, ma si radica profondamente nei temi più attuali: la miseria delle periferie, la misoginia sistemica, l’assenza dello Stato, l’ambiguità della fede, il potere distruttivo della rete.
Non è cinema del terrore, ma è cinema che fa paura. Non perché mostra l’invisibile, ma perché costringe a vedere ciò che si finge di non vedere. Nour non è un simbolo, è una persona. Ed è per questo che spaventa così tanto.
Filmografia
Hood Witch - Roqya
Thriller - Iran/Francia 2024 - durata 96’
Titolo originale: Hood Witch
Regia: Saïd Belktibia
Con Golshifteh Farahani, Denis Lavant, Amine Zariouhi, Jérémy Ferrari, Issaka Sawadogo, Faréda Mouffok
in TV: 19/10/2025 - Rai 4 - Ore 21.20
in streaming: su Amazon Video
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