Con il film Patagonia, su Rai 5 la sera del 23 settembre, Simone Bozzelli si affaccia sul panorama cinematografico italiano con un’opera che sfida le convenzioni della narrazione affettiva e mette in discussione i limiti tra libertà e dipendenza. Presentato in anteprima al Locarno Film Festival nel 2023 e candidato ai Nastri d’Argento come miglior soggetto, Patagonia è un film che richiede allo spettatore di abbandonare le certezze morali per addentrarsi in un territorio emotivo fatto di slittamenti identitari, dinamiche tossiche e illusioni necessarie.
Bozzelli, già autore di cortometraggi che hanno attirato l’attenzione della critica per la loro sincerità narrativa e crudezza emotiva, costruisce qui un viaggio non tanto geografico quanto interiore, in cui l’aspirazione alla fuga diventa il pretesto per esplorare le contraddizioni più profonde dell’animo umano.
La Patagonia, lontana ed esotica, rimane nel titolo e nell’immaginario come una meta simbolica: un miraggio che dà forma al desiderio, ma che non si raggiunge mai davvero. Il lungometraggio, in realtà, si muove tra i paesaggi dell’Abruzzo, attraversando pianure aride, comunità marginali e rave notturni, ma è dentro ai corpi e nei gesti dei protagonisti che si svolge il vero racconto.

Due anime in cerca di un luogo che non esiste
Al centro del film di Rai 5 Patagonia ci sono Yuri (Andrea Fuorto) e Agostino (Augusto Mario Russi), due giovani che si incontrano per caso e che iniziano un viaggio che li condurrà molto lontano da ciò che erano. Yuri ha vent’anni e vive in un piccolo paese abruzzese, accudito da una zia che lo tratta ancora come un bambino. Il mondo per lui è una bolla ovattata, fatta di routine, innocenza e immaturità.
L’incontro con Agostino, animatore nomade dai modi seduttivi e sfuggenti, rappresenta uno squarcio nel suo orizzonte limitato: l’inizio di una possibilità, o almeno così sembra.
Agostino vive in un camper, gira da una festa all’altra, è carismatico, narcisista, imprevedibile. In lui Yuri vede il simbolo della libertà, dell’autonomia, della vita vissuta fuori da ogni regola. Ma questa promessa si rivela ben presto un’illusione.
Il viaggio che i due intraprendono, animando feste, attraversando paesi, condividendo spazi e sogni, si trasforma progressivamente in una relazione asfissiante, ambigua, costellata di micro-violenze, manipolazioni e dipendenza reciproca. Non è un amore nel senso tradizionale del termine, ma un bisogno. E questo bisogno è il motore che li tiene uniti, anche quando tutto sembrerebbe indicare il contrario.
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La promessa del Sud del mondo
Il sogno che guida i protagonisti del film di Rai 5 è quello di raggiungere la Patagonia: un luogo talmente lontano da apparire come il simbolo stesso della libertà, del cambiamento, della rinascita. Ma è proprio questa distanza a renderla irraggiungibile, e quindi ideale. Bozzelli chiarisce che quel nome, Patagonia, poteva essere qualsiasi altro. È la proiezione mentale di un’utopia, di un altrove in cui, forse, si potrà essere felici.
Nel film, tuttavia, questo viaggio resta sospeso. Nessun aereo, nessun oceano attraversato. La fuga resta interna, percorsa tra le strade sterrate dell’entroterra italiano e nei gesti di due corpi che si cercano e si respingono.
La Patagonia diventa così la rappresentazione di un’illusione necessaria. Il bisogno di avere una meta da raggiungere, anche se impossibile, per poter giustificare un’esistenza fuori dai confini sociali prestabiliti. È l’Isola-che-non-c’è di una nuova generazione di outsider, anime perse tra sogni e disillusioni.

Corpi parlanti (spoiler)
Il corpo, nel cinema di Bozzelli, è il vero campo di battaglia. Non è mai solo oggetto di desiderio o luogo erotico: è superficie emotiva, linguaggio sensoriale, strumento attraverso cui i personaggi comunicano, si feriscono, si definiscono.
Nel film di Rai 5 Patagonia, questo approccio si concretizza in dettagli apparentemente marginali (un piercing, una ferita, le unghie tagliate) che diventano simboli di cambiamento, appartenenza, trasformazione. La regia, che predilige i primissimi piani e la camera a mano, accentua questa centralità del corpo, spingendo lo spettatore dentro l’intimità, spesso scomoda, dei protagonisti.
La scena finale, in cui Yuri e Agostino si stringono nel relitto del camper in fiamme, non è un momento di riconciliazione. È la fotografia di una prigione scelta, di una gabbia che, per quanto tossica, appare meno spaventosa dell’ignoto. Un abbraccio che non cura, ma consola.
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Dipendenza e sopravvivenza: la violenza dell’affetto
Uno dei temi portanti del film di Rai 5 Patagonia è l’ambivalenza dei legami. Bozzelli mette in scena rapporti in cui l’affetto si confonde con il possesso, in cui la protezione sfuma nella costrizione, in cui la libertà diventa insostenibile senza una forma di controllo.
Il legame tra Yuri e Agostino si nutre proprio di questo scambio perverso, in cui uno domina e l’altro si lascia dominare, fino a interiorizzare la propria prigionia come unica possibilità di esistenza. Ma non c’è mai una netta distinzione tra vittime e carnefici. I ruoli si sovrappongono, si contaminano, e ciò che emerge è un quadro complesso e sfaccettato dell’affettività contemporanea.
La riflessione di Bozzelli si estende anche ai concetti di cura e accudimento: temi ricorrenti nei suoi cortometraggi, dove spesso le figure materne o parentali si rivelano ambigue, affettuose e oppressive allo stesso tempo. In Patagonia, questo si riflette nel personaggio della zia di Yuri, mai davvero risolto, e nel modo in cui Agostino esercita il suo potere attraverso gesti affettuosi, premi e punizioni. È una danza sottile tra amore e violenza, tra bisogno e sfruttamento, tra presenza e annientamento.

Un cinema sincero
Bozzelli lo dichiara apertamente: non cerca la realtà, ma la sincerità. Il suo cinema non è naturalistico, né si rifugia nel realismo sociale. È piuttosto una lente che ingrandisce, deforma, avvicina. I suoi personaggi sono archetipi emozionali, creature borderline che vivono in un mondo interiore spesso più vero del contesto che li circonda. Le location (paesaggi desolati, comunità nomadi, feste allucinate) servono solo da sfondo per far emergere una condizione esistenziale: quella di chi si sente fuori posto, e per questo si aggrappa all’altro come unico punto di riferimento.
La colonna sonora elettronica e sperimentale, curata da due giovani musicisti italiani, contribuisce a costruire questa atmosfera di tensione e instabilità. Le musiche non accompagnano le emozioni: le anticipano, le distorcono, le rendono più dense. Il film di Rai 5 Patagonia è un’esperienza sensoriale che coinvolge udito, vista, pelle.
Una fuga che brucia
Patagonia è un film che non cerca di piacere, ma di essere ascoltato. È un’opera prima che ha il coraggio di bruciare tutto dietro di sé, lasciando lo spettatore con più domande che risposte. Bozzelli firma un’opera che non chiude, non consola, non risolve. E proprio in questo sta la sua forza. Racconta una relazione che è più forte di quanto dovrebbe essere, più ambigua di quanto sembri, più vera di quanto ci piacerebbe ammettere.
La Patagonia, in fondo, non è un luogo. È un’idea. Un altrove necessario. Un sogno che spinge a partire, pur sapendo che non si arriverà mai. Eppure, anche questa consapevolezza è una forma di libertà. Forse, l’unica possibile.
Filmografia
Patagonia
Drammatico - Italia 2023 - durata 112’
Regia: Simone Bozzelli
Con Andrea Fuorto, Augusto Mario Russi, Elettra Dallimore Mallaby, Alexander Benigni
Al cinema: Uscita in Italia il 14/09/2023
in TV: 23/09/2025 - Rai 5 - Ore 21.15
in streaming: su Amazon Video Rakuten TV Apple TV Google Play Movies Timvision
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