In un’epoca in cui il cinema horror sembra arrancare tra formule stanche e remake scoloriti, il film L’esorcista del papa in onda su Rai 4 la sera del 28 ottobre ha un intento dichiarato: rinfrescare il genere dell’esorcismo con un protagonista carismatico e un’impostazione da action-thriller. Diretto da Julius Avery e liberamente ispirato agli scritti di Padre Gabriele Amorth, storico esorcista della diocesi di Roma, mescola sacro e profano, horror e buddy movie, pulp e teologia, affidandosi alla presenza scenica di Russell Crowe per tenere insieme gli ingredienti.


Il risultato? Un prodotto che sembra uscito da un incrocio tra Il Codice Da Vinci e un western crepuscolare, dove al posto delle pistole si impugnano crocifissi, e al posto del cavallo c’è un motorino rombante tra i vicoli di Roma. Ma, sotto la superficie pop e spettacolare, L’esorcista del papa tenta anche di toccare temi profondi: il peso del perdono, il ruolo della fede nella modernità, e soprattutto, i fantasmi – reali e simbolici – che la Chiesa cattolica cerca ancora di esorcizzare.

Russell Crowe
L'esorcista del papa (2023) Russell Crowe

Amorth: cowboy del Vaticano

Il cuore del film di Rai 4 L’esorcista del papa è senza dubbio Padre Gabriele Amorth, interpretato da un Russell Crowe in versione character actor. Amorth non è il classico prete cupo e penitente: è sarcastico, disilluso, ma ancora aggrappato alla fede come a un’arma viva. Sembra uscito da un film di John Ford, con la sua parlantina secca, la bottiglietta di whiskey nel taschino, e la capacità di leggere le anime e i demoni al volo.


Crowe costruisce un personaggio che alterna ironia e profondità, mettendo in mostra tanto le cicatrici spirituali quanto la spavalderia da veterano. La sua Amorth è una figura borderline: fedele ma ribelle, santo e peccatore, pronto a usare il teatro quanto la liturgia. È proprio questa ambiguità a renderlo interessante e, paradossalmente, credibile. Non è un santino. È un uomo che lotta contro il male – fuori e dentro di sé – con la sola forza delle sue convinzioni.


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Una giovane leva sotto pressione

Nel film di Rai 4 L’esorcista del papa, accanto ad Amorth, troviamo il giovane padre Esquibel (Daniel Zovatto), l’inevitabile “novizio” inesperto ma determinato. Il suo arco narrativo è quello del discepolo che, attraverso l’orrore, impara a trovare la propria voce e fede. Ma Esquibel porta con sé anche un’ombra: una colpa amorosa mai del tutto confessata, che il film presenta come inciampo spirituale ma anche come strumento per umanizzare il personaggio.


Il rapporto tra i due si sviluppa come nei classici film di coppia: iniziale diffidenza, attrito generazionale, poi rispetto reciproco. Più che discepolo, Esquibel diventa lo specchio delle contraddizioni di Amorth. Ed è nel loro confronto che il film cerca (non sempre riuscendoci) una dimensione più profonda oltre l’intrattenimento.

Russell Crowe
L'esorcista del papa (2023) Russell Crowe

La casa degli orrori

A fare da sfondo alla possessione, troviamo Julia (Alex Essoe) e i suoi figli: la ribelle Amy e il piccolo Henry, che diventa il corpo martoriato del male. Julia, vedova americana in trasferta spagnola, eredita un’abbazia in rovina – un cliché narrativo, certo – ma anche una metafora della sua condizione emotiva: un’eredità che pesa, un dolore che non passa, una struttura da rimettere insieme.


Amy e Henry incarnano due risposte opposte al trauma: ribellione e silenzio. Henry, in particolare, si trasforma fisicamente e simbolicamente nel campo di battaglia tra bene e male, in una possessione che ricalca i classici del genere (volgarità, ferite aperte, levitazioni) ma con un’aria più coreografica che disturbante. Il film di Rai 4 L’esorcista del papa non riesce davvero a inquietare, ma sfrutta bene i simboli per restituire almeno l’idea del terrore.

Il demonio nel confessionale

Uno degli elementi più ambiziosi del film di Rai 4 L’esorcista del papa è l’uso del sacramento della confessione non solo come rituale liturgico, ma come strumento narrativo. Le confessioni di Amorth ed Esquibel non servono solo a espiare, ma a rivelare (al pubblico e ai personaggi stessi) che l’orrore più difficile da affrontare non è quello del demonio urlante, ma quello dell’errore umano. La colpa è un nemico più subdolo dell’anticristo, perché parla con la nostra voce.


La confessione diventa così il vero campo di battaglia spirituale. È lì che il film, pur con tutti i suoi limiti, tenta qualcosa di più audace: usare l’horror per esplorare la fragilità della fede, l’orgoglio sacerdotale, e la responsabilità morale di chi rappresenta Dio in terra. E se l’esorcismo di Henry è spettacolare, quello di Amorth – tormentato dalla morte di una giovane ragazza che ha sottovalutato – è il vero nodo emotivo.

Russell Crowe, Daniel Zovatto
L'esorcista del papa (2023) Russell Crowe, Daniel Zovatto

Revisionismo sotto il crocifisso

Uno dei passaggi più controversi del film di Rai 4 L’esorcista del papa riguarda il modo in cui affronta (o evita) le colpe storiche della Chiesa. L’Inquisizione spagnola? Opera di un demone antico. Gli abusi sessuali nel clero? Conseguenze di una possessione sistemica. È un’operazione che rischia di trasformare il perdono in propaganda, e la responsabilità in fiction.


Così facendo, L’esorcista del papa si muove su un crinale scivoloso: da un lato cerca di umanizzare la Chiesa, mostrando preti che sbagliano e soffrono; dall’altro rischia di riscrivere la storia a favore di una narrazione autoassolutoria. Il film sembra dire: “non è colpa nostra, è colpa del demonio”. Un modo per lavare via il peccato originale della Chiesa con una benedizione hollywoodiana.

Il rito e il cliché

Sul piano visivo e registico, il film di Rai 4 L’esorcista del papa gioca con ambientazioni gotiche, una tavolozza desaturata e un uso minimo del digitale, preferendo effetti pratici per restituire un senso di realtà. L’abbazia, costruita in Irlanda, diventa un personaggio a sé: fredda, decadente, ostile. Tuttavia, a livello di trama, i binari sono noti: bambino posseduto, prete anticonformista, segreti sepolti, duello finale.


C’è un tentativo di aggiornare il genere – con accenni a una “Avengers Initiative” degli esorcisti e un retrogusto da Indiana Jones teologico – ma il film raramente sorprende. È consapevole dei suoi cliché, li cavalca con un certo compiacimento, ma non riesce mai davvero a scardinarli.

Un franchise mancato, un personaggio riuscito

L’esorcista del papa non è un grande film. Ma ha un grande personaggio. Padre Gabriele Amorth, nella versione di Russell Crowe, è abbastanza vivido, ironico e ambiguo da meritare un seguito. Peccato che il film stesso sembri aver paura di osare davvero. Si ferma a metà strada: tra l’horror e l’action, tra la critica e la glorificazione, tra la satira e il sermone.


C’è una promessa, nel primo atto, di qualcosa di originale: un prete che combatte il male con l’umorismo, l’intuito e la consapevolezza dei propri limiti. Ma quella promessa resta in parte disattesa, sacrificata in favore di un racconto convenzionale che cerca di piacere a tutti senza disturbare nessuno.


Eppure, qualcosa resta. La voglia di vedere ancora quel motorino sfrecciare tra le rovine della fede. E magari, la prossima volta, con una storia che abbia davvero il coraggio di guardare il diavolo – e la Chiesa – dritto negli occhi.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina L'esorcista del papa

L'esorcista del papa

Horror - Usa 2023 - durata 104’

Titolo originale: The Pope's Exorcist

Regia: Julius Avery

Con Russell Crowe, Franco Nero, Alex Essoe, Daniel Zovatto, Paloma Bloyd, Cornell John

Al cinema: Uscita in Italia il 13/04/2023

in TV: 28/10/2025 - Rai 4 - Ore 21.20

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