Quando si guarda alla vita di una persona famosa da lontano, quando se ne traccia la biografia, il rischio di restare impigliati nelle semplificazioni dell’immagine pubblica può essere enorme, soprattutto se quell’immagine è legata a un solo periodo della sua vita. 
Parlando di Louise Brooks il rischio è altissimo, anche perché l’immagine che lei diede di sé in gioventù - e quella che gli altri cavalcarono - fu dirompente e divenne facile da stereotipare. Non a caso ben due personaggi dei fumetti si ispirarono a lei. Il primo - minuscolo - fu quello di Dixie Dougan: una showgirl ispirata all’attrice che ebbe successo dal 1919 sino al 1966. Il secondo - ben più caratterizzato e a noi noto - fu quello di Valentina, ideata da Guido Crepax. 

Ma Louise Brooks non fu solo la showgirl dei film degli esordi hollywoodiani - la ballerina molto svestita delle Ziegfield Follies cooptata come altre da Hollywood e promossa in film minori del periodo del cinema muto. Né fu solo la ragazza spregiudicata coi capelli a caschetto - il celebre bob cut che lei molto contribuì a lanciare come moda tra le flappers - dalle movenze androgine e dall’erotismo sottile.

Lo testimoniano le sue scelte, spesso arrischiate, a volte anche autolesioniste. Quando per esempio, nel 1928, iniziò a girare La canarina assassinata, decise di rompere con la Paramount (ai tempi gli attori venivano messi sotto contratto degli studios per lunghi periodi, non per un solo film) e accettò una proposta interessante seppure arrischiata. Scelse infatti di venire in Europa a girare per la regia di Pabst Lulù (1928), che le aveva proposto il ruolo preferendola addirittura a Marlene Dietrich. Il film - un adattamento di due tragedie di Frank Wedekind -  restituiva “un’incarnazione tragica e moderna del mito della femme fatale”.

Per Louise Brooks passare dai filmetti hollywoodiani alla direzione di un regista autore e colto come Pabst fu un’esperienza formativa. Non solo perché aveva avuto finalmente un ruolo da protagonista, ma perché per la prima volta si sentiva considerata nelle sue aspirazioni: “arrivata a Berlino scesi sulla banchina e diventai un’attrice... Era come se Pabst fosse entrato a pie’ pari nella mia vita e nella mia carriera e sapesse esattamente come darmi sicurezza e protezione”. Subito dopo venne un secondo film con Pabst Il diario di una donna perduta (1929). I film europei però non convinsero affatto gli spettatori. La recitazione minimalista e naturalista richiesta dal regista era letteralmente spiazzante per gli spettatori abituati alle pantomime stilizzate richieste agli attori del cinema muto. Si disse che la Brooks non sapeva recitare - anzi che quelle non era nemmeno recitazione - anche se in realtà lo stile dell’attrice era consapevole e deliberato. Tanta modernità era dura da metabolizzare.

Infatti i due film “tedeschi” di Louise Brooks vennero rivalutati solo molto più tardi, negli anni ‘50, quando la critica riscoprì e cambiò completamente di segno il giudizio sulle opere di Pabst e sulla presenza in scena di Louise Brooks.
Troppo tardi. Louise Brooks, tornata negli USA, fece un’altra  serie di scelte che finirono per marginalizzarla: rifiutò di doppiare la versione sonora de La canarina assassinata e alla Paramount presero molto male questo secondo no. Praticamente blacklistata ,partecipò solo a qualche opera minore, poi nel 1938 smise definitivamente di lavorare nel cinema. Aveva solo 32 anni, problemi di alcolismo e una situazione economica traballante. Il pubblicò la dimenticò presto. Iniziò a far lavoretti da poco, cadde nella disoccupazione, venne aiutata da alcuni amici e cadde di nuovo: finì prima a far la commessa a New York e poi la escort per una clientela selezionata.
Quando a partire dal 1955 la sua riscoperta venne celebrata da critici e festival, la sua vita aveva preso ormai una svolta piuttosto drammatica anche a causa dell’alcol. Tuttavia la donna non aveva perso la lucidità: lo dimostrano le molte interviste allora rilasciate e i suoi scritti, segnatamente la raccolta Lulu a Hollywood, dove emerge lo spessore della persona e la sua grande capacità di analisi e di critica cinematografica. 

Morì nel 1986, di infarto.  

 

Tutti i film di Louise Brooks

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Filmografia

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Commedia - Australia, Regno Unito, USA 2019 - durata 103’

Titolo originale: The Chaperone

Regia: Michael Engler

Con Haley Lu Richardson, Elizabeth McGovern, Victoria Hill, Miranda Otto, Blythe Danner, Campbell Scott

Ispirato ai primi anni della carriera di Louise Brooks
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Documentario - Italia 2019 - durata 76’

Regia: Giancarlo Soldi

Al cinema: Uscita in Italia il 12/02/2020

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Commedia - USA 1987 - durata 115’

Titolo originale: Something Wild

Regia: Jonathan Demme

Con Melanie Griffith, Jeff Daniels, Ray Liotta, Margaret Colin, Tracey Walter

Melanie Griffith come una moderna Lulù.
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Musicale - USA 1972 - durata 123’

Titolo originale: Cabaret

Regia: Bob Fosse

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