A 21 anni María de los Dolores Asúnsolo y López Negrete de Martínez del Río (questo il suo vero e pomposo nome per intero) aveva già vissuto e visto molto. Aveva visto la sua famiglia - ricchissima e da parte di madre di nobile lignaggio spagnolo - andare sul lastrico a causa della rivoluzione messicana. Si era sposata, a soli 15 anni con Jaime Martinez, scrittore milionario. Aveva ballato a 17 anni per il Re di Spagna, durante il suo primo viaggio in Europa. Aveva nuovamente conosciuto un rovescio economico a causa delle crisi del cotone, alla cui produzione Jaime si era dedicato, dovendo vendere persino i gioielli per riscattare parte delle fortune perdute. E aveva già perso un figlio in un aborto spontaneo che l’avrebbe condannata a non aver più figli.

Fu con questa pazzesca storia alle spalle che la giovane 21enne fu invitata nel 1925 dal regista Edwin Carewe, affascinato dalla sua prorompente bellezza, a recarsi a Hollywood. “Sarà il corrispondente femminile di Rodolfo Valentino” disse  Carewe al marito di Dolores. Jaime, convinto anche dallo suo personale stato di indigenza, si lasciò sedurre dall’idea. Dolores avrebbe debuttato in Joanna (1925), seguito subito da altre pellicole minori e poi, già dal 1926, dai primi veri successi. Lasciato il marito nel 1928, avrebbe cominciato ad avere un serie di relazioni impressionanti, più che per il numero, per la fama dei suoi amanti. Da Orson Welles a Errol Flynn, dal regista Jon Farrow allo scrittore Erich Marie Remarque, dal produttore Archibaldo Burns all’attore Tito Junco. E quando negli anni ‘40 la sua carriera a Hollywood sembrò avere uno stallo, tornò in Messico divenendo una figura centrale di quella che fu definita come l’epoca d’oro del cinema messicano. La sua eleganza innata e il suo essere profondamente legata all’eredità culturale del Messico le diedero un posto speciale tra le grandi dive. Come ebbe a dire lo scrittore messicano Carlos Fuentes: “la Garbo e la Dietrich erano donne trasformate in dee. Dolores era una dea fatta donna”.

 

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