Nel suo primo film da regista, Wash Me in the River, in onda su Rai 4 il 26 luglio, Randall Emmett firma un racconto teso e brutale che si muove tra il revenge movie, la denuncia sociale e la tragedia romantica. Niente fronzoli né eroi impeccabili: la vicenda di Shelby John è un’esplorazione diretta e dolorosa della dipendenza, della perdita e di ciò che resta quando l’amore non basta a salvarci.

Una comunità contaminata
Il film di Rai 4 Wash Me in the River è ambientato in una cittadina americana profondamente segnata dalla crisi degli oppioidi. Un’epidemia silenziosa che, come ricorda lo sceriffo Mike Church (Robert De Niro), ha strappato alla vita centinaia di giovani, compreso suo figlio. In questo paesaggio desolato si muovono Shelby John (Jack Huston) e Ruby Red (Willa Fitzgerald), due tossicodipendenti che provano a ripulirsi per costruire insieme una nuova vita. La proposta di matrimonio di Shelby (con un anello di plastica, ma con l’intenzione di comprarne uno vero) è il primo passo verso un futuro che sembrava possibile.
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Il percorso di vendetta
La speranza, però, nel film di Rai 4 Wash Me in the River dura poco. Ruby, dopo settimane di astinenza e piccoli progressi, viene raggiunta dal passato: Elvis, spacciatore locale e cugino di Shelby, le mente sul conto del fidanzato, insinua dubbi, riapre ferite. Ruby cede, si buca un’ultima volta e muore. È un momento chiave: la tragedia personale diventa detonatore di una vendetta pianificata con lucidità e ferocia.
Shelby inizia a risalire la catena dello spaccio partendo da Elvis, poi Darius, fino ad arrivare a Coyote, il violento capobanda che gestisce le operazioni sul territorio. Ogni tappa è un’esecuzione mirata, spesso brutale, sempre motivata dal desiderio di “giustizia” personale. Lo sceriffo Mike, combattuto tra il dovere e la comprensione umana, prova a fermarlo, riconoscendo in Shelby lo stesso dolore che aveva visto nel proprio figlio.
Shelby è un ex tossico, sì, ma non è mai rappresentato come un vigilante redento. È un uomo spezzato, in fuga dal lutto, dalla colpa e da se stesso. La sua vendetta non è glorificata: è una corsa cieca in cui la redenzione spirituale convive con il sangue.

Il finale spiegato
Il film di Rai 4 Wash Me in the River cambia marcia quando viene rivelato chi si cela davvero dietro il traffico: Peter, il cognato di Ruby, apparentemente un uomo rispettabile, membro della chiesa, mentore. Il suo coinvolgimento conferma che il male, spesso, non ha il volto del criminale di strada, ma quello insospettabile della rispettabilità. Peter giustifica le sue azioni con un delirio religioso: Ruby, dice, è stata un sacrificio necessario, come Isacco nella Bibbia. È il punto più disturbante del film, dove l’ipocrisia e l’autoassoluzione si fondono con il business della morte.
Shelby uccide Peter con la stessa siringa che aveva trovato accanto a Ruby. Non c’è pietà, solo un’equazione chiusa: hai tolto una vita, perdi la tua.
L’ultimo atto è simbolico e tragico. Shelby, ferito, si fa battezzare in un fiume. Ha mantenuto la promessa fatta a Ruby: ripulirsi, cambiare, onorarla. Ma la redenzione spirituale non cancella la scia di violenza. Lo sceriffo Mike lo attende a riva, forse per arrestarlo, forse per salvarlo. Ma è troppo tardi: Shelby soccombe alle ferite, lasciandosi portare via dall’acqua, come a voler lavare via tutto il sangue, la colpa e il dolore. È un finale che non assolve né condanna: registra la fine di un uomo che ha cercato pace in un mondo che non perdona.
Un film sul riscatto
Il film di Rai 4 Wash Me in the River intreccia almeno tre temi forti. La dipendenza non è uno sfondo, ma il motore della narrazione. Non si indaga tanto il perché del consumo, ma le sue conseguenze devastanti su individui e comunità. L’amore tragico: quello tra Shelby e Ruby è puro, sincero, ma non è sufficiente. L’amore, da solo, non vince la dipendenza. La vendetta come illusione di giustizia: Shelby non cerca solo vendetta, cerca un senso, una risposta al dolore. Ma anche dopo aver eliminato tutti, resta solo vuoto.
Wash Me in the River non è un film sul riscatto. È un film su una realtà in cui il riscatto è sempre troppo lontano, dove anche i più determinati vengono trascinati a fondo. È un racconto che non cerca di consolare lo spettatore. Non lo assolve, non lo protegge. Lo mette davanti al disastro (sociale, morale e personale) e lo costringe a guardarlo in faccia.
Se il cinema deve riflettere il mondo, Wash Me in the River lo fa mostrando un volto spesso ignorato: quello di chi combatte ogni giorno contro i demoni della dipendenza, spesso da solo, in silenzio, inascoltato.
Filmografia
Wash Me in the River
Thriller - Usa 2022 - durata 101’
Titolo originale: Savage Salvation
Regia: Randall Emmett
Con Robert De Niro, Willa Fitzgerald, Jack Huston, John Malkovich, Dale Dickey, Meadow Williams
in streaming: su Timvision Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rakuten TV Paramount+ Amazon Channel Paramount+
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