L’amante russo di Danielle Arbid, tratto dal romanzo autobiografico Passione semplice di Annie Ernaux, è il film in onda su Cielo la sera del 25 luglio. Un film scomodo che pone domande senza cercare risposte nette.
Cosa accade quando una donna adulta, indipendente, madre, insegnante, accademica, si lascia consumare da un desiderio tanto potente quanto opaco, irrazionale, ingovernabile? Cosa significa, oggi, raccontare la storia di una dipendenza amorosa scelta, cercata, addirittura desiderata fino alla rinuncia di sé?

Un amore senza nome
La protagonista del film Cielo L’amante russo, Hélène, interpretata da Laetitia Dosch, è una donna colta, lucida, apparentemente realizzata. Insegna letteratura alla Sorbona, cresce da sola il figlio, vive un’esistenza equilibrata. Ma quando conosce A., un diplomatico russo impersonato dal danzatore Sergeï Polunin, la sua vita deraglia. Non si tratta di un corteggiamento romantico, né di un amore travolgente in senso classico. È qualcosa di più disturbante: un’attrazione assoluta e unilaterale, un impulso che la porta a ridurre la sua esistenza all’attesa spasmodica di un uomo che non dà, non promette, non parla quasi mai. La loro relazione è fatta di sesso, silenzi e sparizioni.
Eppure, Hélène non è passiva. La sua è una scelta. Ogni volta che si spoglia, ogni volta che tace, ogni volta che non chiede, lo fa volontariamente. Non per debolezza, ma per desiderio. E proprio in questo risiede la complessità del film: non c’è manipolazione, non c’è violenza evidente. Solo l’irruzione dell’altro nei vuoti di una donna che smette di volere altro.
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La dipendenza volontaria
Il film Cielo L’amante russo non racconta una storia d’amore, ma una dinamica di dipendenza consenziente. Il sesso non è preambolo né ricompensa: è il linguaggio stesso della relazione. Hélène cerca il corpo dell’altro come una droga, e il film la accompagna senza giudicarla. Non c’è redenzione, non c’è catarsi, non c’è evoluzione. C’è solo il passaggio da una prima fase di euforia (ogni incontro è dopamina pura, come dice Arbid) a una lenta, dolorosa presa di coscienza: lui non c’è, e non ci sarà.
La regista si rifiuta di offrire una morale. E in questo rifiuto risiede il suo atto più politico. Arbid viene da una società, quella libanese, in cui il corpo femminile è oggetto di controllo e repressione. Cresciuta in un contesto contraddittorio, afferma di non pensare troppo al femminismo, ma di sentirsi istintivamente una donna libera. Ed è da questa libertà che nasce la volontà di rappresentare Hélène non come vittima, ma come soggetto attivo di un desiderio che annienta.

Un’alchimia senza equilibrio
La coppia protagonista del film Cielo L’amante russo è costruita per non essere alla pari. A. è un fantasma, un totem del desiderio. Polunin (che proviene dalla danza classica e ha un corpo pensato per essere osservato) incarna perfettamente il suo ruolo. Non recita, esiste. Non parla, appare. È bello, distante, sfuggente. È l’uomo oggettivato, il corpo su cui Hélène proietta tutto.
Laetitia Dosch, invece, è un corpo in tensione. La sua interpretazione è tutta interna, fatta di sguardi, di posture, di vuoti. Riesce a tenere insieme il carisma di una donna brillante e la disperazione di chi si svuota per amore. La sua Hélène non cerca spiegazioni. Non si difende. Non si vendica. Attende. E l’attesa, vera protagonista del film, diventa gesto radicale.
La coreografia del desiderio
Danielle Arbid ha dichiarato di aver voluto girare un film sessuale. Non erotico, non pornografico, ma sessuale nel senso più diretto: filmare i corpi per quello che sono, espressioni vive del desiderio. Le scene di sesso del film Cielo L’amante russo sono scritte con precisione, preparate con cura, e girate nel rispetto totale degli attori. Il corpo, nel film, non è mai violato né glorificato. È semplicemente messo al centro. Come un terreno su cui si gioca tutta la relazione.
Ecco perché ogni incontro tra Hélène e A. diventa coreografia, gesto ripetuto che si trasforma nel tempo. All’inizio c’è urgenza, poi malinconia, poi frustrazione. La passione si consuma fino a diventare pura attesa.

Il rifiuto di una narrazione comoda
In un’epoca post-#MeToo, il film Cielo L’amante russo non fa concessioni. Non vuole educare, non cerca di rassicurare. Mostra una donna che ama senza misura, che si annulla senza costrizione, che desidera senza ritorno. E lo fa senza dare lezioni. Annie Ernaux stessa, che ha visto il film e lo ha riconosciuto come fedele allo spirito del suo libro, rivendica tale libertà. Anche da femminista dichiarata, Ernaux ha sempre rifiutato la morale come chiave di lettura della passione.
Come afferma Dosch, è proprio questo a rendere il film provocatorio: proporre una figura femminile che non è “giusta”, che non è un esempio, ma è vera. La paura più grande, dice l’attrice, non è quella di suscitare polemiche, ma di vedere sugli schermi solo donne impeccabili, modelli etici di un nuovo conformismo. Hélène, invece, è incoerente, fragile, desiderante. E quindi umana.
Oltre il film
Arbid, regista libanese con una carriera costruita tra documentario e fiction, affronta il film Cielo L’amante russo come un progetto personale. Il suo cinema è da sempre interessato ai corpi, alla guerra, al desiderio, alla marginalità. Con Passione semplice entra nel cuore della letteratura francese contemporanea, portando sullo schermo un testo difficile da adattare perché privo di intreccio, ma ricco di tensione emotiva.
Il suo merito è quello di non tradire la natura introspettiva e ossessiva del libro. Ne fa un film asciutto, privo di enfasi, ma potentemente sensuale. Un’opera che non si lascia spiegare, che resiste alla sintesi, che vive nello spazio vuoto tra un incontro e l’altro, tra l’attesa e l’abbandono.
L’amante russo è un film sul desiderio come forza distruttiva e vitale. È un ritratto lucido di una dipendenza affettiva vissuta senza giustificazioni. È una storia che non si piega a nessun modello, né femminista né maschilista. È il racconto di una donna che sceglie di perdersi, e che nella perdita cerca un senso.
Non piacerà a tutti. Non è pensato per piacere. Ma è impossibile restarne indifferenti.
Filmografia
L'amante russo
Drammatico - Francia 2020 - durata 100’
Titolo originale: Passion Simple
Regia: Danielle Arbid
Con Laetitia Dosch, Sergei Polunin, Lou-Teymour Thion, Caroline Ducey, Grégoire Colin, Slimane Dazi
Al cinema: Uscita in Italia il 17/06/2021
in streaming: su Apple TV Google Play Movies
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