In un angolo dimenticato della Sicilia degli anni Ottanta, dove il sole acceca e l’aria è satura di polvere e pettegolezzo, il film Stranizza d’amuri, in prima tv su Rai 3 la sera del 5 luglio, prende forma come una lettera d’amore e di rabbia. È il debutto alla regia di Giuseppe Fiorello, già attore affermato, ma qui per la prima volta dietro la macchina da presa, con un’intenzione chiara: non raccontare solo un amore, ma rendere giustizia a una storia che l’Italia ha cercato per anni di dimenticare.

Amore alla luce del sole
Il film di Rai 3 Stranizza d’amuri è ambientato nel 1982, in una Sicilia sospesa tra la festa per il trionfo dell’Italia ai Mondiali e la vergogna che aleggia attorno a chi non si adegua ai diktat della virilità. Gianni (Samuele Segreto), ragazzo introverso e preso di mira dai coetanei per la sua effeminatezza, vive con una madre rassegnata (Simona Malato) e un patrigno violento. Dall’altra parte c’è Nino (Gabriele Pizzurro), con i ricci da cherubino e una famiglia che inizialmente sembra accogliente. Il loro incontro, favorito da un incidente in motorino, è l’inizio di una trasformazione.
La loro amicizia cresce in una dimensione tenera e sincera, fatta di risate, lavoro nella bottega dei fuochi d’artificio del padre di Nino, e silenzi che dicono molto più delle parole. Quando quel legame supera la soglia dell’amicizia, diventando amore vero, non sono loro a nascondersi: è il paese che comincia a braccarli. La “stranezza d’amore”, il titolo omaggia una canzone di Battiato, è l’accusa non detta, lo stigma che diventa condanna sociale.
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Fragilità e resistenza
I due protagonisti sono il cuore pulsante del film di Rai 3 Stranizza d’amuri. Segreto, ballerino monrealese alla sua prima grande prova d’attore, interpreta Gianni con un’intensità malinconica e silenziosa, mentre Pizzurro dà a Nino una luce che progressivamente si offusca sotto il peso del rifiuto familiare. I loro sguardi, più delle parole, raccontano la nascita di un amore fatto di piccoli gesti e desiderio di normalità.
Ma attorno a loro si muove un coro di personaggi altrettanto centrali: la madre di Gianni, vittima e complice di un sistema oppressivo; il padre di Nino, che vuole “redimere” il figlio; e il contesto stesso, incarnato da vicini, amici e passanti che osservano, giudicano, condannano.
Totò, il piccolo nipote di Nino, è una figura chiave: innocente, curioso, tragicamente coinvolto. È lui che, nel caso reale da cui il film prende spunto, confesserà (forse sotto pressione) di aver premuto il grilletto. Ma quella verità resta ambigua, e nel film, Fiorello sceglie di non calcare la mano sulla cronaca nera, ma sulla potenza emotiva del non detto.

L’amore come atto politico
Il film di Rai 3 Stranizza d’amuri non è un semplice racconto di formazione o una storia LGBTQIA+. È un’indagine sulle radici dell’omofobia, sulle sue dinamiche sociali e familiari, e sul tradimento più devastante: quello che arriva da chi dovrebbe proteggerti. Il film mostra come l’odio spesso non venga da fuori, ma da dentro le mura domestiche, da madri che girano lo sguardo, padri che preferiscono la “morte sociale” del figlio piuttosto che affrontare il giudizio della piazza.
Fiorello costruisce un’opera visivamente poetica (merito della fotografia di Ramiro Civita), ma non edulcora la realtà. L’amore tra Gianni e Nino è puro, sì, ma non fiabesco. È coraggioso, ostinato, e proprio per questo tragico.
La storia vera: il delitto di Giarre
Il film di Rai 3 Stranizza d’amuri trae ispirazione da un fatto di cronaca realmente accaduto a Giarre, in provincia di Catania, nell’ottobre del 1980. Due ragazzi, Giorgio Agatino Giammona (25 anni) e Antonio Galatola (15 anni), furono trovati morti, mano nella mano, colpiti da colpi d’arma da fuoco. Il loro legame sentimentale era noto e sgradito a molti. La comunità preferì tacere. L’indagine, se mai ci fu, fu sommaria.
Un parente minorenne confessò il crimine, ma poi ritrattò. Nessun colpevole venne mai condannato.
Eppure, da quella tragedia nacque una scintilla: a Palermo, sulla scia dell’indignazione, fu fondato il primo circolo Arcigay d’Italia. Il loro sacrificio divenne il seme di un movimento. E oggi, a Giarre, una targa in biblioteca ne ricorda i nomi, dopo decenni di silenzio istituzionale.
Una scelta narrativa controcorrente
Fiorello non porta il pubblico direttamente all’epilogo tragico, che arriva improvviso come un pugno in volto. Decide invece di lasciarci con un’immagine di speranza: Gianni e Nino insieme, abbracciati, liberi almeno per un istante. È un finale sospeso, simbolico, volutamente ambiguo. Non nega il passato, ma rivendica il diritto alla felicità, anche solo immaginata. Non è un modo per edulcorare la realtà, ma per riscriverla, almeno sullo schermo, con la dignità negata nella vita vera.
Stranizza d’amuri è una finestra su un’Italia che esiste ancora, in troppi angoli del Paese e in troppe case dall’aspetto ordinario. È un’opera che guarda al passato per parlare al presente. E, soprattutto, è un inno all’amore che non chiede il permesso di esistere.
Fiorello, con delicatezza e rabbia, ha scelto di ricordare chi non ha avuto voce. E nel farlo, ci ha ricordato che raccontare è un atto politico. Ma amare lo è ancora di più.
Filmografia
Stranizza d'amuri
Drammatico - Italia 2023 - durata 130’
Regia: Giuseppe Fiorello
Con Samuele Segreto, Gabriele Pizzurro, Simona Malato, Fabrizia Sacchi, Antonio De Matteo
Al cinema: Uscita in Italia il 23/03/2023
in streaming: su Apple TV Google Play Movies Rakuten TV Amazon Video Rai Play
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