Black Box – La scatola nera, in onda su Rai 4 il 7 giugno, è un film che sorprende. Non ci sono inseguimenti, esplosioni o effetti speciali. C’è il suono. C’è l’ascolto. E c’è un protagonista che, armato solo di cuffie e ostinazione, cerca la verità in mezzo al rumore. Yann Gozlan, regista e co-sceneggiatore, costruisce un’opera dove la tensione è fatta di silenzi e sospetti, non di sparatorie. Il risultato è uno dei più raffinati e originali thriller francesi degli ultimi anni.

Pierre Niney
Black Box - La scatola nera (2021) Pierre Niney

Mathieu Vasseur: un eroe con le orecchie, non con le armi

Mathieu Vasseur, interpretato nel film di Rai 4 Black Box – La scatola nera da Pierre Niney in stato di grazia, è un analista del BEA, l’ente francese che indaga sugli incidenti aerei. Ex aspirante pilota, escluso per un problema alla vista, ha affinato un altro senso: l’udito. Quando un moderno aereo si schianta e provoca oltre trecento morti, il caso viene subito etichettato come attentato. Ma Mathieu sente altro. Un dettaglio audio lo ossessiona: il pilota ha detto “discesa d’urgenza” o “delta urgenza”? È una differenza minuscola ma può cambiare tutto.


In una scena cruciale, Rénier (André Dussolier), il capo del BEA, e Mathieu si scontrano sull’interpretazione di quella frase. “Non si può essere compiacenti in quei momenti. Qualunque sia la stima reciproca tra due uomini, il fattore simpatia non conta più, la posta in gioco è troppo alta”. È in questo scontro, apparentemente tecnico, che si rivela il cuore morale del film.


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Ossessione, solitudine e una verità che non fa rumore

Il viaggio di Mathieu non è solo professionale. È personale, viscerale, maniacale. Ha già sbagliato in passato. Questa volta non può permettersi di sbagliare. Ma più si avvicina alla verità, più si allontana dal mondo. La moglie Noémie (Lou de Laâge), anche lei coinvolta nelle indagini, si allontana. I colleghi lo evitano. Mathieu non dorme, non mangia, non si fida più di nessuno.


Lo spettatore si ritrova intrappolato nella sua spirale. È davvero su una pista giusta o sta cedendo alla paranoia? È lui a decifrare il codice, o lo sta inventando? Questa ambiguità regge tutta la tensione narrativa del film di Rai 4 Black Box – La scatola nera, fino a un finale che abbraccia l’eccesso, ma lo fa coerentemente, come fosse l’unico esito possibile di una mente che ha superato il limite.

Pierre Niney, André Dussollier
Black Box - La scatola nera (2021) Pierre Niney, André Dussollier

Il lavoro del BEA: tra rigore e rituale

Uno degli elementi più affascinanti del film di Rai 4 Black Box – La scatola nera è la rappresentazione realistica e quasi documentaria del lavoro svolto dal BEA. La collaborazione con l’ente reale è stata decisiva. Il responsabile della comunicazione ha spiegato: “Il fatto che fosse un racconto di fiction è stato un vero passe-partout per noi”. L’opera non si basa su eventi realmente accaduti e questo ha permesso una libertà creativa, ma anche un’accuratezza tecnica sorprendente.


L’apertura della scatola nera, nel film, è messa in scena come un rito sacro. “È una scena molto accelerata rispetto alla realtà, ma la tensione è la stessa. Il registratore può essere danneggiato, i circuiti sono microscopici. Tutti sono sospesi sull’esito”. In quell’oggetto ci sono suoni, tracce, frammenti. Il lavoro degli acustici è quello di distinguere tutto: un clic di manopola, un sibilo di vento, un colpo sulla porta.

Tutti i suoni del dubbio

Il film di Rai 4 Black Box – La scatola nera non è un disaster movie. Non vediamo l’incidente. Non ci sono passeggeri. L’azione si svolge in uno spazio chiuso, in silenzio. Mathieu davanti a un monitor, con le cuffie, immerso in rumori che solo lui riesce a decifrare. La suspense non nasce dall’imprevisto, ma dalla ricostruzione. Ogni suono può essere una prova o una trappola.


“Si sente che la loro interpretazione può essere decisiva”, ha raccontato Niney. “Dovevamo rendere possibile la confusione, letteralmente, a una sola sillaba di distanza.” E così il film diventa una partita tra percezione e realtà, dove persino la tecnologia può ingannare.

Un thriller che diventa psico-dramma

Col passare dei minuti, il film di Rai 4 Black Box – La scatola nera muta pelle. La cronaca si trasforma in paranoia. Mathieu si isola, mette in discussione tutti, anche se stesso. In passato ha inseguito una teoria sbagliata. Ora ci riprova, ma non è chiaro se sia più lucido o più fuori controllo. Non è solo un’indagine: è la lotta disperata di un uomo per salvare la propria integrità. E il pubblico resta lì, in bilico, senza certezze.


La performance di Pierre Niney è impressionante. Si perde letteralmente dentro la mente del suo personaggio. “Ho sempre l’impressione di ricominciare da zero, come se fossi arrivato ieri dalla provincia. Anche se si tratta di un ruolo secondario, l’ho preparato come fosse il primo della mia vita”.


Black Box – La scatola nera
non racconta solo un incidente aereo, ma la fragilità del nostro rapporto con la verità. Ci chiede cosa siamo disposti a mettere in gioco per sapere cosa è successo davvero. È un’indagine che passa dalle cuffie al cuore.


Dopo averlo visto, ogni volta che sentirai un rumore apparentemente insignificante, ti chiederai: sto davvero ascoltando tutto?

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina Black Box - La scatola nera

Black Box - La scatola nera

Drammatico - Francia 2021 - durata 129’

Titolo originale: Boite noire

Regia: Yann Gozlan

Con Pierre Niney, Lou de Laâge, André Dussollier, Sébastien Pouderoux, Olivier Rabourdin

in streaming: su Prime Video