I figli degli altri, quinto film di Rebecca Zlotowski su Rai 3 la sera del 14 ottobre, accende il riflettore su un’esperienza ordinaria ma invisibile: quella delle donne che si legano profondamente ai figli di un partner, senza diventare mai ufficialmente madri. È un racconto che non ha il diritto di esistere nella grammatica consueta del cinema, dominata dalla madre biologica, dalla matrigna malvagia o dalla figura genitoriale tutta sacrificio e dedizione. Zlotowski, al contrario, guarda dritto dove il cinema raramente osa: nel vuoto normativo e affettivo lasciato da una relazione che non ha statuto.

Virginie Efira
I figli degli altri (2022) Virginie Efira

Una vita piena, fino a quando non basta più

Nel film di Rai 3 I figli degli altri, Rachel ha quarant’anni, insegna francese al liceo, frequenta lezioni di chitarra, ha amici, ex con cui è in buoni rapporti. La sua vita, piena e coerente, viene interrotta non da un evento traumatico ma da un innamoramento: Ali, un ingegnere padre separato con una bambina di quattro anni, Leila.


L’innesto è progressivo. Rachel non irrompe nella famiglia, ci si adatta, con discrezione. Cura la bambina, la accompagna, le racconta storie. Ma questo equilibrio è provvisorio per definizione. Rachel lo sa. Amare i figli degli altri comporta la possibilità concreta di doverli lasciare. E quando il legame con Ali vacilla, è su quel fronte che la perdita si farà più acuta.


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Rachel: la figura che il vocabolario non nomina

Il film di Rai 3 I figli degli altri non racconta solo la maternità, ma una figura che non ha neppure un nome ufficiale: la compagna del padre. Rachel non è madre, né matrigna, né baby-sitter. Eppure, è parte della vita di Leila.


Zlotowski costruisce un personaggio che rifugge l’eccezionalità e il dramma esibito. Rachel non urla, non si sacrifica, non rivendica nulla. Ha una “riserva emotiva”, come dice Virginie Efira, che la porta a farsi da parte, a non pretendere il centro della scena. È una donna che ama senza possedere, che costruisce una relazione tenendo presente la sua natura fragile. La sua forza è tutta lì: nella capacità di stare, pur sapendo di poter scomparire.

Virginie Efira, Roschdy Zem
I figli degli altri (2022) Virginie Efira, Roschdy Zem

Ali e Leila

Ali, interpretato nel film di Rai 3 I figli degli altri da Roschdy Zem, è un uomo diviso tra due mondi. Padre premuroso, lavora come ingegnere, ma ha una passione per la musica che lo tiene ancorato a una forma di libertà e solitudine.


È un uomo che non corrisponde ai modelli maschili tradizionali. Accoglie Rachel nella sua vita senza mai chiederle nulla, e tuttavia non riesce a darle il posto che merita. La sua modernità è evidente: è l’uomo che cucina, che mette a letto la figlia, che esprime la sua vulnerabilità senza vergogna. Ma è anche l’uomo che, di fronte al bivio, sceglie “per la piccola”. Una decisione che pesa, che sposta la responsabilità emotiva su una bambina di quattro anni. Un gesto protettivo solo in apparenza.


Callie Ferreira-Goncalves dà volto e voce a Leila, bambina timida ma sorprendente nella sua naturalezza. È il personaggio che meno parla, eppure la sua esistenza modella tutto ciò che le accade intorno. Il rapporto che costruisce con Rachel non è mai forzato: si gioca nei gesti, nei rituali, nel linguaggio quotidiano. Leila non ha gli strumenti per comprendere fino in fondo cosa accade, ma il film non si interroga tanto su cosa percepisca, quanto su quanto profondamente riesca a entrare nella vita degli adulti senza avere voce in capitolo.

Il tempo che scorre e non torna

Zlotowski mette in scena nel film di Rai 3 I figli degli altri un conto alla rovescia, fatto di stagioni che passano, cieli che cambiano, decisioni che si avvicinano. Il tempo nel film non è un contenitore, ma una forza inesorabile. Rachel sa di essere in ritardo. L’orologio biologico si fa sentire, non come incubo, ma come fatto concreto. Se vuole avere un figlio suo, deve muoversi. Ma è una corsa senza certezze. Il film non oppone maternità biologica e affettiva: le tiene insieme, mostrando come entrambe possano costruire e demolire, dare e togliere.

La maternità come costruzione, non come dato

A emergere è un’idea di maternità non essenziale, ma relazionale. Essere madre, qui, non coincide con la gravidanza né con la legge. È un fatto di cura, di ascolto, di pazienza. Ma è anche un fatto precario. Il legame con “i figli degli altri” è sempre un atto di fiducia senza garanzia. Rachel non chiede di essere riconosciuta, e proprio per questo la sua perdita è ancora più dolorosa. Quando l’amore finisce, nessuno le deve nulla. Ma quello che ha dato resta. Solo che non trova più casa.


I figli degli altri
è un film che colma un vuoto. Non per rappresentare un’eccezione, ma una normalità taciuta. Il suo valore non sta nell’eccezionalità della vicenda, ma nella capacità di portare in primo piano qualcosa che esiste in silenzio in tante vite. Come ha detto Zlotowski, è “una lettera d’amore” alle donne senza figli, ma non solo. È un racconto sulla dignità quotidiana, sul desiderio che non si realizza ma non si spegne, sulle vite che si costruiscono anche quando non si lasciano tracce ufficiali. Perché ci sono legami che non si possono rivendicare, ma che cambiano per sempre chi li ha vissuti.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina I figli degli altri

I figli degli altri

Drammatico - Francia 2022 - durata 103’

Titolo originale: Les enfants des autres

Regia: Rebecca Zlotowski

Con Virginie Efira, Roschdy Zem, Chiara Mastroianni, Antonia Buresi, Yamée Couture, Victor Lefebvre

Al cinema: Uscita in Italia il 22/09/2022

in TV: 14/10/2025 - Rai 3 - Ore 21.20

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