Per il 2025, l’Argentina candida al premio Oscar il film Belén, secondo lungometraggio di Dolores Fonzi prossimamente su Prime Video. Non è una scelta neutra: il film, basato su un caso reale di criminalizzazione dell’aborto, rappresenta molto più di un’opera di finzione: è una dichiarazione. È il ritratto di un paese spaccato tra conquiste sociali e retaggi conservatori, raccontato con la forma del legal drama e la sostanza di una lotta politica che parte dal basso.


Fonzi, che aveva esordito alla regia con la commedia Blondi, cambia tono ma non intenzione: continua a filmare donne reali, che combattono e che non si arrendono.


In anteprima italiana alla Festa del Cinema di Roma.

Dolores Fonzi
Belén (2025) Dolores Fonzi

Anatomia di un’accusa

Il film Prime Video Belén prende il nome fittizio di una giovane donna di 24 anni che, nel 2014, si presenta al pronto soccorso di un ospedale pubblico di Tucumán con forti dolori addominali. Subito dopo, viene arrestata con l’accusa di aver provocato un aborto clandestino. Non sapeva di essere incinta. Non sa neanche bene cosa stia succedendo quando si risveglia in sala operatoria, ammanettata e circondata da poliziotti.


La giustizia, invece di proteggerla, la travolge: processo sommario, difesa inefficace, pregiudizi a cascata. Verrà condannata a otto anni di carcere per omicidio aggravato dal vincolo. Fonzi non si sofferma sui dettagli morbosi, ma prova a costruire una tensione costante a partire dall’assenza: cosa è successo davvero in quel bagno? Lo spettatore non lo vede, e proprio in quel vuoto narrativo emerge, secondo la regista, tutta la violenza dell’interpretazione giudiziaria.

L’avvocata che non si arrende

Il cuore del film Prime Video non è tanto Belén, quanto chi decide di difenderla: Soledad Deza, interpretata dalla stessa Fonzi. Avvocata specializzata in diritti riproduttivi, Deza entra in scena quando tutto sembra ormai deciso. Ma la sua forza non è retorica: è metodo, determinazione, convinzione.


Il suo personaggio rappresenta l’eccezione che si fa resistenza, quella voce che, pur essendo fuori tempo massimo, riesce a rimettere in discussione l’intero impianto accusatorio. È lei la protagonista del film, non tanto perché occupa più spazio in scena, ma perché incarna il centro morale della vicenda: qualcuno che decide di non voltarsi dall’altra parte, che sceglie di guardare negli occhi l’ingiustizia e risponderle con azioni, non con discorsi.

Camila Plaate: silenzio, corpo, verità

A interpretare Belén nel film Prime Video è Camila Plaate. Il suo personaggio parla poco, ma comunica moltissimo: con gli occhi, con le posture, con il modo in cui si muove nel tempo e nello spazio di un carcere che non è solo fisico, ma sociale. Fonzi le concede la scena finale, quella della sentenza, e non è un caso: le restituisce simbolicamente il diritto di parola che le era stato negato all’inizio.


L’equilibrio tra la presenza sobria dell’avvocata e quella dolente di Belén permette al film di evitare la trappola del protagonismo salvifico: nessuna delle due è una “santa”, nessuna è perfetta, entrambe sono necessarie.

Dolores Fonzi, Camila Plaate
Belén (2025) Dolores Fonzi, Camila Plaate

Giustizia e pregiudizio: un sistema sotto accusa

Il film Prime Video Belén si inserisce nella scia del cinema giudiziario, ma lo fa con un taglio chiaramente argentino. Se in Argentina, 1985 si raccontava il processo alla giunta militare, qui si denuncia una giustizia ancora incapace di tutelare i diritti delle donne.


La pellicola mostra un sistema legale in cui la colpa si decide prima del processo, in cui l’ignoranza medica diventa strumento di condanna, in cui i funzionari sono più preoccupati della propria carriera che della verità. Ma il vero bersaglio non è un giudice in particolare, bensì l’intero impianto istituzionale che rende possibile un errore giudiziario così eclatante.

Una storia personale, una causa collettiva

Belén non è solo un racconto di ingiustizia. È anche, e soprattutto, un film sul potere delle reti femministe. Le immagini finali della “marea verde”, il movimento che ha portato alla legalizzazione dell’aborto in Argentina nel 2021, non sono un’appendice emotiva ma la conclusione logica della narrazione. Ciò che accade a Belén non è un fatto isolato: è un simbolo.


E la pellicola prova a fare emergere come ogni corpo femminile possa diventare campo di battaglia ideologico. Fonzi, che ha partecipato attivamente a queste lotte, tenta di tradurre in immagini il peso di una battaglia lunga, piena di ostacoli, ma non priva di speranza.

Un cinema che non arretra

In un’epoca in cui i diritti conquistati sembrano costantemente sotto attacco, Belén è un film che si assume il rischio di schierarsi. Ma lo fa con l’intelligenza di chi sa che un messaggio potente non ha bisogno di urlare, ma di essere ascoltato. È un’opera che prova a unire rigore narrativo e impegno civile, evitando sia il sentimentalismo facile che l’arroganza ideologica. Belén non vuole essere una bandiera: è una storia. Ma è proprio per questo che diventa un atto politico.


Per il pubblico argentino, è una ferita ancora aperta. Per il pubblico internazionale, è un’occasione per capire quanto può essere alto il prezzo del silenzio. Ma, per tutti, è un promemoria: il corpo di una donna non può continuare a essere un crimine.


Disclaimer

Questo testo è stato redatto sulla base di informazioni e note di regia condivise dalla produzione, supportate dalla visione di interviste e materiali promozionali, ma senza avere visto il film. In alcun modo, quindi, questa presentazione di Belén può essere intesa come una recensione o una critica cinematografica.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina Belén

Belén

Drammatico - Argentina 2025 - durata 105’

Titolo originale: Belén

Regia: Dolores Fonzi

Con Dolores Fonzi, César Troncoso, Julieta Cardinali, Luis Machín, Laura Paredes, Sergio Prina