Nel cuore nero della terra, dove la luce non arriva e l’aria si fa memoria, il film The Deep Dark, su Rai 4 la sera del 6 ottobre, affonda piccone e pensiero. Diretto da Mathieu Turi, regista francese già noto per Hostile e Méandre, il lungometraggio prende la forma di un viaggio nell’inconscio collettivo, tra claustrofobia, solidarietà, follia e tracce di un orrore antico.
Siamo nel 1956, nel Nord della Francia. Una squadra di minatori viene incaricata di accompagnare un professore in una missione di prelievo mille metri sotto terra. Un crollo sigilla il ritorno alla superficie. Il gruppo, bloccato tra gallerie e oscurità, scopre una cripta fuori dal tempo e, con essa, qualcosa che non doveva essere risvegliato.

Dentro il ventre della miniera
Il film di Rai 4 The Deep Dark costruisce con meticolosa attenzione la realtà di un microcosmo maschile, rude e chiuso, fatto di sudore, rituali e silenzi pesanti. Turi si appoggia su una ricostruzione storica accurata (strumenti, linguaggio, luoghi) e sceglie come teatro principale le gallerie calcaree della miniera di Wallers-Arenberg.
Non è solo un ambiente: è un personaggio. Un labirinto pulsante che stringe, scruta, annienta. Il regista filma questi spazi con lentezza controllata e camera portata, scegliendo la luce viva e sporca delle lampade frontali. Non c’è trucco digitale: tutto è fisico, autentico, costruito. E si sente.
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Sette uomini, sette tensioni
Il gruppo protagonista del film di Rai 4 The Deep Dark è composto da figure distinte, ma mai caricaturali. Roland (Samuel Le Bihan), ex resistente e capo squadra, è la spina dorsale morale del racconto: un uomo abituato a guidare senza imporsi, saldo ma umano. Al suo opposto, Amir (Amir El Kacem), ultimo arrivato, immigrato marocchino taciturno che cerca solo un posto nel mondo, sarà colui attraverso cui lo spettatore scopre e decifra tanto la cultura dei minatori quanto il mistero che li circonda.
Completano il quadro figure come Louis, il giovane impulsivo; Polo, lo specialista in esplosivi; Miguel e Santini, in bilico tra sarcasmo e sopravvivenza; il professor Berthier (Jean-Hugues Anglade), scienziato inquieto con più risposte di quante sia disposto a condividere; e Fouassier (Philippe Torreton), figura d’autorità in secondo piano ma determinante.
La dinamica tra i personaggi si sviluppa in modo organico. Non sono eroi né vittime predestinate: sono uomini di un’epoca, messi di fronte all’ignoto. Il gruppo si compatta, si incrina, si divide. I conflitti interni e le alleanze instabili danno forma a un’umanità credibile, sporca, imperfetta.

Il buio che ci guarda
Al centro del film di Rai 4 The Deep Dark pulsa una creatura. Non un semplice mostro, ma l’incarnazione di un passato rimosso, una divinità venuta da un altro tempo, forse da un altro piano dell’esistenza. Turi, ispirato da Lovecraft (in particolare, Le montagne della follia e Nell’abisso del tempo) non spiega, suggerisce. Le rune sui muri, i rituali, l’architettura ciclopica: tutto parla di una civiltà sepolta, preumana, che ha lasciato dietro di sé una forma di sacro contorto, incompreso e inavvicinabile.
La creatura, progettata dallo scultore giapponese Keisuke Yoneyama, mescola estetiche distanti: Shiva, la Gorgone, lo xenomorfo di Alien, l’Uomo pallido di Del Toro. È fisica, presente, artigianale. Non c’è effetto speciale che sostituisca l’impatto di un corpo mostruoso che si muove realmente accanto agli attori. L’effetto è disturbante, quasi mitologico.
La miniera come metafora
Il film di Rai 4 The Deep Dark non si limita al genere. Racconta anche una storia sociale. Il contesto del Nord della Francia degli anni ’50, dove operano minatori provenienti da ondate migratorie italiane, spagnole e nordafricane, è parte integrante della narrazione. Il razzismo latente, la precarietà, l’idea che si scenda nella miniera ma non sempre si risalga: tutto costruisce un senso di oppressione che precede e prepara l’elemento fantastico.
Nel buio si disgregano non solo i corpi ma anche le certezze. La gerarchia, la cultura, il linguaggio tecnico dei minatori: tutto vacilla di fronte a un orrore che non segue le regole dell’uomo. Il mito di Cthulhu non è evocato in modo diretto, ma la sua impronta è ovunque: nell’insignificanza umana, nel contatto con l’inconoscibile, nella follia che nasce dall’indagare troppo a fondo.
Ascoltare il silenzio
Oltre la fotografia, è il suono a fare da ponte tra l’uomo e il mostro. Il lavoro sul sonoro crea una sensazione costante di pressione, di presenza non detta. Ogni rumore (i martelli, le pietre, il fiato) diventa parte della tensione. La musica di Olivier Derivière, costruita su motivi anni ’80 e performance orchestrali dissonanti, non accompagna: agisce, respira con i personaggi, diventa narrazione.
The Deep Dark è un film che lavora in profondità: della terra, dei personaggi, dei temi. È un film di genere che prende sul serio il proprio impianto, senza cercare scorciatoie emotive o stilistiche. Turi evita l’estetica “shock” da horror contemporaneo per privilegiare un ritmo teso ma contenuto, dove l’angoscia nasce dal contesto più che dall’effetto.
Non è un film che cerca l’universalità, ma uno sguardo preciso: quello su un gruppo di uomini che scopre, troppo tardi, di non essere al centro di nulla. Solo carne fragile davanti a un silenzio millenario.
Filmografia
The Deep Dark
Horror - Francia 2023 - durata 103’
Titolo originale: Gueules noires
Regia: Mathieu Turi
Con Samuel Le Bihan, Amir El Kacem, Thomas Solivéres, Jean-Hugues Anglade, Diego Martín, Marc Riso
in TV: 06/10/2025 - Rai 4 - Ore 21.20
in streaming: su Apple TV Amazon Video
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