Nel cuore di La doppia vita di Madeleine Collins, film di Antoine Barraud in onda su Rai 3 la sera del 9 settembre, si muove una donna che è molte donne insieme, senza che nessuna delle sue identità sia mai del tutto fittizia, né totalmente vera. Judith vive divisa tra due Paesi, due uomini, due famiglie, due vite. Da una parte c’è Melvil, marito ufficiale e padre di due figli; dall’altra Abdel, compagno e padre di una bambina. Due case, due realtà, due ruoli: moglie e madre, ma anche interprete e costruttrice della propria finzione quotidiana.


Il film non è una storia di bigamia o un semplice thriller familiare. È un’esplorazione chirurgica di ciò che accade quando l’identità non è più una certezza ma una costruzione narrativa continua. Il racconto comincia già in crisi, con l’equilibrio della protagonista pronto a sgretolarsi. Judith non è sorpresa dalla frattura, ne è cosciente. L’architettura di bugie in cui si muove è una macchina che richiede manutenzione costante, sangue freddo e lucidità strategica. Ma anche, e forse soprattutto, una potente capacità di immaginazione.

Virginie Efira
La doppia vita di Madeleine Collins (2021) Virginie Efira

Judith, o la grammatica dell’inganno

Judith, interpretata da Virginie Efira, è più che un personaggio centrale del film di Rai 3 La doppia vita di Madeleine Collins: è il centro di gravità di ogni scena. La si osserva attraversare luoghi, ruoli e relazioni senza mai perdere il controllo esterno, mentre internamente qualcosa cede. Non cambia mai volto o stile; non ha bisogno di travestirsi per essere un’altra: lo è già, completamente, da dentro. Ogni sua azione è misura di una coerenza inventata, mai svelata fino in fondo, nemmeno allo spettatore.


La costruzione registica e attoriale evita lo spettacolo della crisi emotiva: Judith non crolla, si adatta. È fredda quando serve, evasiva quando conviene, rassicurante se necessario. Le sue mosse sono sempre giustificate, mai gratuite. Barraud, nel dirigere Efira, punta sull’autocontrollo come cifra narrativa: il dramma è contenuto nei gesti quotidiani, nelle valigie da fare e disfare, nelle conversazioni apparentemente banali che celano decisioni cruciali.


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Gli uomini dell’equilibrio: Melvil e Abdel

I due poli maschili che definiscono la geometria della vita di Judith non sono antagonisti nel senso classico del termine. Melvil, interpretato da Bruno Salomone, rappresenta la stabilità borghese, l’apparenza sociale, la continuità. Abdel, invece, incarnato da Quim Gutiérrez, è l’amore segreto, il legame non detto, la possibilità di una vita alternativa. Nessuno dei due, però, appare completamente idealizzato o negativo: sono uomini innamorati, complici, ma anche inconsapevolmente parte del meccanismo che sta logorando Judith.


La relazione con entrambi è reale, ma imperfetta. In ciascuna, Judith interpreta un ruolo coerente ma limitato, adattando la sua identità ai bisogni di chi ha davanti. Il film di Rai 3 La doppia vita di Madeleine Collins, così, non si limita a raccontare una menzogna sentimentale, ma scava nelle micro-dinamiche dell’amore e del riconoscimento, nelle aspettative che definiscono ciò che siamo (o fingiamo di essere).

Virginie Efira
La doppia vita di Madeleine Collins (2021) Virginie Efira

I figli, specchi e detonatori

La presenza dei figli è la forza silenziosa che tiene in piedi e allo stesso tempo destabilizza il castello di carte. Joris, figlio maggiore, osserva, capisce, pone domande. La bambina, Ninon, è ancora troppo piccola per vedere, ma non per percepire. I figli non sono spettatori passivi: sono complici involontari e infine elementi detonatori. La tensione fra ciò che Judith protegge e ciò che rischia di perdere è amplificata dal legame con i bambini. In questo senso, la maternità non è solo un dato biografico, ma una lente attraverso cui passa ogni scelta, ogni omissione.

Il corpo come mappa del segreto

Judith è un personaggio fisico: prende treni, cammina, si sposta, cucina, traduce testi. Il suo corpo è sempre in movimento, sempre occupato. Non c’è tempo per il confronto con se stessa, non c’è spazio per la stasi. Eppure, è proprio nel corpo che si manifesta il primo segnale di crisi, sin dalla scena d’apertura ambientata in un grande magazzino, dove una giovane donna (che poi scopriremo non essere quella che crediamo) ha un malore inspiegabile. Quella sequenza è un presagio, un sintomo, un indizio.


Per Barraud, il corpo non è decorativo ma narrativo: rivela ciò che le parole nascondono. La regia del film di Rai 3 La doppia vita di Madeleine Collins evita la macchina a mano, rinuncia al caos visivo: tutto è centrato sull’interiorità del personaggio, sulla sua disciplina, sulla tensione tra ciò che mostra e ciò che comprime.

Virginie Efira
La doppia vita di Madeleine Collins (2021) Virginie Efira

L’identità come costruzione narrativa

Uno dei temi centrali del film di Rai 3 La doppia vita di Madeleine Collins è l’identità come progetto in corso, non come dato originario. Judith è un personaggio che si scrive da sola, scena dopo scena. Mente, ma nel farlo crea un altro sé. Come sottolinea Antoine Barraud, mentire è un lavoro, una fiction continua che richiede coerenza e creatività. Judith non è folle: è autrice della propria vita, anche quando questa sfugge al suo controllo.


La domanda che percorre l’intero film – Chi sono io, davvero? – non riceve una risposta univoca. Come in un thriller a ritroso (una “struttura a escargot”, nelle parole del regista), lo spettatore scava nel passato della protagonista man mano che la sua rete si lacera. Ogni nuova informazione non risolve il mistero: lo approfondisce.

Attraverso lo specchio: il gioco del cinema

Judith, per certi versi, è un’attrice. Cambia registro, modula le parole, mantiene la maschera. E il film stesso è un esercizio metacinematografico sul doppio, sull’artificio, sulla recitazione. Come afferma Virginie Efira, ogni bugia di Judith è un tentativo di raccontare una verità alternativa. Un modo per uscire dai confini di una vita imposta, per trovare spazio dove prima c’era solo dovere.


Barraud costruisce il film di Rai 3 La doppia vita di Madeleine Collins come un puzzle emotivo, ma lo fa senza compiacimento. Ogni tassello è lì per rivelare qualcosa di umano, di ambiguo, di fragile. Il film non giudica mai la sua protagonista: la osserva. E nel farlo chiede allo spettatore di fare lo stesso, senza scorciatoie morali.


La doppia vita di Madeleine Collins
è un’opera che interroga il concetto stesso di verità personale. Attraverso la figura sfaccettata e contraddittoria di Judith, il film mette in scena la complessità di chi si rifiuta di essere solo ciò che gli altri vedono. Non c’è assoluzione, né condanna. Solo il ritratto di una donna che cerca una via di fuga nel movimento, nella finzione, nel racconto.


Più che una storia di menzogne, è un film sulla libertà di reinventarsi. Anche a costo di perdere tutto.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina La doppia vita di Madeleine Collins

La doppia vita di Madeleine Collins

Drammatico - Francia 2021 - durata 102’

Titolo originale: Madeleine Collins

Regia: Antoine Barraud

Con Virginie Efira, Bruno Salomone, Quim Gutiérrez, Jacqueline Bisset

Al cinema: Uscita in Italia il 02/06/2022

in TV: 09/09/2025 - Rai 3 - Ore 21.20

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