Nel catalogo sempre più ampio dei thriller per la TV, il film Alla ricerca di mia figlia su Rai 2 la sera del 6 settembre, si inserisce con un tono deciso, portando in primo piano una madre, Beverly (interpretata da Tori Spelling), determinata a ritrovare la figlia scomparsa durante una vacanza di Spring Break a Miami.
Dietro la patina di spiagge, app di incontri e festini universitari, il film affonda nel terreno instabile delle dinamiche predatorie, dei sensi di colpa, e delle complicità silenziose. Non si tratta solo di una corsa contro il tempo: è un viaggio dentro le fragilità di legami familiari, tra inganni, ossessioni e una lotta viscerale per la verità.

Una notte sbagliata nel posto sbagliato
Il film di Rai 2 Alla ricerca di mia figlia comincia con una scena che suggerisce già il peggio: un corpo sulla spiaggia. Da lì, il racconto procede alternando flashback e indizi disseminati tra social network, telefonate preoccupate e un lento disvelarsi del disastro. Carli, la figlia di Beverly, è partita per una vacanza in Florida con un’amica, Simone, che viene inizialmente creduta morta dopo una notte di eccessi. Le ragazze incrociano due ragazzi locali, Pete e Luke, apparentemente innocui, ma che si rivelano parte di un gioco pericoloso.
Mentre Simone finisce in coma e Carli viene drogata e rapita, la polizia brancola nel buio. Tocca a Beverly, madre single, cameriera in Indiana, ma con un intuito implacabile, partire alla ricerca della verità, assistita da Ray, un uomo che sembra uscito da un romanzo di frontiera, vedovo e segnato dalla perdita della figlia. Quello che scoprono li porterà dentro le viscere degli Everglades, in una caccia dove ogni alleato può rivelarsi un predatore.
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Madri, figlie e uomini pericolosi
Il cuore del film di Rai 2 Alla ricerca di mia figlia è tutto nel rapporto madre-figlia. Beverly non è un’eroina perfetta: è impulsiva, diretta, ma determinata. La sua forza non sta nelle armi, ma nella volontà incrollabile di riportare sua figlia a casa. Carli, da parte sua, non è la solita vittima passiva. Anche legata e spaventata, riesce a ribellarsi, a scappare, a resistere.
Luke è il personaggio più ambiguo: un ragazzo fragile, manipolabile, privo di vera coscienza. Non è un mostro nel senso classico, ma un complice codardo. Pete, invece, è l’anima nera del film: carismatico, calcolatore, e convinto che le donne “siano tutte uguali”. Dietro il suo fascino si nasconde una misoginia velenosa, che giustifica le sue azioni con un senso distorto di rivalsa sociale. Ray, infine, sembra la controfigura maschile positiva, ma resta sullo sfondo. È un supporto, non il salvatore.

Apparenze, traumi e sopravvivenza
Il film di Rai 2 Alla ricerca di mia figlia mette in scena alcuni temi chiave dell’epoca contemporanea. In primo luogo, la fragilità dell’identità digitale: Carli e Simone si muovono in un mondo dove ogni scelta viene postata, tracciata, condivisa. Ma proprio quell’esposizione può diventare un’arma a doppio taglio.
C’è poi il tema della complicità maschile nel perpetrare violenza. Luke non agisce da solo, ma sotto pressione del cugino. La spirale di silenzio e omertà tra uomini “comuni” diventa un sottotesto potente: non è solo il crimine, ma l’atteggiamento che lo permette, che lo giustifica, che lo normalizza. E infine, la resilienza: quella di Beverly, che si reinventa detective, e quella di Carli, che sopravvive grazie alla propria lucidità.
Il finale spiegato
Il finale del film di Rai 2 Alla ricerca di mia figlia si gioca negli angoli selvaggi degli Everglades. Dopo che Pete tenta di uccidere Beverly, viene ucciso in un modo tanto grottesco quanto simbolico: morso da un serpente, forse inghiottito da un alligatore. La natura stessa sembra rifiutarlo.
Luke, ormai fuori controllo, affronta Beverly in uno scontro finale dove è la madre a prevalere, proteggendo sua figlia con ogni mezzo. La tensione si scioglie solo con l’arrivo delle autorità e l’arresto di Luke. Il fan boat crash è più scenografico che efficace, ma serve a chiudere il cerchio.
Alla fine, Carli è salva. Simone esce dal coma. Beverly e Ray si ritrovano su una barca diversa e questa volta non per fuggire ma per cominciare qualcosa di nuovo. C’è un’eco di rinascita, nonostante tutto.
Alla ricerca di mia figlia gioca con i codici del thriller televisivo, ma non si limita a ripeterli. Dietro i fan boat, i dialoghi a volte sopra le righe e certe trovate pulp, c’è una storia che parla di responsabilità, di genitori che non mollano, e di ragazze che si rifiutano di essere vittime.
Non è la spettacolarità a tenere incollati allo schermo, ma la coerenza interna del racconto: ogni personaggio ha un suo arco, ogni tema ha un suo peso. E alla fine, ciò che resta è l’immagine di una madre che non si è fermata finché non ha trovato sua figlia e di una figlia che ha imparato, a sue spese, quanto sia pericoloso fidarsi delle apparenze. Un film che, sotto la superficie da thriller d’intrattenimento, colpisce molto più in profondità.
Filmografia
Alla ricerca di mia figlia
Thriller - Usa 2025 - durata 86’
Titolo originale: Lost in the Everglades
Regia: Damián Romay
Con Tori Spelling, Nick Ballard, Tommi Rose, Joseph Cannon
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