Raccontare la storia del movimento per i diritti civili attraverso gli occhi di un bianco nel profondo Sud degli Stati Uniti può sembrare oggi una scelta difficile da giustificare ma Il colore della libertà, il film in onda su Rai 3 la sera del 22 agosto, non si propone di riscrivere la storia. Piuttosto, si concentra su una figura realmente esistita: Bob Zellner, nipote di un esponente del Ku Klux Klan, che decide di tradire l’eredità della sua famiglia per unirsi alla lotta per la giustizia razziale.
Diretto da Barry Alexander Brown, storico collaboratore di Spike Lee, e tratto dall’autobiografia The Wrong Side of Murder Creek, il film non è una celebrazione né una condanna assoluta. È il racconto di una trasformazione. Una parabola che si svolge nel cuore del conflitto americano degli anni ’60, ma che chiama in causa ogni spettatore contemporaneo, ovunque si trovi.

Tra radici e rottura
Nel film di Rai 3 Il colore della libertà, Bob Zellner è un giovane bianco, cresciuto in Alabama sotto l’ombra ingombrante di un nonno leader del KKK e di un padre ex-membro della stessa organizzazione, poi convertito al metodismo progressista. Bob è studente modello, ha una fidanzata perfetta e il futuro già scritto. Ma qualcosa cambia quando, per un compito universitario sul “problema razziale”, decide di partecipare con alcuni compagni a un incontro in una chiesa afroamericana.
Quel gesto, inizialmente ingenuo, lo espone a minacce, sospetti, violenza e alla concreta possibilità di essere espulso dall’università. Ma soprattutto, lo mette in contatto diretto con figure chiave del movimento come Rosa Parks e Ralph Abernathy. Da quel momento, Bob comincia a fare i conti con una realtà che aveva sempre evitato. La sua presa di coscienza non è immediata né semplice. È un percorso fatto di esitazioni, di compromessi e infine di scelte drastiche.
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Icone ai margini, eroi dimenticati
Il centro della narrazione del film di Rai 3 Il colore della libertà è Bob (interpretato da Lucas Till), ma attorno a lui gravitano personaggi che, nella realtà, hanno segnato la storia. Rosa Parks, interpretata da Sharonne Lanier, è presentata come una figura lucida e determinata, ben lontana dal cliché della donna “stanca” che si rifiuta di cedere il posto sull’autobus. Ralph Abernathy (Cedric the Entertainer) emerge come figura paterna e stratega paziente.
Tuttavia, questi personaggi rimangono spesso sullo sfondo. È una scelta narrativa consapevole, ma discutibile. Il film si concentra su Bob e sulla sua progressiva esposizione al razzismo strutturale, lasciando a margine i leader afroamericani che lo ispirano. Questo spostamento di prospettiva, pur basato su un’esperienza reale, rischia di ridurre il ruolo attivo dei veri protagonisti del movimento.

Coscienza, privilegio e responsabilità
Il cuore tematico del film di Rai 3 Il colore della libertà è racchiuso in una frase di Rosa Parks, rivolta a Bob: “Un giorno succederà qualcosa di veramente brutto, proprio davanti a te, e tu dovrai scegliere da che parte stare. E non scegliere è una scelta”.
Il colore della libertà esplora con insistenza la zona grigia in cui molti bianchi americani si sono collocati durante il movimento per i diritti civili: quella dell’indifferenza, del silenzio, della neutralità. È una critica che parla anche all’oggi. Il film non si limita a raccontare il passato, ma diventa una riflessione implicita sul presente, soprattutto in relazione a movimenti come Black Lives Matter.
Il film non vuole tanto “salvare” Bob Zellner quanto mettere in luce il suo processo di disobbedienza morale. La sua è una lotta interna prima che politica: crescere con l’idea che certe cose siano “normali” e doverle poi disimparare, sfidando tutto ciò che si è sempre dato per scontato.
Limiti e scelte narrative
Dal punto di vista cinematografico, il film di Rai 3 Il colore della libertà soffre di una struttura discontinua. Alcuni momenti risultano didascalici, altri troppo romanzati, come la storia d’amore tra Bob e una professoressa afroamericana, che pare funzionale più al dramma che alla realtà storica. Il film alterna scene potenti, come l’attacco ai Freedom Riders, a momenti più goffi, in cui il rischio del “white savior” si fa sentire.
La regia di Barry Alexander Brown punta più alla chiarezza del messaggio che alla complessità emotiva. Alcuni passaggi sembrano pensati per essere “digeribili” da un pubblico bianco, mettendo l’accento sull’educazione del protagonista piuttosto che sulla lotta collettiva. È una scelta politica tanto quanto estetica.
Nonostante i suoi limiti, Il colore della libertà è un film che vuole “dire qualcosa”, come afferma lo stesso regista. E lo fa con una certa urgenza. Raccontare la storia di Bob Zellner oggi non è solo recuperare una figura poco conosciuta, ma lanciare una sfida: chi siamo di fronte all’ingiustizia? Cosa facciamo, davvero?
Il film non dà risposte esaustive, né pretende di farlo. Ma lascia una domanda sospesa, che continua a risuonare fuori dallo schermo. E questo, forse, è il suo merito più grande. Il colore della libertà non racconta tutto, ma apre varchi: sta a noi attraversarli.
Filmografia
Il colore della libertà
Drammatico - Usa 2020 - durata 105’
Titolo originale: Son of the South
Regia: Barry Alexander Brown
Con Lucas Till, Jim Klock, Michael Sirow, Sharonne Lanier, Jake Abel, Julia Ormond
Al cinema: Uscita in Italia il 02/12/2021
in TV: 07/09/2025 - Sky Cinema Due - Ore 06.00
in streaming: su Prime Video Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rakuten TV
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