Nel film I re della scena, in prima tv su Rai 3 la sera del 21 agosto, il regista Thierry Klifa mescola i codici della commedia con quelli del film di rapina, creando un ibrido tonale che si diverte a giocare con le maschere (reali e metaforiche) dei suoi personaggi. Il risultato è un lungometraggio sorprendentemente agile, orchestrato come una truffa teatrale e musicale, dove nulla è mai davvero come sembra.

Mathieu Kassovitz
I re della scena (2023) Mathieu Kassovitz

Una rapina in famiglia

Alla base del film di Rai 3I re della scena c’è una classica struttura da “casse du siècle”: una banda improbabile tenta il colpo perfetto. Ma Klifa si allontana subito dai cliché del genere. I re della scena,  è meno interessato alla suspense e più al disinnesco di ogni tensione attraverso l’assurdo, il travestimento e l’ambiguità.


La storia ruota attorno a un gruppo di personaggi eccentrici, guidati da un misterioso Nicolas Duvauchelle, il cui Jérémie potrebbe essere un truffatore scaltro… o solo un disperato in cerca di un diversivo. Il pretesto del colpo, legato a un quadro rubato, serve da motore narrativo, ma il vero centro è il gioco di relazioni, finzioni e doppie identità tra i membri del gruppo.


Niente armi. Niente violenza. Il crimine qui passa per la musica, i costumi, i dialoghi. C’è una scena ambientata in un cabaret in cui, invece di ballare, Duvauchelle canta. Una scelta di regia e scrittura che sovverte le attese: il numero musicale diventa confessione in codice, dichiarazione indiretta, indizio narrativo.


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Anime mascherate

Klifa lavora contro-intuitivamente con i suoi attori. Mathieu Kassovitz, noto per ruoli drammatici, viene trasformato nel film di Rai 3 I re della scena, in Sam, una figura comica, quasi slapstick, che evoca l’ispettore Clouseau di Blake Edwards. Il suo personaggio, apparentemente ingenuo e goffo, diventa centrale proprio per la sua imprevedibilità: lo spettatore non sa mai se si finge sciocco o se lo è davvero.


Laetitia Dosch gioca su un registro ambiguo: seducente, brillante, enigmatica. La relazione della sua Céleste con Sam è tutta basata sul non detto: bugia o sincerità? Manipolazione o affetto?


Fanny Ardant, presenza magnetica con la sua Rachel, incarna il ponte tra il teatro e il cinema, tra l’eleganza e il grottesco. Anche lei canta. Anche lei danza con l’ambiguità. E, come ha raccontato il compositore Alex Beaupain, la musica che accompagna la sua performance richiama volutamente l’universo di James Bond ma con una deviazione ironica e malinconica tutta francese.

Fanny Ardant, Mathieu Kassovitz, Nicolas Duvauchelle
I re della scena (2023) Fanny Ardant, Mathieu Kassovitz, Nicolas Duvauchelle

Identità, apparenza, performance

Il film di Rai 3 I re della scena è costruito attorno all’idea che ogni personaggio stia recitando un ruolo. La messa in scena è onnipresente: nei costumi, nella musica, nei luoghi. Il cabaret, il casinò, i travestimenti… tutto è teatro.


L’identità è mobile. I personaggi indossano maschere sociali, sessuali, criminali. Nulla è affidabile, nemmeno la narrazione. Lo spettatore è costretto a mettere in discussione ciò che vede. È solo una truffa? C’è amore autentico? C’è redenzione?


In parallelo, Klifa esplora anche la messa in scena cinematografica. Il film è pieno di citazioni (Jean-Paul Rappeneau, Philippe de Broca, Almodóvar, Blake Edwards) ma mai gratuite. Servono a costruire un metalinguaggio: I re della scena sa di essere un film. Ne ride. E proprio così trova una sua voce.

La musica: più di un accompagnamento

La colonna sonora di Alex Beaupain non è semplice accompagnamento. Non è nemmeno solo “commento emotivo”. È regia parallela. È ritmo, battuta, struttura. Il film di Rai 3 I re della scena dura 1 ora e 50. La musica copre circa 1 ora e 5 minuti. Non come sottofondo, ma come elemento narrativo. Non ci si limita a evocare un’atmosfera, ma si crea un dialogo continuo tra colonna sonora e azione. Come dice Beaupain stesso, “non è un quinto personaggio, ma quasi un altro regista”.


Ogni scena musicale è calibrata come un duetto tra suono e gesto, tra battuta e controcanto. Che si tratti di una sequenza comica o di una scena d’azione, la musica rilancia, accelera, devia. Con un’ironia che a tratti sembra quasi voler sabotare la scena per rivelarne il vero significato.

Una direzione registica in trasformazione

Secondo gli attori, Klifa ha affrontato il film di Rai 3 I re della scena con uno spirito diverso dai suoi lavori precedenti. Più libero, meno controllato. La regia abbandona il rigore melodrammatico per abbracciare il caos della commedia. Ma non è mai un caos disordinato. È un gioco preciso di dissimulazioni.


Klifa si mostra sensibile alle proposte degli attori, pronto a lasciar spazio all’improvvisazione, a riscrivere le scene sulla base delle intuizioni emerse sul set. Il risultato è un film vivo, reattivo, stratificato.

In I re della scena, tutto è trucco. Tutto è rappresentazione. Ma invece di nascondere qualcosa, questo gioco di maschere rivela la verità più profonda: siamo tutti in scena, sempre, e il cinema come il crimine non è che un’arte dell’illusione.


Klifa dirige una commedia dove i ruoli si rovesciano, la musica canta più dei personaggi, e la risata si mescola al dubbio. Il colpo grosso, forse, non è il furto della tela… ma quello compiuto dal film stesso, che riesce a fregare lo spettatore con eleganza, ritmo e intelligenza.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina I re della scena

I re della scena

Giallo - Francia/Belgio 2023 - durata 1168’

Titolo originale: Les rois de la piste

Regia: Thierry Klifa

Con Mathieu Kassovitz, Fanny Ardant, Nicolas Duvauchelle, Laetitia Dosch, Ben Attal, Michel Vuillermoz

in streaming: su Rai Play