Nel gelo rarefatto dell’Alto Adige, tra le nevi che abbracciano il lago di Resia e l’ombra di un campanile che affiora da acque immobili, si consuma la parabola di Michela, la protagonista del film Tensione superficiale, su Rai 5 il 5 agosto. Trent’anni, madre single, precaria, marginale. Il suo è un volto comune, una figura come tante, resa invisibile da una comunità che la guarda senza vederla. Ma in Tensione superficiale, opera prima di Giovanni Aloi, questa donna dimenticata compie una scelta che, seppur condannata socialmente, si rivelerà uno scatto di autodeterminazione.

Katia Fellin
Tensione superficiale (2021) Katia Fellin

Un passaggio nel buio

Michela, nel film di Rai 5 Tensione superficiale, lavora come tuttofare in un hotel sul lago. Un lavoro sottopagato, senza contratto, fatto di umiliazioni e orari impossibili. Il padre di suo figlio entra e esce dalla sua vita senza assumersi alcuna responsabilità. I genitori l’hanno ripudiata da quando è rimasta incinta. Isolata e schiacciata, incontra Anna, una donna diversa, sicura, che le offre un’opportunità: lavorare come prostituta in Austria, dove la professione è legalizzata.


Attraversare quel tunnel tra Italia e Austria non è solo uno spostamento geografico. È un passaggio simbolico: dalla remissività all’azione, dal silenzio alla voce. Michela inizia a lavorare nei fine settimana in un bordello austriaco. Guadagna bene, si riappropria del proprio corpo e di una dignità negata. Ma quando il paese scopre il suo segreto, la reazione è brutale: ostracismo, insulti, isolamento. Non risparmiano neppure suo figlio.


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Anime intrappolate nel bianco

Michela (Cristina Dell’Anna) è il cuore pulsante del film di Rai 5 Tensione superficiale. In lei convivono due forze opposte: la stanchezza di chi ha subito troppo e la testardaggine di chi, pur a fatica, si ostina a non arrendersi. Non è una ribelle. Non alza la voce. Ma ogni passo che compie è un gesto di resistenza. Dalla remissività iniziale alla consapevolezza finale, attraversa una metamorfosi silenziosa ma concreta, dove la prostituzione non è un’etichetta, ma uno strumento. La sua dignità non nasce da ciò che fa, ma da come smette di farsi definire dagli altri.


Anna (Francesca Sanapo), al contrario, è da subito una figura decisa, affilata, femminile nel senso più controllato del termine. Bionda, sicura di sé, mostra a Michela una possibile via d’uscita, ma senza inganni: le chiede più volte se è certa della sua scelta, perché sa cosa comporta. Non è una salvatrice, ma una donna che ha trovato il proprio equilibrio e lo offre, con cautela, a chi ha il coraggio di afferrarlo.


Heinrich (Bruno Steinegger), l’ex compagno, è un personaggio ambiguo. Si insinua nella vita di Michela con il volto dell’uomo fragile, incapace di scegliere tra la donna con cui convive e quella con cui ha avuto un figlio. Approfitta della sua disponibilità, salvo poi tirarsi indietro quando serve sostegno. La sua parabola si muove su binari sfocati, come sfocato è il confine tra l’affetto e la viltà.


Klaus (Hannes Perkmann), il datore di lavoro, è invece la figura più netta e inquietante del film. Non è solo un padrone, ma l’incarnazione della virilità predatoria. Abusa del suo potere, umilia Michela, la controlla. È l’uomo che pretende obbedienza, senza dare nulla in cambio. L’ambiente che rappresenta è tossico, eppure protetto dal silenzio collettivo della comunità.


Infine, c’è Tobias (Philipp Peter Heidegger). Presenza discreta ma centrale. Non è solo il figlio di Michela: è il motivo per cui tutto accade. È la speranza che ogni compromesso ha cercato di proteggere. E proprio lui, senza saperlo, sarà il testimone della trasformazione della madre.

Cristiana Dell'Anna
Tensione superficiale (2021) Cristiana Dell'Anna

Il giudizio, la scelta, il lavoro che non ha nome

Il film di Rai 5 Tensione superficiale non parla di prostituzione. Parla di libertà. Michela sceglie qualcosa che la società le vieta, non per legge ma per mentalità. Il film mostra quanto possa essere più opprimente la condanna morale che non quella giuridica. In Austria, Michela lavora in sicurezza. In Italia, paga un prezzo altissimo per la sua indipendenza. Il tunnel che ogni settimana attraversa non è solo geografico. È la linea invisibile che separa ciò che è tollerato da ciò che è punito, ciò che si può essere da ciò che si deve nascondere.


L’ipocrisia della comunità emerge con violenza quando il segreto viene scoperto. Non c’è empatia, non c’è comprensione. Il paese, che accetta tutto purché resti sottotraccia, esplode in una reazione sproporzionata. Michela diventa il capro espiatorio su cui proiettare paure, desideri repressi e rabbia sociale. Nessuno è davvero innocente. Non c’è solidarietà, neppure tra donne. L’unico gesto di rispetto autentico arriva da Anna, che pur essendo diversa, non giudica. Le altre (genitori, colleghe, vicine) si limitano a condannare. E in questa condanna Michela trova la spinta per affermarsi, non contro il mondo, ma dentro il mondo. Senza più chiedere il permesso.


Un altro tema centrale è quello del precariato e del lavoro sfruttato. Michela lavora per anni senza contratto, viene accusata senza prove, maltrattata. In questo contesto, la prostituzione, paradossalmente, appare come l’unica via che le restituisca dignità economica e personale. Non è una glorificazione. È un dato di realtà. Il corpo diventa moneta, ma anche arma. E proprio in quella contraddizione si annida il cuore del film.

Il reale sotto la pelle

L’idea del film di Rai 5 Tensione superficiale nasce da un’intervista reale: una donna italiana che attraversava il confine per prostituirsi in Austria senza che nessuno lo sapesse. Giovanni Aloi parte da lì, costruisce attorno a quel nucleo una storia senza moralismi, raccontata con una regia essenziale. Niente enfasi, niente spiegazioni. La macchina da presa osserva. I dialoghi sono pochi, i silenzi densi. Ogni scena è un frammento di tensione. Il ritmo rallenta nella seconda parte, ma la forza emotiva resta. Il paesaggio (candido, immobile, severo) diventa metafora dell’oppressione. Sotto la neve, sotto l’acqua del lago, sotto la superficie liscia delle cose, qualcosa preme, si incrina. E infine esplode.


Questo è Tensione superficiale: un film che racconta senza insegnare, che mostra senza semplificare, che fa domande senza pretendere risposte. È la storia di una donna che impara a guardarsi allo specchio e a non distogliere più lo sguardo. E questo basta per far tremare l’intera facciata di una comunità.


Tensione superficiale
non è un film sulla prostituzione. È un film sulla possibilità di scegliere chi essere, anche quando il mondo ti ha già condannato. È una riflessione sul costo della libertà in un contesto dove la morale è spesso un alibi per il controllo sociale. Michela non è un’eroina, ma una donna reale, complessa, fragile e determinata. Non cerca di cambiare il mondo, solo di sopravvivere. E nel farlo, diventa altro: non più solo madre, o lavoratrice, ma individuo.


È il tipo di film che non ti dice come vivere. Ti chiede solo di guardare. E non distogliere lo sguardo.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina Tensione superficiale

Tensione superficiale

Drammatico - Italia 2021 - durata 86’

Regia: Giovanni Aloi

Con Cristiana Dell'Anna, Francesca Sanapo, Benno Steinegger, Philipp Peter Heidegger, Katja Lechthaler, Hannes Perkmann

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