Ci sono film che esplodono, e altri che implodono: Il discorso perfetto, su Rai 3 la sera del 7 agosto, appartiene alla seconda categoria. Non urla, non si impone con effetti speciali o svolte drammatiche. Si muove tra piatti da portata, frasi scontate e silenzi troppo lunghi. Ma è lì che succede tutto: in quei gesti minimi dove si giocano ansie, desideri, fratture e rimpianti.
Tratto dal romanzo di FabCaro (Le Discours), adattato e diretto da Laurent Tirard, il film racconta una situazione tanto ordinaria da diventare esplosiva: un pranzo in famiglia, una richiesta fuori tempo, un uomo sull’orlo di una crisi che non sa confessare.
A tenere insieme la struttura, c’è un protagonista che parla con lo spettatore, confessa, immagina, ricorda, si perde nei suoi pensieri e ci porta dentro la sua testa. È una storia apparentemente semplice che riesce, però, a toccare con precisione chirurgica qualcosa che riguarda tutti: la difficoltà di comunicare, soprattutto con chi ci è più vicino.

Il mondo di Adrien
Adrien, il protagonista del film di Rai 3 Il discorso perfetto, è bloccato. La sua ex, Sonia, gli ha chiesto una pausa, e lui vive nel limbo: controlla il telefono ogni minuto, in attesa di un messaggio che non arriva. Nel frattempo, si ritrova a cena con la sua famiglia: una cena qualunque, in un giorno qualunque. Ma qualcosa s’inceppa: il futuro cognato gli chiede di tenere un discorso al suo matrimonio. Un gesto gentile, per molti insignificante. Per Adrien, un incubo.
Quella richiesta è la miccia che fa esplodere un intero mondo interiore. Adrien si rifugia nella sua mente, immagina discorsi, rivive la sua relazione, prova a trovare le parole giuste senza mai riuscirci. Il tempo si scompone, la narrazione si piega tra realtà, flashback, ipotesi e scene surreali. Intorno a lui, la famiglia, chiusa nei propri automatismi, nei ruoli che si ripetono da sempre.
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Un universo di voci
Adrien (Benjamin Lavernhe) è il cuore del film di Rai 3 Il discorso perfetto. Un uomo smarrito, ironico, autocritico, che ha paura di esporsi ma non riesce a trattenersi. Lavernhe lo interpreta con precisione, giocando tra sarcasmo e malinconia. È il classico protagonista “sottovoce”, che conquista perché imperfetto.
Sonia (Sara Giraudeau) è l’assenza che riempie tutto. È poco presente in scena, ma deve essere così credibile da far capire perché Adrien non riesca a voltare pagina. Il film riesce a costruire attorno a lei un’aura fragile e realistica, che tiene in piedi l’intera crisi del protagonista.
Sophie e Ludo (Julia Piaton e Kyan Khojandi) sono una coppia caricaturale ma autentica. Lei maniaca del controllo, lui logorroico pseudoscientifico. Sono una coppia affiatata, anche se buffa. Dietro la rigidità, c’è affetto vero. Funzionano come specchio deformato di Adrien: due persone che, pur con mille goffaggini, sono riuscite a stabilire una forma di comunicazione.
I genitori (François Morel e Guilaine Londez) incarnano la famiglia come luogo in cui il linguaggio è diventato codice, automatismo. I complimenti sono formule, i gesti sono rituali. Ma dietro il cliché, resta l’intenzione affettiva. Non si dicono nulla, ma si capiscono.

Senza dire nulla
L’incomunicabilità è il filo rosso del film di Rai 3 Il discorso perfetto. Tutti i personaggi faticano a dire ciò che provano. Adrien lo esplicita, ma nessuno ne è immune. La famiglia parla per convenzioni, le coppie si muovono tra silenzi e fraintendimenti. Il film costruisce un linguaggio fatto di non detti, dove anche il cibo e le frasi più banali diventano simboli.
L’attesa come trappola emotiva. Il vero motore narrativo non è il pranzo né il discorso, ma l’attesa di un messaggio. Adrien è fermo, in pausa come la sua relazione. L’intero film è costruito come un limbo da cui il protagonista cerca di uscire, senza sapere come.
La disfunzione familiare quotidiana. Non ci sono traumi o drammi. Solo piccoli attriti, nevrosi, linguaggi sbagliati. Ma proprio in quella normalità, il film trova la sua forza: mostra la difficoltà di comunicare proprio con chi ci è più vicino.
La realtà interiore come spazio narrativo. Tirard porta sullo schermo non solo la vita di Adrien, ma anche il suo pensiero. La regia alterna con fluidità scene reali, flashback e divagazioni mentali. La narrazione è fratturata ma coerente, e restituisce con efficacia la confusione interna del protagonista.
Un lavoro personale
Laurent Tirard firma qui uno dei suoi lavori più personali. Viene dalla commedia popolare (Il piccolo Nicolas, Astérix), ma con il film di Rai 3 Il discorso perfetto torna a un tono più intimo e sincero. La sfida era rendere cinematografico un romanzo fatto di pensieri, ironia e pause. Tirard costruisce un equilibrio tra comicità e malinconia, scegliendo un registro sobrio ma creativo.
Il cast è scelto con intelligenza: Lavernhe regge il peso del film con naturalezza; Giraudeau riesce a far vivere un personaggio quasi invisibile; Piaton e Khojandi trasformano due caricature in persone vere. Il lavoro sul set è stato, secondo gli attori stessi, intenso, tecnico, e molto basato sull’ascolto: ognuno doveva seguire la sua “partitura”, ma con attenzione costante agli altri.
Il discorso perfetto è un film piccolo solo in apparenza. Sotto l’umorismo sobrio e la sceneggiatura leggera, si nasconde un’indagine lucida e acuta sulla comunicazione umana. Non cerca il colpo di scena, ma lavora sul dettaglio, sull’imbarazzo, sulla frase che non esce. Un film sulla difficoltà di dire, sulla paura di essere fraintesi, sull’umanità che resta anche quando tutto sembra ridicolo.
In un’epoca in cui si parla troppo e si ascolta poco, Il discorso perfetto ricorda che il problema non è avere qualcosa da dire, ma trovare il coraggio e il momento giusto per farlo.
Filmografia
Il discorso perfetto
Commedia - Francia 2020 - durata 87’
Titolo originale: Le Discours
Regia: Laurent Tirard
Con Benjamin Lavernhe, Sara Giraudeau, Kyan Khojandi, Julia Piaton, François Morel, Guilaine Londez
Al cinema: Uscita in Italia il 10/02/2022
in streaming: su iWonder Full Amazon channel Apple TV Google Play Movies Amazon Video Rai Play
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