Con Un ragazzo quasi perfetto, il film in onda su Tv8 il 1° luglio, la macchina ben oliata dei thriller televisivi di Lifetime confeziona un racconto che, sotto la patina di commedia romantica, nasconde un incubo sul bisogno umano di connessione e sulle maschere dietro cui si celano i mostri. Non è un film perfetto, ovviamente, ma scava con efficacia nei desideri, nelle paure e nelle fragilità di chi, come la protagonista Diane, cerca di rimettere insieme i pezzi dopo una perdita devastante.

Victoria Barabas
Un ragazzo quasi perfetto (2020) Victoria Barabas

L’inizio da commedia, la discesa nell’incubo

Diane (Victoria Barabas), la protagonista del film di Tv8 Un ragazzo quasi perfetto, è un’avvocatessa di successo, vedova da poco e madre single di Jake, un ragazzino che incassa lividi a scuola e delusioni a casa. L’equilibrio precario della sua esistenza si regge sul lavoro, dove mira a una promozione che le darebbe sicurezza economica per sé e per il figlio. Ma per ottenerla deve mostrarsi perfetta anche fuori dall’ufficio: entrare in società, partecipare a eventi, e farlo con un partner al fianco.


Entra in scena l’idea brillante della sorella Lori: assumere un accompagnatore tramite un’agenzia specializzata. Diane accetta controvoglia, scegliendo Miles (Nick Ballard), un uomo dall’aspetto impeccabile e dai modi affascinanti. Quello che inizia come un favore a pagamento per salvare la facciata sociale si trasforma presto in una presenza sempre più invadente. Miles non è solo un escort: è un manipolatore esperto, un bugiardo patologico con un passato oscuro. Dietro il sorriso seducente si nasconde una mente ossessiva, capace di insinuarsi nella vita di Diane con una progressione inquietante.


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Archetipi in tensione

Diane è scritta con una vulnerabilità credibile. Non è un’ingenua, è semplicemente stanca, sola, schiacciata da un ruolo che non ha scelto. La perdita del marito l’ha lasciata congelata nel tempo: dorme nella stanza degli ospiti per non affrontare il letto vuoto. La sua caduta nel tranello di Miles non nasce dalla superficialità, ma dal desiderio disperato di un contatto umano autentico. Victoria Barabas regge bene il ruolo, soprattutto nei momenti più interiori.


Miles, alias Peter Dwyer, è l’antagonista perfetto del film di Tv8 Un ragazzo quasi perfetto: affascinante al punto giusto, inquietante quando serve. Ballard lo interpreta con il giusto equilibrio tra carisma e follia. È facile capire perché Diane e il suo entourage restino ammaliati da lui. Ed è proprio questa sua normalità che lo rende così pericoloso: Miles incarna il pericolo vestito da sogno.


Russel (Donovan Patton), collega e spalla amica, è forse l’unico uomo veramente positivo del film. Simbolicamente, rappresenta la possibilità di un amore sincero, paziente, reale. La sua presenza nella parte finale è rassicurante, ma anche malinconica: viene troppo tardi.

Victoria Barabas, Nick Ballard
Un ragazzo quasi perfetto (2020) Victoria Barabas, Nick Ballard

Il vuoto, la maschera, il bisogno d’amore

I temi principali del film di Tv8 Un ragazzo quasi perfetto si intrecciano con la quotidianità emotiva della protagonista e con dinamiche che riguardano molte donne sole, madri, lavoratrici, che si muovono in equilibrio precario tra doveri e desideri.


Uno dei motori della storia è il conflitto tra il bisogno di mantenere il controllo e il bisogno umano, profondo, di lasciarsi andare a un legame. Diane è una donna che ha costruito un’intera esistenza basata sulla tenuta: tiene in piedi la famiglia, il lavoro, la propria emotività. Ma tutto questo autocontrollo non riesce a riempire il vuoto lasciato dalla perdita del marito. Quando Miles entra nella sua vita, lo fa come una figura rassicurante e perfetta, e lei abbassa le difese non tanto per ingenuità quanto per fame di connessione. È proprio in quel vuoto affettivo che il pericolo trova spazio.


Il film riflette anche sull’ossessione sociale per le apparenze. L’idea di dover partecipare a eventi lavorativi con un partner al fianco, di mostrarsi “a posto” agli occhi del capo e dei colleghi, diventa una trappola. La decisione di Diane di assumere un accompagnatore non nasce da un bisogno romantico, ma da un’esigenza d’immagine. Tuttavia, in un sistema dove si può affittare una presenza umana come si affitta un vestito elegante, è facile perdere il confine tra ciò che è reale e ciò che è rappresentazione. Miles, in questo senso, non è solo un personaggio: è la personificazione di ciò che accade quando si vive troppo a lungo nella finzione.


C’è poi un altro tema che serpeggia per tutto il film: il pericolo dell’idealizzazione. Diane proietta su Miles tutto quello che ha perso: compagnia, comprensione, stabilità, amore. Lo stesso accade, in senso opposto, per Miles, che trasforma Diane in un’ossessione, in un’idea da possedere a ogni costo. Entrambi confondono il desiderio con la realtà, e quando la realtà si impone, il risultato è devastante. Il film ci suggerisce che, a volte, il vero nemico non è chi ci inganna, ma il nostro bisogno disperato di credere a quell’inganno.


In tal senso, Un ragazzo quasi perfetto è meno un thriller sulla follia di uno stalker e più un racconto sulla fragilità nascosta dietro le vite “organizzate”, sulle crepe che si aprono quando il dolore viene solo nascosto e mai affrontato. Nonostante il tono da film televisivo e le soluzioni narrative a tratti forzate, riesce a raccontare una paura molto reale: quella di lasciarsi andare e scoprire, troppo tardi, che la persona che abbiamo accolto nella nostra vita non è chi credevamo.

Il finale spiegato

Nel finale del film di Tv8 Un ragazzo quasi perfetto, Diane si ritrova drogata e intrappolata nella propria camera, l’unico spazio che aveva finora evitato. È un dettaglio simbolico potente: il trauma che evitava di affrontare diventa il teatro della sua rinascita. Fingendosi sedotta, riesce a guadagnare tempo, colpisce Miles con una bottiglia e chiama aiuto. Ma quando la polizia arriva, Miles è sparito.


Il messaggio è chiaro: i traumi non si chiudono con una bottiglia in testa al nemico. Sono cicli che si ripetono, ombre che restano. Il frame finale con Miles che osserva la casa dall’albero non è solo un cliffhanger: è un monito. Il male non scompare, cambia forma. Ma Diane non è più la stessa: ora sa guardarlo in faccia.


Un ragazzo quasi perfetto
parte con una vernice rosa da film Hallmark, ma sotto c’è un thriller psicologico che gioca con la paura più intima: aprire la porta sbagliata. Pur con limiti evidenti (produzione televisiva, regia anonima, qualche buco di sceneggiatura), colpisce per la sua capacità di tenere incollato lo spettatore, anche solo per il gusto colpevole di vedere fino a dove si spingerà Miles.


Non è cinema d’autore, ma è una parabola moderna sull’inganno del “perfetto”, sulla vulnerabilità mascherata da efficienza, e sull’amore usato come arma. Un consiglio? Guardatelo. Ma magari non da soli.

Autore

Redazione

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Filmografia

locandina Un ragazzo quasi perfetto

Un ragazzo quasi perfetto

Thriller - USA 2020 - durata 86’

Titolo originale: Lies For Rent

Regia: Monika Lynn Wesley

Con Donovan Patton, Victoria Barabas, Nick Ballard, Joseph C. Phillips, Max E. Williams, Olivia Buckle