Quello della vendetta è un problema che riguarda i sopravvissuti. E Jafar Panahi lo è, un sopravvissuto: alla prigione, all’interdizione dal lavorare, al silenzio a cui il potere l’ha condannato e che lui ha rotto girando mentre si trovava ai domiciliari e sfidando il divieto di lasciare la sua abitazione e il suo paese, muovendosi lungo il confine tra l’Iran e la Turchia così come da sempre coi suoi film si muove tra la realtà e la finzione. Ora, dopo anni, Panahi può finalmente abbandonare i meta-discorsi e l’autoriflessione (sovente è stato egli stesso il protagonista dei suoi film) per allestire un racconto senza cornici o soglie da attraversare.

Dall’aprile del 2023, infatti, è un uomo libero e il suo cinema può smettere d’interrogarsi sulla sua legittimità e volgere lo sguardo su quella società a lungo osservata attraverso un filtro: dal vetro di un taxi, da una finestra di casa, dallo schermo di un computer. In Un semplice incidente, in cui un padre di famiglia viene rapito da un uomo convinto di riconoscere in lui l’aguzzino che l’ha torturato in prigione, il ribaltamento dei punti di vista e lo scambio di ruoli sono ancora al centro del racconto, ma passano da un livello testuale a uno morale. Dal cinema alla vita. I torturati si fanno torturatori; chi bendava viene bendato; chi era rinchiuso rinchiude in una cassa il suo carceriere. Sembra La morte e la fanciulla di Polanski e nei dialoghi si cita esplicitamente Beckett, perché quella cassa portata in giro per Teheran, quando il rapitore coinvolge nella sua possibile vendetta altri oppositori ed ex detenuti come lui, ricorda il teatro dell’assurdo e magari pure Hitchcock (Nodo alla gola) o un altro Polanski (Due uomini e un armadio).

In realtà, è Panahi nella sua essenza, dal momento che il campo ha nel controcampo (e nel fuoricampo - dell’aguzzino si ricorda solo il ticchettio di una protesi di legno) il suo doppio e il suo contrario, e l’incertezza che si crea porta all’immobilità. Ma è lì, nell’immobilità, che il potere ha il suo spazio, ed è quello stesso spazio (o meglio, la sua possibilità) a interessare politicamente il regista. Un semplice incidente usa il cinema per interrogare i suoi personaggi (e di conseguenza lo spettatore) sulla posizione da assumere di fronte al dubbio e chiede loro di prendere posizione: se non di passare all’azione, almeno di avere chiare le responsabilità. I personaggi di Panahi, che sono uomini e donne comuni (un meccanico, una fotografa, una coppia di sposi) così come comune è il loro nemico (il rapito è un semplice padre di famiglia a cui nella prima sequenza capita un semplice incidente), rappresentano l’immagine di una società che nelle strade assolate della città e nel deserto che la circonda perde ogni possibilità di distinguere le cose dal loro contrario. In piena notte, alla luce dei fari di un’automobile, è ancora possibile avere una confessione; ma il giorno dopo tutto è cancellato. E come distingui il bene dal male alla luce del sole? Che volto ha il potere? Che rumore fa?
Il film
Un semplice incidente
Drammatico - Iran, Francia, Lussemburgo 2025 - durata 102’
Titolo originale: Yak tasadof-e sade
Regia: Jafar Panahi
Con Vahid Mobasseri, Mariam Afshari, Ebrahim Azizi, Hadis Pakbaten, Majid Panahi, Mohamad Ali Elyasmehr
Al cinema: Uscita in Italia il 06/11/2025


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