Con il film Quicksand, su Rai 4 la sera del 13 ottobre, il regista colombiano Andrés Beltrán e lo sceneggiatore Matt Pitts imbastiscono un thriller da camera mascherato da survival horror tropicale. Il lungometraggio si apre con un prologo che suggerisce pericoli invisibili nella giungla colombiana: un cacciatore in preda al panico corre tra la vegetazione, braccato da qualcosa che non vediamo. Ma più che suscitare ansia, la sequenza appare confusa, forzata da montaggio frenetico e musica invadente. È un’apertura che vorrebbe essere destabilizzante, ma finisce per anticipare in modo involontario i limiti stilistici dell’intera pellicola.
Pochi minuti dopo, l’azione si sposta su Sofia (Carolina Gaitán) e Josh (Allan Hawco), coppia di medici americani in crisi, giunti a Bogotá per un convegno. Hanno lasciato i figli negli Stati Uniti e cercano, almeno superficialmente, di comportarsi civilmente. Ma l’atmosfera è carica di risentimento. La loro escursione nella foresta non è un tentativo di riconciliazione, ma una fuga, che presto si trasforma in condanna: finiscono entrambi intrappolati in una pozza di sabbie mobili. E lì rimarranno bloccati per gran parte della durata del film.

Due corpi fermi, un matrimonio che affonda
Il cuore narrativo del film di Rai 4 Quicksand è tutto nella sua premessa: una coppia sull’orlo del divorzio obbligata a restare immobile, gomito a gomito, nella melma. È una metafora che grida intensità psicologica ma si ferma alla superficie. Sofia è ostile, pungente, logorata da anni di rinunce; Josh è remissivo, quasi patetico, ma ancora legato all’idea di salvare qualcosa. Tuttavia, i dialoghi tra loro sono spesso didascalici, pieni di accuse generiche o lamentele vaghe, senza mai arrivare a qualcosa di veramente rivelatorio. Le cause della loro rottura – l’alcolismo di lui, la carriera sacrificata di lei – restano appena abbozzate.
Nonostante gli sforzi degli attori (soprattutto Gaitán, che porta una certa energia nervosa al personaggio), la scrittura non regge il peso emotivo della situazione. La tensione tra i due dovrebbe crescere con l’impossibilità fisica di fuggire, ma resta meccanica, costruita più per necessità narrativa che per coerenza emotiva.
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Sopravvivenza, rancore e immobilità
Quello che il film di Rai 4 Quicksand prova a esplorare è chiaro: il trauma della fine di un rapporto e la possibilità (o illusione) della redenzione. La sabbia mobile diventa così simbolo di una stasi emotiva, un limbo dove passato e presente collidono e non resta che affrontare i fantasmi dell’altro. C’è un’eco di Beckett, certo, ma senza la sua profondità esistenziale. Il film si muove nel solco del cosiddetto “forced couples’ therapy horror”, un filone emerso post-pandemia, in cui il disagio relazionale è amplificato da condizioni estreme.
A questo si aggiunge il tema della fiducia nel partner, nella possibilità di salvezza e, persino, nel proprio istinto. Ma l’esecuzione tradisce il potenziale. I momenti di minaccia (un serpente, le formiche, il ladro) diventano ripetitivi, usati più per spezzare la monotonia che per rafforzare la tensione. La riflessione sul matrimonio, invece, resta a galla: il film sembra più interessato a far sopravvivere i personaggi fisicamente che a esplorarli davvero.

Il finale: risalire o sprofondare
Nell’atto finale, il film di Rai 4 Quicksand tenta il colpo di scena “redentivo”. Sofia riesce ad uscire dalla trappola utilizzando, con sorprendente forza, una carcassa di serpente e altri oggetti recuperati da un cadavere nel fango. La scena è grottesca, quasi comica nella sua assurdità. Riesce comunque a salvare Josh, che miracolosamente sopravvive a un morso di serpente velenoso grazie a un antidoto somministrato in extremis. La coppia è salva, almeno fisicamente. Ma è salva anche la relazione?
Qui il film resta ambiguo. Non c’è una vera riconciliazione, solo una tregua. La sopravvivenza ha un costo, ma il loro futuro resta incerto. Questo finale cerca di lasciare un margine di speranza, ma il tono melodrammatico, insieme all’assurdità logistica di ciò che abbiamo appena visto, svuota l’epilogo di reale impatto emotivo. L’unico vero sollievo è l’uscita dalla pozza.
Un’idea solida, un’esecuzione che affonda
Quicksand aveva le carte in regola per diventare un piccolo cult del survival psicologico: un’ambientazione densa, un cast capace, una metafora forte. Ma ogni elemento sembra giocare contro il film stesso. La regia opta per l’iperbole, la scrittura per il cliché, la narrazione per la ripetizione. Il potenziale drammatico della coppia bloccata insieme si perde in un’inconsistenza tonale e in una messa in scena che non sfrutta lo spazio, né emotivamente né visivamente.
C’è un’ironia amara nel fatto che il titolo del film riassuma perfettamente il suo destino: Quicksand resta impantanato nelle proprie ambizioni, incapace di liberarsi dalle sue stesse trappole. È una visione interessante solo per chi ha pazienza e desiderio di osservare una metafora troppo letterale portata fino in fondo. Ma per la maggior parte degli spettatori, sarà un viaggio statico e, paradossalmente, lento.
Il cinema è pieno di storie d’amore finite, di persone intrappolate, di lenti ritorni alla superficie. Quicksand avrebbe potuto essere tutto questo. Invece, rimane un promemoria che non basta restare fermi per scoprire qualcosa di profondo.
Filmografia
Quicksand
Horror - Colombia/Usa 2023 - durata 86’
Titolo originale: Quicksand
Regia: Andres Beltran
Con Carolina Gaitan, Allan Hawco, Sebastian Eslava, Andrés Castañeda, Juan Camilo Pérez, Juan Manuel Combariza
in TV: 13/10/2025 - Rai 4 - Ore 21.20
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