«Siete così tanto connessi, eppure non vi conoscete». Sono parole paternali che il protagonista di Trap dice alla figlioletta, scortata al concerto di una Taylor Swift chiamata Lady Raven (Saleka, primogenita del regista, anche autrice dei brani). Gli occhi dei fan (e le camere dei loro, tantissimi, cellulari) sono rivolti a lei, adoranti. Ma gli sguardi della Legge, una task force mossa da una soffiata e coreografata da una vecchia profiler, sono tutti in cerca di lui: irreprensibile padre di famiglia e “the Butcher”, il macellaio, omicida seriale che riduce a brandelli le proprie vittime.
Facendole a pezzi, vendicandosi letteralmente della presunta integrità delle persone, lui che al contrario conduce due opposte vite separate, parallele. La prima parte del film è dedicata al tentativo di evasione del protagonista dal concerto-trappola, il punto di vista è quello dell’assassino, ma il thrilling non è solo legato all’evitare la cattura: è anche e soprattutto rivolto al non deludere la figlia, al non infrangere l’immagine di padre amorevole, al non far riunire, miseramente, i pezzi della sua identità. È un saggio di cinema sibillino, angosciante, grottesco, diretto (magistralmente) tenendo insieme senso della tensione e coloriture da commedia (d’altronde non è un topos del comico l’arrancare per apparire conforme?) e attraversato da sottili alleggerimenti nel ridicolo, cadute del pathos nel bathos, pura, spassosissima arte del doppio segno (esaltata da Sayombhu Mukdeeprom, DOP di Apitchatpong e Guadagnino) che in pochissimi sanno gestire, e ancor meno - purtroppo - capire.
Poi c’è la resa dei conti: in fondo Lady Raven non può che voler dire, con Poe, «nevermore». Ispirato da un articolo in cui si sosteneva che il 4% degli statunitensi non fosse in grado di provare empatia (e dalla volontà di regalare alla figlia maggiore un grande concerto, dopo aver accompagnato la minore Ishana all’esordio alla regia con The Watchers), Trap non si limita a osservare i comportamenti del suo sociopatico, del suo uomo diviso (il film è anche - caricaturalmente - un film femminile contro l’immagine ripulita del maschio), ma rivela (con l’abituale capacità di lavorare su pochi segni leggibilissimi, che circuitano sino alla vertigine) le premesse di questa distorsione percettiva, costruendo a suon di slittamenti del realismo un vero e proprio teatro psichico.
Trap è una versione parossistica (e a tasso 0% di emoglobina) di Psyco, come E venne il giorno lo era di Gli uccelli. Il concerto è una sessione di agonismo dello sguardo: al protagonismo della popstar risponde il narcisismo dell’omicida, con la costruzione di una personale trama paranoica (a tratti sfacciatamente non credibile), di una scena fantasmatica in cui la Legge è anche e soprattutto l’occhio della profiler e dunque della madre (coloro che conoscono la sua patologia e da cui deve nascondersi, separandosi). E se la connessione perversa con il mondo, di cui il film si fa traccia, viene sconfitta dall’empatia social è perché, come in Glass, per il cattolico Shyamalan il medium non è sempre il messaggio: dipende da come lo si usa.
Il film
Trap
Horror - USA, Regno Unito, Yemen 2024 - durata 108’
Titolo originale: Trap
Regia: M. Night Shyamalan
Con Josh Hartnett, Ariel Donoghue, Saleka Shyamalan, Hayley Mills, Cali Lorella, Joseph Daly
Al cinema: Uscita in Italia il 07/08/2024
in streaming: su Amazon Video Microsoft Store Apple TV Mediaset Infinity Google Play Movies Rakuten TV
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