E quando diciamo che Jerry Seinfeld ha fatto anche cose buone, no che non stiamo parlando di Bee Movie. Bee Movie è stato il tentativo del comico newyorchese – travestito da omaggio ai B Movie, alle api e al patriarcato – di esordire come sceneggiatore e produttore cinematografico; uno sforzo sprofondato inevitabilmente nella rara ma sempre ragguardevole categoria dei regali di Natale esagerati che le persone veramente ricche fanno ai figli per sopperire alla mancanza di attenzione.

 Nonostante sia il creatore, coproduttore, sceneggiatore, eponimo protagonista e principale beneficiario di una delle sitcom di maggior successo e più influenti della storia televisiva americana – le royalties delle repliche, a più di 20 anni di distanza dall’ultimo episodio, lo mantengono in cima alla classifica dei comici più ricchi del mondo – Jerry Seinfeld, in Italia, resta non dico uno sconosciuto, ma quasi; proprio perché Seinfeld, la serie, da noi non ha avuto nemmeno un briciolo dell’influenza culturale e pop che invece ha riscontrato in patria. Forse era eccessivo, persino per i più americanofili, questo costante parlarsi addosso fissandosi l’ombelico, per quanto esilarante e ben congegnato, a livello comico, potesse risultare. Professionalmente baciato dal lusso di essere amico di uno scrittore e umorista geniale come Larry David – un po’ più schivo e misantropo di quanto non sia lui, o meglio: meno attrezzato a essere al centro delle attenzioni – e benedetto dal successo inedito e fuori scala (alla sua prima occasione su un palcoscenico nazionale) della sitcom che porta il suo cognome, Seinfeld non ha mai dovuto davvero diversificare troppo il suo lavoro, rimanendo uno dei pochissimi privilegiati a poter fare solamente stand-up (accompagnata da una manciata di calibrate comparsate televisive), senza doversi andare a incastrare in faccende che artisticamente non gli appartengono, come serie tv, film, podcast, spettacoli teatrali, ballando con le stelle, radio (a transistor) e via dicendo.

Dice, ma come? Mi racconti che Seinfeld è diventato ricco e famoso con una sitcom, ma poi mi dici anche che è uno dei pochi comici al mondo ad aver fatto tutto quel successo restando solo nell’ambito della stand-up? Com’è che funziona? Ecco. Basta vedere mezza puntata della serie per aver chiara la faccenda: Seinfeld è una sitcom costruita attorno al linguaggio della stand-up, che mette in scena senza particolari fronzoli il nulla cosmico della comicità di osservazione propria del suo protagonista e autore. Per dire, il protagonista della serie è una filologica riproposizione dello stesso Jerry Seinfeld (nella sua versione depotenziata dell’epoca), un comico di stand-up newyorchese di discreto successo, germofobico, pignolo, appassionato di baseball (tifoso dei Mets) e con una strana mania per i cereali da colazione.

Jerry Seinfeld, Michael Richards, Julia Louis-Dreyfus
Seinfeld (1989) Jerry Seinfeld, Michael Richards, Julia Louis-Dreyfus

Felicemente e agiatamente in pensione dove nove stagioni della serie (culminate in un’ultima puntata vista da qualcosa come 76 milioni di persone), dal ‘98 in avanti Seinfeld si è ritrovato con molto tempo libero. E internet è stato creato apposta per il buon tempo. Ma se per noi comuni mortali si tratta di riempire momenti di vuoto con compilation di gattini o di gente che si fa male, a Seinfeld si confaceva maggiormente la produzione di una webserie da 100mila dollari a episodio. Il titolo, Comedians in Cars Getting Coffee, dice tutto: Seinfeld raccoglie amici e conoscenti comici e li scarrozza su auto d’epoca (altra sua passione dettata dal buon tempo e dai guadagni clamorosi) fino alla più vicina tavola calda per proseguire nella loro chiacchierata riguardante il lavoro, la vita e tutto il resto. L’idea nasceva da un’intuizione molto egoriferita e quindi molto seinfeldiana: «È davvero importante sapere cosa non ti piace. Per me si trattava di quei talk show in cui l’orchestra suona, qualcuno si siede a una scrivania, stringe la mano all’ospite e chiede “Come stai?, ti vedo benissimo.” Sono anche stufo di persone che vanno in quei programmi solo per vendere qualcosa. “Cos’è che mi ha veramente stufato?” è la domanda a partire dalla quale inizia l’innovazione».

" data-credits=
Comedians in Cars Getting Coffee

Più che essere particolarmente innovativo – se non per i metodi di auto-produzione e auto-distribuzione, prima di essere acquisito da Netflix – Comedians in Cars Getting Coffee era un format che dimostrava, ancora una volta, la capacità di Jerry Seinfeld di trasformare qualcosa di banale e sotto gli occhi di tutti – due persone in giro in macchina che parlano di automobili, di caffè e delle proprie carriere – in un oggetto di culto. Il vuoto pneumatico che, con il superpotere della tecnica comica, si trasforma in contenuto. Certo, aiuta molto la possibilità di avere come ospiti, tra i molti altri, gente tipo Steve Martin, Jim Carrey, David Letterman, Tina Fey, Mel Brooks, Eddie Murphy, Dave Chappelle, Chris Rock, John Mulaney, Larry David, Julia Louis-Dreyfus, Jerry Lewis, Don Rickles e perché no, anche Barack Obama.

" data-credits=
Comedians in Cars Getting Coffee

Su Netflix, oltre a Seinfeld e Comedians in Cars Getting Coffee, potete trovare la maggior parte della produzione di Seinfeld, compreso il documentario del 2002 (Comedian) che lo segue durante la preparazione di un tour. Ne esce fuori il quadro perfetto e completo del comico americano per eccellenza degli ultimi trent’anni, un professionista ambizioso e tecnicamente preparato come nessun altro, tanto stacanovista quanto arrogante e consapevole di se stesso, prigioniero della bolla dorata che lui stesso si è costruito e dentro alla quale ha accolto – sempre con riserve: non devono avvicinarsi troppo – i suoi spettatori.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.