È finalmente arrivato il momento buono per parlare di Russell Howard. Quel comico inglese splendido 40enne che, come si diceva qualche settimana fa, è di quelli belli e carismatici che ridono delle proprie (simpatiche) battute e seducono il pubblico nel farsi seguire in una fisiologica risata. Un bel cambio di paradigma rispetto all’archetipo del comico di stand up brutto, cattivo, volgare e fondamentalmente tanto matto quanto ilare. Prestando la giusta attenzione alla doppietta di suoi speciali – Recalibrate del 2017 e Lubricant del 2021 – disponibili su Netflix, però, viene fuori che Howard è un comico molto meno banale di come potrebbe (letteralmente) apparire. È un performer brillante, che ha saputo incastonare la sua routine in un contesto più ampio e meta-testuale. Uno di quei comici talmente in controllo della propria arte da vivere strategicamente sul limite del Ci è o Ci fa, tra il perfettamente calcolato e lo spontaneo.

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Russell Howard

Russell è anche provvisto di un pubblico diverso dallo stand up tipico, quello da battaglia. Ha un folto pubblico che lo segue per via delle sue varie avventure televisive e radiofoniche generaliste – sono davvero innumerevoli: Howard ha instaurato un ottimo rapporto professionale con BBC proprio perché ha il look e il linguaggio del corpo del bravo ragazzo che piace un sacco alle mamme. Un pubblico che, infatti, si congela all’istante e sul posto nel momento in cui Howard dice cose (contestualizzate in una battuta, chiaramente) come: «Quando le donne succhiano cazzi...».

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Russell Howard

Provate a immaginare Fabio Fazio, ai tempi di Quelli che il calcio versione anni ‘90, che fa una battuta simile. E adesso figuratevi l’indignazione dei comunicati stampa del giorno dopo, vergati con furia da Codacons e Moige. Fortunatamente Howard è comicamente sveglio come una volpe, non sarebbe lì altrimenti, ed è in grado non solo di leggere l’umore di una stanza, ma anche di modificare la propria routine di conseguenza, improvvisando e riacquistando la fiducia della sala. Peraltro, questi accenni di volgarità – lanciati su un pubblico pettinato con l’energia di un bimbo malandrino che dice «Pupù» solo per godersi la reazione scomposta della nonna – Russell li ha molto mitigati nel corso degli anni, fra uno spettacolo e l’altro. Recalibrate, in questo senso, è molto più cattivo, arrabbiato, coprolalico, iconoclasta, quasi provocatorio rispetto a Lubricant. Il primo speciale arriva addirittura a immaginare la Regina Elisabetta – la quale, ricordiamolo per i fan della necrofilia all’ascolto, nel 2017 era viva e vegeta – che riceve un cunnilingio da una donna e, mentre si gode l’atto, le chiede «Com’è? Sa di francobollo?».

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Russell Howard

La stand up di Howard è anche piuttosto diversa da quella americana cui sono, magari, più abituati gli appassionati del genere; e lo è per motivi abbastanza tautologici/geografici. Ci sono alcune differenze strutturali quasi storiche tra la comicità britannica e quella statunitense – gli inglesi amano punchline, one liner e tormentoni, come tutti, ma sono soprattutto maestri di una comicità contestuale, dialogica, fondata su giochi di parole, freddure e molta prosopopea (tra cui qui spicca un pene che chiede a gran voce di essere masturbato). A quelle differenze si aggiunge il fatto, non così banale (non capita ad esempio con Jimmy Carr), che Russell basi molto dei suoi spettacoli sulla presa in giro dell’essere britannici. Tecnicamente parlando, non è quello il filo conduttore degli speciali; eppure il comico torna sempre lì. Come sarebbe uno zoo inglese se gli xenofobi vincessero definitivamente e non ci fossero davvero più influenze straniere nel paese? «Ammirate, ecco a voi un riccio».

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Russell Howard

Questo succede un po’ perché ognuno parla di quello che sa, e un po’ perché Howard è uno di quei comici che, per indole e strategia, tendono a voler mettere a proprio agio il pubblico, non cercando attivamente di farsi odiare o disprezzare o farsi oggetto dell’indignazione dello spettatore per creare quella tensione palpabile che, se gestita bene, porta alla risata. Per esempio racconta di quando lui e il fratello, da piccoli, si coprivano l’ano con del nastro adesivo per vedere se riuscivano a scoreggiare dalla bocca. Letteralmente disgustoso. Ma inquadrato in una premessa fanciullesca e idilliaca; che, unita al modo in cui Howard recapita la battuta, toglie ogni sporcizia dal senso letterale della stessa, e con essa la possibilità di indignarsi per la volgarità. Allo stesso modo quando si immagina Instagram traslato nella vita reale: «Dave, passami la melanzana che voglio agitarla davanti a una ragazza in bikini che non conosco».

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Russell Howard

Il vero filo conduttore dello spettacolo sono i ricordi, le memorie. Una sorta di nostalgia non violenta, che si armonizza bene con quanto detto sinora sulla natura accomodante (nei modi, più che nei contenuti) della comicità di Howard. Non una fuga dal presente, ma l’osservazione di ciò che funzionava un tempo, che c’è ancora oggi, ma che sta venendo sommerso da tante altre cose. Il lubrificante del titolo dello speciale più recente, per esempio, è la risata. La risata che oggi viene un po’ inibita e si è fatta meno spensierata perché siamo collettivamente troppo impegnati a indignarci per una battuta invece che per altre cose più urgenti. Quando invece le battute sono solo il veicolo della risata, che a sua volta è una risposta naturale dell’essere umano per rendere la vita vivibile. E la risata genera ricordi, e il ricordo garantisce l’unica forma di immortalità a cui possiamo ambire. Non male, quando uno spettacolo comico riesce a virare in maniera così naturale e organica su riflessioni ed emozioni di questo tipo.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.