Ormai ce l’hanno raccontato in molte salse diverse, e dovremmo aver imparato che i meme non sono (solo) immagini buffe e/o stupide e/o criptiche-incomprensibili che girano in rete, ma sono un’importante faccenda culturale e finanche scientifica – per riassumere: nel 1976 il biologo ed etologo inglese Richard Dawkins pubblica il saggio Il gene egoista in cui postula il concetto di meme per indicare «l’unità di trasmissione culturale – ovvero l’equivalente culturale di un gene», e vent’anni dopo (a metà anni ‘90) l’internet se n’è appropriato a modo suo.

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Richard Dawkins - Il gene egoista

Fino a oggi, e grazie a un utilizzo sfrenato, il meme si è evoluto in maniera incredibile, diventando un linguaggio a sé – ho personalmente assistito a più di una conversazione online fatta solo di scambi di meme – che sa essere allo stesso tempo inclusivo ed esclusivo; ma assumendo anche le forme di contenuto informativo, di piattaforma creativa e, molto più interessante per noi, di strumento comico. Ne consegue direttamente che, per parlarne come si deve, siano necessari un certo rigore scientifico e, soprattutto, LA SERIETÀ (con tutta la gravitas del maiuscolo) richiesta dal suddetto approccio. Per questo motivo abbiamo deciso di interpellare una persona che non solo è fra i maggiori esperti italiani sull’argomento, non solo in questo momento è in vacanza ed è quindi stato disturbato, ma è anche un grande collezionista e persino un creatore di meme.

Andrea H. Sesta, colonna portante della redazione di Lercio, è anche socio fondatore e CEO di giovedimeme, un format su Instagram che ogni giovedì (diversamente sarebbe stato molto strano) raccoglie i 10 meme più divertenti della settimana. Lo spirito è quello di far ridere la gente sfruttando e manipolando l’istantaneità della gestalt dei meme – contesto, preparazione e punchline della battuta sono nello stesso spazio visivo, al massimo separati da pannelli che vanno comunque a organizzare un’immagine unica.

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Memeland

Quando è bella per davvero, ovvero nell’accezione più virtuosa – una cosa bella e sottovalutata di internet è che, con il giusto sforzo, si può riuscire a filtrare la maggior parte dei contenuti e arrivare al palinsesto desiderato – la comicità via meme, però, ha anche una cifra di tenerezza che in qualsiasi altra forma di comicità (specialmente nello stand up) non ha troppa cittadinanza. E come diceva sempre mio nonno, se riesci a essere buffo e tenero mantenendo compostezza e dignità, un sacco di ragazzə accetteranno di fare all’amore con te. Non c’è mai stata motivazione migliore per intraprendere una carriera.

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Meme tenero

Il fascino dei meme che fanno ridere è discreto e stratificato. Una battuta-meme, innanzitutto e come già in parte detto, è sempre multimediale e ha la caratteristica di dover essere ricomposta da chi la legge. A voler essere pignoli, è un concetto che vale per ogni battuta: il comico fornisce premessa e punchline, lo spettatore le mette insieme e dalla frizione nasce la risata. Il meme ha la stessa dinamica, che viene però attuata senza che il legame fra gli elementi della battuta venga esplicitato da connettori linguistici. Mi trovo davanti a una o più immagini accompagnate da alcune scritte: dove devo guardare per l’introduzione alla battuta? È l’immagine stessa? O sta nel testo? A volte capita che chi riceve un meme lo “risolva” esattamente come si fa per un rompicapo; più spesso, però, per interpretarlo ci si basa su un contesto comune di convenzioni, archetipi e strutture, che si stabiliscono e rimangono nel linguaggio dei meme in base al successo e alla diffusione degli stessi. Perdiana. Esiste un’enciclopedia dei meme, per riuscire a stare dietro a tutto questo vissuto condiviso. Ve l’avevo detto che era una cosa seria e scientifica. Per questo, ribadiamo, abbiamo deciso di interpellare un cultore della materia. Abbiamo scritto ad Andrea H. Sesta per chiedergli il suo parere sul rapporto fra la comicità e i meme. Lui ha risposto, testualmente:

«Ma certo. Te lo mando scritto o... potrei mandarti un vocale...

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Così»

E questo è tutto quello che so sui meme.

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Ma ferma un attimo le rotative però. Era una mezza burla, e il nostro esperto ci ha dato anche una risposta tecnica:

«Allora, perché i meme fanno ridere: immagina di essere uno zoologo che scopre animali. Scopri questo nuovo animale che vola e allora, siccome è il tuo mestiere, cominci a osservarlo; ma dopo una settimana non vola più: sta strisciando, e la cosa chiaramente ti stupisce. Ma dopo un po’ te ne dimentichi anche e torni a farti i fatti tuoi. Solo che dopo un mese torni a trovarlo e ti rendi conto non solo che vola E striscia, ma anche che scava le buche sotto terra. I meme sono come quell’animale sorprendente: ti abitui a vedere un’immagine con un significato, e più la guardi e più ti sembra che abbia anche un altro significato. A un certo punto, poi, smette anche di fare quelle due cose lì che hai notato, e comincia ad avere il significato opposto che aveva all’inizio. I meme sono così, sono queste immagini che quando inizi a conoscerle sai che volano o strisciano; ma se le vedi per la prima volta devi prima imparare a osservarle. Alcune ti fanno molto ridere fin da subito, altre sono esilaranti quando vengono rispolverate dai boomer per motivi sbagliati. I meme, come caratteristica fondamentale, hanno quella di stupire. E la risata più bella è quella che capita quando ci colgono di sorpresa perché ci aspettavamo una cosa e ne fanno un’altra.».

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.