Non sono parole mie. È il titolo scelto da mamma RaiPlay per archiviare online l’intervento a Sanremo del monologhista palermitano ex Iene e dargli quel tocco aggettivato d’autore che è un po’ necessario, in effetti, a spiegarne la presenza in un contesto in cui ha stonato parecchio. Io, per quanto mi riguarda, avrei detto: Angelo Duro, un Alessandro Siani a cui hanno ripetutamente rigato la macchina. O al massimo Angelo Duro, farraginoso e immaturo.

Che poi Angelo Duro non è nemmeno l’ultimo arrivato. Ha cominciato in tv nel 2009 per l’appunto con Le Iene, come inviato ma anche come protagonista dei suoi sketch. Nella serie che gli ha dato maggiore visibilità, I sogni di Angelo, mangiava pesante la sera e poi sognava di andare in giro per strada nei panni di una maschera bidimensionale (“il rissoso”, “il delinquente”, “il personaggio famoso”) per fare scherzi alla gente, per trattarla da bullo, infastidirla o comunque cercare una reazione. Per fare, insomma, tutto quello che gli pareva, senza il problema di far intervenire quei filtri che di solito consentono la convivenza civile. La gente immagino abbia ammirato la faccia tosta di un ragazzo pronto a prendersi le pizze in faccia pur di intrattenere gli spettatori; ma anche il vertiginoso senso di libertà che trasmette qualcuno che se ne sbatte di tutte quelle formalità che fanno venire il nervoso a tanti.

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Angelo Duro - Perché mi stai guardando?

Perché non dovrei dire a quel tizio al parco di rimettersi la camicia, che mi fa schifo vederlo a petto nudo? Perché non dovrei fregare quel caio che è meno furbo rispetto a me? Perché non dovrei insultare quel sempronio che è più stupido di me? Dopo l’esperienza con Le Iene, Duro si è costruito (da solo e senza tramiti) una brillante carriera da monologhista teatrale, a metà tra la filippica ai fedeli e la comicità stand-up. Il suo primo spettacolo, Perché mi stai guardando?, è stato anche trasmesso da Mediaset nel 2020, dopo due anni di teatri esauriti. In concomitanza è aumentato anche il suo seguito sui social. Specialmente in periodo di pandemia quando, come forma di protesta per le limitazioni imposte agli spettacoli dal vivo, ha cominciato a esibirsi in supermercati, autobus di linea e chiese, riprendendosi, caricando tutto online e guadagnandosi anche una denuncia e una convocazione a Roma nell’ufficio di un sottosegretario al salcacchio cosa.

Il tutto ha contribuito a formare una solida base di fedelissimi, ideologicamente schierati dalla parte delle sue posizioni e del suo modo di porsi, più che da quella della sua comicità. E questo nonostante Duro si vanti molto spesso del fatto che a lui non gliene freghi un cazzo delle visualizzazioni, di chi lo segue e dei biglietti venduti. E non per fare sempre il solito paragone di merda – d’altra parte non è nemmeno colpa mia se noi italiani siamo fatti così –, ma l’ultimo che è diventato celebre al grido di “Me ne frego!” è lo stesso che ha fatto talune cose spiacevoli nell’Abissinia. Questo non per insinuare che Duro sia come Mussolini – orsù. Per punizione, Tokyo Night per tutti – ma per dire che ci piace, a noialtri, seguire fedelmente e abbastanza ciecamente una figura carismatica qualunquista, arrogante e cinica. La figura dell’uomo menefreghista che ostenta forza dimostrando disprezzo e trattandoci male. È un nostro personale feticcio come popolo, immagino. Si veda anche l’imperituro esempio radiofonico della Zanzara. E Duro – uno che ogni tanto fai fatica a capire se ci fa o ci è, ma probabilmente a salire sul palco è un giusto mix, la versione potenziata di una persona reale – cavalca l’onda con il savoir faire di uno a cui effettivamente non frega un cazzo, ma che cela anche malamente la soddisfazione di avere uno stuolo di lealisti, di essere riuscito a riempire decine di teatri quasi solamente grazie al passaparola e all’attività social e di essere infine sbarcato a Sanremo. Tutto da solo.

Parlo di soddisfazione perché il gusto di Duro sembra quello di voler essere scandaloso a tutti i costi, di voler indignare per la gioia sadica di indignare. Per poi trovarsi in mezzo ad ali di entusiasti sodali che ne esaltano la scorrettezza, la capacità di dire tutto quello che gli altri non hanno il coraggio di dire, di predicare il vero oltretutto facendo ridere. Semina menefreghismo e raccoglie proseliti: cosa ci può essere di più soddisfacente nella vita? Più dà dei rincoglioniti a quelli che lo seguono e più loro lo idolatrano. Ma quali sono queste verità del comico siciliano? Essere incazzato e aggressivo, innanzitutto. Insultare Amadeus per averlo fatto salire sul palco così tardi. Cretino cretino cretino. Pausa per le risate. Ricordare al pubblico che fanno tutti schifo, tutti tranne lui. Pausa per gli applausi. Chiamare la versione della sua compagna che viene raccontata nei suoi monologhi come “Questa con la quale sto”, “Questa qui”, “La femmina con cui mi vedo”. Pausa per risate e applausi, perché finalmente qualcuno prende il coraggio a due mani e decide di non mandargliele più a dire le cose a queste femmine che da secoli vivono nel privilegio eppure si lamentano.

Le altre verità di Duro sono quelle scomode. Come il matrimonio dei suoi nonni, che è durato 63 anni e non è andato a puttane perché era suo nonno che andava a puttane. Puttane puttane puttane, moltiplicare per tre. Pausa per le risate. Le sue verità stanno nel ribaltare con rabbia gli stereotipi del rapporto uomo donna. Racconta che è lui, l’uomo, a tirarsela, a farla aspettare per un appuntamento (perché deve truccare... il motorino), a rifiutare il sesso perché ha le sue cose, a pretendere i fiori altrimenti fa una scenata – “Non mi stai più sul cazzo” - pausa scenica - “mi stai sui coglioni”. Pausa per le risate. Nel ribaltare con rabbia anche gli stereotipi del rapporto genitori figli, il tutto sempre da un punto di vista totalmente e orgogliosamente egocentrico. Ma gli stereotipi razziali e sugli omosessuali, invece, quelli sono ben al sicuro e rimangono dritti. I rumeni sono sempre i migliori a entrarti in casa, sarà che hanno sempre vissuto in baracche; mentre i filippini sono i migliori a pulire, ma magari ce ne sono anche che fanno i ladri e poi lasciano le cassaforti perfettamente pulite e senza impronte. Questo forse succede perché Duro ha la sensazione che ci siano già tante altre persone che parlano di queste faccende – etniche e di preferenze sessuali – cercando di ribaltare gli archetipi. Dunque non si tratta di raccontare “le verità scomode”. Si tratta di essere bastian contrari a ogni costo per suscitare una reazione, qualsiasi reazione. Si tratta di essere volgari per il gusto di esserlo, per cercare di provocare indignazione e scandalo. Fumo senza l’arrosto. Gran casino senza la sostanza. Ed è inutile tirare fuori Bill Burr per giustificare certi atti. Bill Burr è il principe di questa generazione di comici incazzati, ha espresso una serie di opinioni controverse – però mai irrispettose e mai dall’alto verso il basso – ma è anche, tecnicamente, un maestro della sua arte.

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Angelo Duro

La comicità di Duro è, invece, drammaticamente mono-tono, senza modulazioni né cambi di passo. È un martellamento di sentenze arrabbiate e alle volte puerili – “Ora dico una cosa che fa scandalo. Odio i bianchi, volevo nascere nero. Non è vero, non esageriamo” – in cui il comico (inteso come cifra) entra quasi come elemento accessorio. È altro che fa ridere negli spettacoli di Duro. È la leggerezza di potersi non sentire delle merdine mentre realizziamo che anche noi la pensiamo così su quell’argomento e non siamo soli, abbiamo tutto un pubblico che la vede nello stesso modo e sopratutto abbiamo il protagonista sul palco che ci giustifica. Altrimenti non si spiega come mai una delle punchline sia, letteralmente, “gli animali sono stupidi”.

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Angelo Duro

E prometto che non sto decontestualizzando, né lasciando da parte qualche particolare sorpresa nella preparazione. Duro parla del fatto che odia gli animalisti perché ce l’hanno con le persone e difendono gli animali. Li odia perché “gli animali sono stupidi”. Pausa per la risata. “Hai mai visto un cane guidare la macchina? No, casomai una persona guidare da cane, ma non un cane guidare in persona”. Pausa per la risata. Però non fa ridere. E se fa ridere, fa ridere per il modo in cui viene raccontata. Che è piatto e incazzato. Dunque ci fa ridere qualcuno che è incazzato con gli animali perché sono stupidi, probabilmente perché lo siamo anche noi – stupidi e incazzati con gli animali perché sono stupidi. Duro, in realtà, mi sembra tanto una persona brillante e svelta di mente che ha frainteso la malinconia e il fatalismo degli Scarabocchi di Maicol&Mirco, infondendoli di una violenza che non esiste nello spirito laconico delle loro vignette. Mi sembra una persona che avrebbe bisogno o di un lungo abbraccio o di tanta indifferenza, soprattutto da parte di quelli che non la pensano come lui o ne fanno una sciocca questione di moralismo. Farsi indignare o scandalizzare dalle sue intemerate mi pare il modo giusto per fomentarlo. Scardinare il suo meccanismo comico e spingerlo a diventare un performer meno macchiettistico, invece, mi pare una soluzione più simpatica.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.