Da una delle novelle di Se scorre il sangue, il ritorno di Mike Flanagan al cinema (dopo il contratto con Netflix chiuso con La caduta della casa degli Usher) e a Stephen King (dopo Il gioco di Gerald e Doctor Sleep e prima della serie Prime Video tratta da Carrie). La prima cosa da sapere di questo The Life of Chuck, è che è meglio non avere letto nulla (nemmeno il racconto), prima di vederlo. Stateci. Al limite ci ritroviamo qui dopo. L’adattamento è fedele, anche nella struttura. Il film che lo accoglie è a basso budget, ridotto ad attori e location da teatro di posa, da teatro del mondo: un cinema pulito. Limpido. Come uno Spielberg minore. Si comincia dalla Fine, dall’atto III: il mondo finisce non con uno schianto, ma con un piagnisteo, la premessa è l’interrompersi improvviso di internet, con tutto il suo consumo d’energia sentimentale, con tutto il suo rumore di fondo. Quello che resta sono uomini e donne soli, depressi, molti suicidi, tanti incapaci di confrontarsi con il termine di tutto, pochi ostinati nell’attraversare quelle macerie con il solito - gradualmente impossibile - tran tran. E con la voglia di arrivare, finalmente, comunque troppo tardi, al cuore delle cose, al centro esatto dei sentimenti, a quello che conta sul serio.

Ma in tutto questa mesta, eppure dolce conclusione, c’è un dato sconcertante, un paradosso in extremis, l’assurdo che riemerge alla Fine. Un nome e un volto ricorrenti, insistenti, incomprensibili: quelli di un tale, di un Chuck come tanti (Tom Hiddleston), impiegato e stereotipo, sconosciuto a tutti. Impomatato e sorridente in spot old style trasmessi ovunque, celebrato e omaggiato alla radio e in tv, anche quando i media si fermano e smettono di comunicare. Tutto, ma non lui: un tormentone inquietante, un i inspiegabile. Grazie, Chuck. Ma per cosa? L’atto II e l’atto I, il principio di tutto, risponderanno, reinquadrando questo primo piccolo, tenero, rassegnato capitolo catastrofico, in una storia ulteriore, inaspettata, laterale.

Quello che segue, è una jam session per colletto bianco ballerino e batteria, uno scorcio di musical, una sorprendente parentesi di energia a rompere l’incedere quotidiano. E poi, infine, un coming of age di provincia, con il gotico ad aleggiare e un finale che non può non ricordare - umile, diretto, capace di cogliere il senso ultimo del suo pensiero - 2001: Odissea nello spazio. Minuto e bellissimo, il film nulla ha a che vedere con il mainstream hollywoodiano di oggi. Il suo passo à rebours serve a trovare un principio, a mettere ordine, a trovare un senso tra le immagini, i fantasmi confusi, le tracce abbandonate, i desideri inespressi e proiettati nel mondo da un uomo. Perché non importa chi sono, i protagonisti di quel primo atto: conta solo quello che provano, le tensioni che li legano, i sentimenti che raccolgono mentre tutto, lo sappiamo, lo sapevamo, sta per finire. Un greatest hits emotivo. Che è quello che resta, quello che conta sul serio, quello per cui valeva la pena. Nitido, umanista: uno dei migliori film di quest’anno.
Il film
The Life of Chuck
Drammatico - USA 2024 - durata 125’
Titolo originale: The Life of Chuck
Regia: Mike Flanagan
Con Tom Hiddleston, Mark Hamill, Karen Gillan, Samantha Sloyan, David Dastmalchian, Matthew Lillard
Al cinema: Uscita in Italia il 18/09/2025
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