Novembre 2006, fase finale della seconda battaglia di Ramadi, Iraq. Una pattuglia di Navy SEAL, i corpi speciali della marina militare Usa, requisisce una casa, chiude in una stanza la famiglia che vi abita e assume una posizione di controllo per supportare con i cecchini una vasta operazione esterna dei marine. Qualcosa va meno bene del previsto e i SEAL vengono accerchiati, assediati, bombardati, costretti a uscire allo scoperto fino all’evacuazione difficile in mezzo al tiro incrociato e con il rischio del fuoco amico. Tra i più giovani del gruppo Ray Mendoza, in seguito consulente militare di Alex Garland durante la lavorazione di Civil War (2024), qui interpretato dall’attore canadese D’Pharaoh Woon-A-Tai. Entrambi i Mendoza sono di origine nativa americana: yaqui il vero Ray e oji-cree, primo popolo della gloriosa nazione dell’Ontario-Manitoba, l’interprete D’Pharaoh. Mi piace pensare che non sia una coincidenza.

Warfare (“tattiche/tecniche di guerra”) si basa sui ricordi di chi ha partecipato all’operazione. Comincia con una sequenza da spogliatoio con i giovani soldati che si esaltano, fucili eretti, guardando il video di Call on Me di Eric Prydz con scatenate sexy girl che ballano tra aerobica e lapdance. «Ogni Navy SEAL impiegato nell’industria cinematografica ha cercato di inserire questa canzone nel proprio film» spiega Mendoza a “GQ”, «guardare il video prima di una missione era quasi un rituale, ma io ci tenevo perché gli spettatori capissero che non eravamo altro che ragazzi». Il miglior incipit dell’anno dura pochi minuti, uno stacco di montaggio brutale interrompe l’incanto e precipita lo sguardo sul totale di una buia strada di Ramadi, la musica sostituita da spari in lontananza. Comincia una tessitura di punti di vista che ricollega Warfare a Civil War. Se nel film del 2024 erano mediati dagli obiettivi telescopici dei fotoreporter e quindi, per statuto, cercavano di essere neutrali rispetto a uno scenario di guerra civile senza buoni e cattivi evidenti, qui si passa, almeno nella prima parte “domestica”, ai mirini dei fucili e alla non neutralità della visione.

Se non si capisce che Warfare e Civil War sono film sulla percezione della realtà del conflitto, che può essere ambigua, parziale, fuori fuoco come la visuale di Mendoza quando riapre gli occhi dopo la terribile esplosione (una intuizione di regia fenomenale), e in fondo per questo inaccessibile al cinema, non si va da nessuna parte e si sprofonda nell’equivoco del war movie machista, militarista, roba dall’assedio di Fort Alamo in poi vista e sentita mille volte. Letture superficiali che per fortuna Mendoza e Garland non temono, scegliendo una modalità di racconto bellico senza epica e senza retorica. Il film si apre su ragazze stereotipate che si muovono ammiccanti e va a chiudersi sull’unica altra donna del film, della famiglia irachena reclusa in casa propria, che dopo la distruzione ripete cinque volte una sola parola di tre lettere, alla quale non c’è risposta. «Why ?».
Il film
Warfare - Tempo di guerra
Guerra - USA, Regno Unito 2025 - durata 95’
Titolo originale: Warfare
Regia: Alex Garland, Ray Mendoza
Con Joseph Quinn, Kit Connor, Will Poulter, Cosmo Jarvis, Noah Centineo, Michael Gandolfini
Al cinema: Uscita in Italia il 21/08/2025
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