Negli speciali di stand-up comedy capita di rado di avere un assaggio dell’apertura dello spettacolo, quei 5-10 minuti che precedono l’arrivo del nome in cartellone e che vengono riempiti da un altro comico o da un’altra comica, fisioterapisti del buonumore che fanno fare stretching e riscaldano la risata del pubblico. Ci sono passati in tanti, è uno scalino della gavetta, ce n’è di geniali, ce n’è di terribili, bla bla bla: il vero discorso è che il secondo speciale comico di Ramy Youssef (sempre distribuito da HBO) dimostra di essere una faccenda a sé volendo già dal titolo – More Feelings, che richiamano i Feelings del suo speciale d’esordio – ma sicuramente fin dall’incipit in cui il compito di introdurre il comico per cui tutti ci siamo sintonizzati spetta al socio, collega (sul palco e sul set di Ramy) e migliore amico di Youssef, Steve Way.

Che per stendere il tappeto rosso all’amico fraterno Ramy, dice “Mi avevano detto che sarei morto a 18 anni, invece ne ho 33 e sto alla grande. Faccio il lavoro che amo, faccio ridere la gente. Ogni giorno è una benedizione. E in realtà mi piacerebbe essere morto. Il mondo va a fuoco, perché mai restare in un posto del genere? Perché non posso fisicamente togliermi la vita a causa della mia disabilità. E quelle fighette dei miei amici – Ramy – non vogliono farlo al posto mio”. Benvenuti a More Feelings un’emissione dell’interweb che in un mondo ideale sarebbe la cura per ogni tipo di razzismo e abilismo.

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Ramy Youssef: More Feelings

Vabbè. Più o meno. Ramy Youssef – che se non lo conoscevate prima perché guardate serie brutte invece di recuperare Ramy, lo conoscete per forza ora perché è stato il giovane e innamorato Max in Povere creature! – torna a registrare uno spettacolo di stand-up dopo cinque anni e dopo aver dimostrato in lungo e in largo (da attore, produttore, sceneggiatore e regista) di saperci davvero fare, e di certo non ha velleità di risolvere il conflitto israelo-palestinese, né sul serio né scherzando. Youssef non fa niente di rivoluzionario, ma lo fa nel senso migliore; ovvero prosegue nell’essere se stesso e nell’essere autore che quasi quasi si meriterebbe la maiuscola, continuando a raccontare le osservazioni di un musulmano statunitense di trentatré anni che è cresciuto in un paese (e vive in un mondo) in cui molte persone sono spaventate dall’Islam, per ignoranza o per malafede che sia. È la geopolitica internazionale a essersi impegnata parecchio per rendere More Feelings uno spettacolo clamorosamente topico, in un periodo in cui (oltre a tutto il numerosissimo malevolo resto) i pregiudizi sui musulmani stanno raggiungendo quota 11 settembre e Crociate. “Alle donne va malissimo, specie quelle con l’hijab che sono costrette a rispondere a tutte le domande più assurde. Noi uomini possiamo sempre far finta di essere dominicani. Hamas? No, no, no, no más. No, no más.”

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Ramy Youssef: More Feelings

Youssef parla di come siano la politica e l’informazione teleguidata a incanalare i sentimenti delle masse e a creare divisioni, a pretendere che le persone scelgano uno schieramento. La campagna presidenziale di Biden nel 2020 l’ha fatto chiamare dall’impiegato Muhammad per convincerlo a sostenere il candidato con l’elettorato arabo-americano del Michigan, poi Youssef fa notare come Biden abbia sempre avuto una certa aura da supplente, quello che entra in classe e il bullo in ultimo banco urla “Gay!”, che all’epoca non voleva dire “omosessuale” voleva dire solo “gay” senza significato ulteriore, a proposito: se c’è una cosa che odia in questo periodo è come stiano cercando di mettere persone gay e persone musulmane le une contro le altre. Sicuramente non ci sarà pace fra israeliani e palestinesi dopo More Feelings, ma tutti potrebbero concordare – potenzialmente, se molti non avessero 816 miliardi di priorità a cui badare prima di farsi un VPN per guardare HBO – sul fatto che sia uno speciale comico ricco di una quantità di collegamenti e spunti che per tanti altri comici sarebbero bastati per uno spettacolo intero, mentre per Youssef è mezzo bit.

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Ramy Youssef: More Feelings

Seguito da inquadrature peculiari che alternano primi piani di profilo, primi piani scentrati con la testa tagliata, figure intere, zoom all’indietro e altri quadri e tagli solitamente estranei alla regia degli speciali di stand-up, Youssef pencola tra momenti di flusso di coscienza a bit dalla struttura più canonica, a episodio. Il racconto di quando il padre lo ha scoperto a imbrogliare in un compito in classe al liceo, per dire, potrebbe benissimo essere una scena pronta per la quarta stagione (e ultima) stagione di Ramy. Sembra una tautologia fine a se stessa – grazie tante, quella serie e questo speciale li ha scritti, diretti e interpretati la stessa persona che ci ha messo anche il suo nome su entrambe giusto per non dare adito ad alcun dubbio – ma aiuta anche a comprendere l’abilità di Youssef nel manipolare e modulare il proprio modo di esprimersi e il proprio punto di osservazione a seconda del linguaggio che utilizza, senza perdere un’oncia della personalità e della sottigliezza che lo rendono così efficace.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.