Cominciamo dall’inizio, l’inizio di Titane. Non quello che si vede (un’automobile in viaggio, una bambina un po’ molesta sul sedile posteriore, un uomo, presumibilmente il padre, insofferente alla guida) ma quello che si sente. Una musica che non sembra appartenere a quella scena e a quel cinema. Irrompe un banjo. Sono le note di un brano tradizionale bluegrass, Wayfaring Stranger, rivisitato da David Eugene Edwards, leader della band alternative country 16 Horsepower. In inglese gli “horsepower” sono anche i cavalli vapore delle macchine, ma c’è di più: Julia Ducournau, autrice di Titane, è appassionata di country e bluegrass, tra i suoi scrittori preferiti c’è Harry Crews (ricordate Lupo solitario di Sean Penn? Era il vecchio che ringhia davanti a David Morse nella stazione di polizia cantando a denti stretti John Henry di Pete Seeger) del quale vorrebbe portare sullo schermo il romanzo Lucidi corpi.
Classe 1983, parigina, diplomata a La Fémis (la principale scuola pubblica di cinema e audiovisivo francese), un cortometraggio (Junior, 2011) e un lungo (Raw - Una crudele verità, 2016) alle spalle, oltre a due puntate della serie Servant ingaggiata dal produttore M. Night Shyamalan entusiasta di Raw. E adesso Titane, uscito il 30 settembre 2021 nelle sale italiane, Palma d’oro al Festival di Cannes 2021, la seconda in assoluto a una donna dopo Jane Campion nel 1993 per Lezioni di piano. La passione musicale che non ti aspetti in una ragazza cresciuta a Parigi, forse colonna sonora di altre folgorazioni sorprendenti. A sei anni resta sconvolta dalla locandina di Non aprite quella porta, ma invece di esorcizzare il demone che l’immagine evoca cerca in tutti i modi di vedere il film.
Eppure a Titane arriva non attraverso Tobe Hooper (o David Cronenberg, poi ci torniamo) ma partendo da Goethe, altro détour inatteso per chi (date le premesse) potevamo immaginare fissa alla fiera dei serpenti di Crews e dei suoi amici white trash. Eppure è così, la scintilla della storia di Titane, scritta all’inizio del 2019 e girata nell’autunno di quell’anno, subito prima dell’epidemia, è Le affinità elettive. Due coppie “sbagliate” e un contesto sociale che si è dato regole artificiose per comprimere e reprimere passioni e sentimenti. Famiglia biologica contro famiglia elettiva, contrasto che già serpeggia in Raw - Una cruda verità ma che in Titane diventa centrale.
Eppure è così, la scintilla della storia di Titane, scritta all’inizio del 2019 e girata nell’autunno di quell’anno, subito prima dell’epidemia, è Le affinità elettive.
La protagonista Alexia (Agathe Rousselle) dopo un massacro si dà alla macchia e si trasforma nel figlio scomparso del capitano dei pompieri (Vincent Lindon), lui la/lo riconosce e se la/lo porta a casa, anzi in caserma, dove Alexia, nel frattempo diventato Adrien, si confronta con i colleghi dell’uomo/padre e in particolare con i cadetti. Ci sarà una terza mutazione perché Alexia è incinta, spettatrici e spettatori sanno dal principio quanto sulla gravidanza abbia significato la sua attrazione erotica (ricambiata) per le macchine, in particolare una Cadillac.
Titane: la mutazione e il genere
«Amo l’idea che un film possa mutare all’improvviso, affinché lo spettatore non indovini mai il tema della storia. Titane perde progressivamente le sue pelli per avvicinarsi alla sua essenza. E questa essenza è l’amore senza condizioni, un amore talmente impossibile da diventare mitologico» (Julia Ducournau, “MadMovies”, n. 351). Titane è quindi il titanio che ad Alexia hanno impiantato nel cranio dopo l’incidente automobilistico ma è anche il titano del mito. Questo film così libero, sostiene la regista, poteva essere fatto solo in Francia.
Amo l’idea che un film possa mutare all’improvviso, affinché lo spettatore non indovini mai il tema della storia
Torniamo al 2016. Raw - Una cruda verità viene presentato alla Semaine de la critique di Cannes e fa subito il botto. Già sulla Croisette Ducournau è avvicinata da agenti di produzioni americane ma si rifiuta di sviluppare progetti per e con loro. Da una parte pensa di non essere ancora pronta per farsi fagocitare da Hollywood dove si rischia di essere (parole sue) «usa e getta», un tecnico al servizio di qualcun altro; dall’altra però sente che qualcosa si muove nel cinema di genere francese e vuole essere protagonista di questo barlume di nuova onda (nouvelle vague). Uno sguardo sui generi tutto, forse addirittura solo, femminile. Apripista Coralie Fargeat con Revenge (2017), poi arrivano Julia Ducournau e Audrey Diwan che trionfano la prima a Cannes e la seconda a Venezia con La scelta di Anne (2021).
Quando si permette alle donne di fare i film, ci sono buone possibilità che vincano i premi
Direte voi che il film vincitore del Leone d’oro non è di genere, anche se è diretto come se lo fosse (un horror, nella fattispecie), ma la storia dell’autrice dice pure altro. Diwan ha scritto con Cédric Jimenez BAC Nord, torbido e ribollente poliziesco marsigliese disponibile in Italia su Netflix, e in passato French Connection (2014), altro polar. Le due cineaste condividono inoltre la battaglia per la parità di accesso alle professioni tra uomini e donne, che in Francia ha vissuto momenti incandescenti. La polemica pretestuosa sulla coincidenza della doppia vittoria femminile è stata stoppata da Audrey Diwan con queste esatte parole: «Quando si permette alle donne di fare i film, ci sono buone possibilità che vincano i premi».
Cosa faranno adesso non si sa (Lucidi corpi per Julia è forse un sogno ma speriamo si avveri). Intanto Ducournau è passata attraverso la collaborazione con Shyamalan, nata in maniera particolare (non c’entrano per intenderci gli agenti delle produzioni americane a Cannes). Il regista di The Village vede Raw - Una cruda verità e resta colpito. Si incontrano a Parigi e lui le propone di entrare nel team di Servant. Lei accetta a patto di avere carta bianca sulla messa in scena, ovviamente nel rispetto della sceneggiatura. Finisce per dirigere i primi due episodi della seconda stagione, Doll e Spaceman.
Cronenberg, carne e metallo
Guardando Titane il riferimento a David Cronenberg e in particolare a Crash è spontaneo e scontato, benché premesse ed estetica del film francese siano totalmente differenti. Julia Ducournau non si sottrae al confronto, ha conosciuto il maestro canadese a Toronto e racconta il loro incontro in una intervista pubblicata sul numero estivo di “Sofilm”. Non parte da Crash però, ma da La mosca: «Insieme a Un mondo perfetto di Clint Eastwood e The Elephant Man di David Lynch è il film al mondo che mi fa piangere di più. La mosca è un film d’amore come m’immagino sia Titane, un amore impossibile e ostacolato. Mostra fino a che punto si sia capaci di amare e quando si è costretti a fare un passo indietro perché chi si ama è diventato qualcos’altro. Lo trovo di una bellezza sconvolgente [...]. Crash, invece: pensarci era quasi obbligatorio data la presenza delle macchine e il discorso sulla carne e il metallo. Ma nel tono e nei contenuti non credo sia un riferimento per Titane. Crash è un film più freddo. Sia ben chiaro: io lo adoro per come è, ma volevo fare qualcosa di diverso. È più cerebrale, mentre io avevo in mente un film più corporale e organico. Ma una cosa esattamente cronenberghiana c’è, ed è l’armatura di Alexia bambina all’inizio del film. Mi piacevano così tanto le protesi metalliche delle gambe di Rosanna Arquette...»
Titane è disponibile a noleggio sulla piattaforma IWONDERFULL al prezzo di 7,99 euro ma se siete interessati a vedere il film potete accedere usando questo link o cliccando su uno degli spazi promozionali riservati a Titane che vedrete nei prossimi giorni e potrete noleggiare la pellicola a 4,99 euro, una promozione esclusiva per i lettori di filmtv.it
Il film
Titane
Drammatico - Francia, Belgio 2021 - durata 108’
Titolo originale: Titane
Regia: Julia Ducournau
Con Agathe Rousselle, Vincent Lindon, Nathalie Boyer, Myriem Akheddiou, Dominique Frot, Théo Hellermann
Al cinema: Uscita in Italia il 30/09/2021
in streaming: su iWonder Full Amazon channel Rakuten TV Apple TV Google Play Movies Amazon Video
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