Ultimi minuti di Quarto potere, cioè Citizen Kane, il film di Orson Welles sulla vita del magnate della stampa americana Charles Foster Kane (in realtà, William Randolph Hearst). Nella dimora di Xanadu si fa l’inventario delle collezioni di Kane, migliaia di oggetti d’arte e di modernariato che secondo il giornalista Jerry Thompson valgono milioni di dollari. «Se non altro tutta questa roba l’ha portata in America», dice qualcuno. «Ma questo non buttava via niente», gli fa eco un altro. “Appropriazione” e “accumulo”, le due parole del Novecento (americano e non solo): il secolo degli archivi, della documentazione, della ripresa, della registrazione del reale. Il secolo del cinema e del giornalismo.

scena
Quarto potere (1941) scena

In un recente film tratto da Balzac, Illusioni perdute, in Concorso a Venezia 78, Xavier Giannoli, fedele traditore di La commedia umana, racconta la nascita del giornalismo nella Francia della restaurazione borbonica e la collega sorprendentemente alle pratiche del giornalismo digitale: profitto sopra ogni cosa, etica professionale sbandierata e subito dimenticata, fake news, raccolta di consensi, verità piegate al miglior offerente. Il Novecento dei giornalisti cani da guardia della democrazia, di «è la stampa, bellezza! E tu non ci puoi far niente!» (da L’ultima minaccia, Richard Brooks, 1952), è saltato a piè pari, e non solo per convenienza e populismo, ma perché oggi (nel giornalismo e non solo) appropriazione non implica accumulo, ma consumo e consunzione.

Benjamin Voisin
Illusioni perdute (2021) Benjamin Voisin

Una notizia arriva, passa e se ne va, archiviata in server pensati come immateriali e in realtà stipati in centri da qualche parte nell’Oregon o in Svezia (Microsoft ne ha un centinaio in tutto il mondo, ed entrarci non dev’essere affascinante come varcare la soglia di Xanadu). E dunque come lo racconti il giornalismo di oggi, immateriale come tutto il digitale, se non con un balzo indietro di due secoli? Chi mai tra 50 anni potrebbe fare quello che oggi ha fatto Wes Anderson con The French Dispatch, cioè un omaggio al “New Yorker” e al giornalismo americano in Europa tra gli anni 50 e i 70 pensato, costruito e girato come una rivista dell’epoca, fitto fitto, bianco e nero e a colori, con i racconti che corrispondono alle pagine della rivista?

Jeffrey Wright
The French Dispatch (2020) Jeffrey Wright

Tra qualche decennio, come potrebbe un ipotetico appassionato di social media e titoli clickbait mettere in scena l’omaggio a un mondo e a un modo di fare giornalismo magari perduti? Anderson è il primo - o forse l’ultimo - dei novecenteschi, un accumulatore di cimeli condannato ad appropriarsi di una cultura che ammira e alla quale non appartiene. The French Dispatch è il suo Zelig, un magazzino di stili, modelli, immagini, e non un semplice canto epico sui procedimenti della stampa (non The Post, insomma, che dei giornali anni 70 riprende la pratica concreta del lavoro, l’inchiostro, le rotative, le inchieste coi telefoni a gettone).

Meryl Streep, Tom Hanks
The Post (2017) Meryl Streep, Tom Hanks

Wes Anderson gira come un lettore, legge come un regista, fa del giornalismo un testimone della Storia, una fonte di storie di cui non si è potuti essere protagonisti. In un recente libro uscito in Italia per Sellerio, Mercanti di verità - La grande guerra dell’informazione, Jill Abramson, prima donna a dirigere il “New York Times”, raccoglie dati, storie e aneddoti per raccontare appunto la guerra dell’informazione contemporanea, con testate tradizionali da un lato (“New York Times” e “Washington Post”) e siti dall’altro (“Vice” e “BuzzFeed”) a contendersi un settore che nell’era Trump ha vissuto un’improvvisa impennata (di copie vendute, abbonati conquistati, inserzioni raccolte, visualizzazioni registrate) e ora, coi toni più pacati di Biden, è nuovamente in ritirata.

Stanley Tucci, Mark Ruffalo
Il caso Spotlight (2015) Stanley Tucci, Mark Ruffalo

«Da uno stato di saturazione siamo passati a uno di torpore», scrive Abramson citando una collega. Perché un conto è l’accumulo, un altro è la saturazione. Il cinema accumula, l’informazione satura. Nel finale di Il caso Spotlight, la forza dirompente dell’inchiesta sui preti pedofili nella diocesi di Boston è testimoniata dalle telefonate ricevute in redazione il giorno della pubblicazione dei primi articoli: il giornalismo cambia la realtà, genera un’azione, intasa i centralini. La saturazione delle notizie una sull’altra non porta a nulla, se non all’unica cosa con cui giornali e tv fanno ancora soldi: tenere la gente incollata agli schermi. Che non sono però gli schermi di un cinema, troppo larghi e ampi per contenere testi tarati sul tempo medio di visione/lettura di un lettore/spettatore da intrattenere.

Se molta informazione oggi corre alla velocità di un’immagine, The French Dispatch prova perciò a creare da una vecchia idea di giornalismo una nuova, possibile forma di film da leggere: «Memoria tipografica», la chiama nel film il personaggio interpretato da Jeffrey Wright, ispirato a James Baldwin e a A.J. Liebling. L’inattualità è del concetto, del contenitore e ovviamente dei contenuti; l’inattualità è del cinema e del giornalismo che il cinema ha glorificato; di quella frase che un decennio fa ancora si sentiva nella serie The Newsroom e che ora sembra pure lei modernariato da collezione: We don’t do good television, we do the news

Autore

Roberto Manassero

Roberto Manassero lavora come selezionatore al Torino Film Festival, è capo-redattore del sito www.cineforum.it e collaboratore delle riviste Film Tv e Doppiozero. Ha scritto un libro su P.T. Anderson, uno su Hitchcock e uno sul melodramma hollywoodiano. Tra i curatori del programma del Circolo dei lettori di Novara, tiene lezioni di cinema in scuole, musei e associazioni cultura.

Cinema e giornalismo

locandina The Front Page

The Front Page

Commedia - USA 1931 - durata 101’

Titolo originale: The Front Page

Regia: Lewis Milestone

Con Adolphe Menjou, Pat O'Brien, Mary Brian, Edward Everett Horton, Walter Catlett, George E. Stone

in streaming: su Chili Classix Plex

Prima versione per il cinema della pièce del 1928 di Ben Hecht e Charles MacArthur, la storia giornalistica più rifatta di sempre (reporter - maschio o femmina - che vuol dimettersi dal lavoro e direttore - maschio o femmina - che fa di tutto per tenerlo con sé). Dopo vennero le versioni di Hawks (1940), Wilder (1974) e Ted Kotcheff (1988).
locandina L'asso nella manica

L'asso nella manica

Drammatico - USA 1951 - durata 112’

Titolo originale: Ace in the Hole

Regia: Billy Wilder

Con Kirk Douglas, Jan Sterling, Robert Arthur, Porter Hall, Frank Cady, Richard Benedict

Difficile non tornare sul capolavoro di Billy Wilder e sul viscido giornalista Charles Tatum, reporter esiliato in provincia che costruisce un circo mediatico vergognoso sul caso di un minatore messicano intrappolato in un cunicolo. La morte finale di Tatum è il timbro di un grande moralista che aveva già capito tutto.
locandina Quando la città dorme

Quando la città dorme

Drammatico - USA 1956 - durata 100’

Titolo originale: While the City Sleeps

Regia: Fritz Lang

Con Dana Andrews, Rhonda Fleming, Sally Forest, Thomas Mitchell

Il nuovo proprietario del “New York Times” apre una gara fra il direttore del giornale, il capo reporter e un mezzobusto televisivo: chi scoprirà per primo l’identità dell’assassino del rossetto? Come Wilder, anche Lang ci era già arrivato: è la realtà che crea la notizia o la notizia che modifica la percezione della realtà?
locandina Le jene del quarto potere

Le jene del quarto potere

Drammatico - Francia 1959 - durata 84’

Titolo originale: Deux hommes dans Manhattan

Regia: Jean-Pierre Melville

Con Jean-Pierre Melville, Pierre Grasset, Jean Darcante, Jerry Mengo, Jean Lara

in streaming: su Amazon Video Raro Video Amazon Channel

Due francesi a New York, un giornalista e un fotoreporter, scoprono che un politico è morto nella casa di una donna. Uno vorrebbe farne lo scoop della vita, l’altro lo convince a buttare le foto che ha scattato. Piccolo, grande Melville in trasferta americana, con un noir che guarda ai modelli classici.
locandina Ricostruzione di un delitto

Ricostruzione di un delitto

Drammatico - Grecia 1970 - durata 110’

Titolo originale: Anaparastasi

Regia: Theo Anghelopoulos

Con Thula Stathopulu, Yannis Totsikas, Michalis Photopulos, Petros Choidas

Un caso d’omicidio in un paesino dell’entroterra greco, con una donna che ha ucciso il marito con l’aiuto dell’amante, viene raccontato attraverso le ricostruzioni della polizia e di una squadra di giornalisti. L’esordio alla regia di Theo Angelopoulos riprende il mito degli Atridi e frantuma la realtà con il montaggio. Ancestrale, modernissimo.
locandina Sbatti il mostro in prima pagina

Sbatti il mostro in prima pagina

Drammatico - Italia 1972 - durata 93’

Regia: Marco Bellocchio

Con Gian Maria Volonté, Fabio Garriba, Carla Tatò, Laura Betti

in streaming: su Apple TV Pluto TV

Il titolo ha fatto più scuola del film, diventando un modo di dire riferito alla stampa e alle sue regole spietate. Ma più che prendersela con la fame di notizie e i casi mediatici Bellocchio, negli anni della strategia della tensione, puntava il dito contro l’oscena alleanza fra destra e imprenditoria editoriale.
locandina Quinto potere

Quinto potere

Drammatico - USA 1976 - durata 120’

Titolo originale: Network

Regia: Sidney Lumet

Con Faye Dunaway, William Holden, Peter Finch, Robert Duvall

in streaming: su Apple TV Amazon Video Chili Amazon Prime Video

Se non per il tema - in un network televisivo un vecchio giornalista sull’orlo del licenziamento annuncia il giorno del suo suicidio e finisce per diventare «il primo uomo ucciso perché aveva un basso indice di ascolto» - oggi il capolavoro di Lumet lascia stupefatti per lo stile avvolgente e i movimenti di macchina esaltanti.
locandina The Wire

The Wire

Poliziesco - USA 2002 - durata 59’

Titolo originale: The Wire

Creato da: David Simon

Con Dominic West, Wendell Pierce, Dan De Luca, Edwina Findley, Deirdre Lovejoy, Sonja Sohn

in streaming: su Sky Go Microsoft Store

La serie di David Simon è talmente complessa e ampia che la si potrebbe prendere da mille punti di vista. La quinta stagione, per esempio, ha al suo centro la redazione del “Baltimore Sun” e il giornalista Scott Templeton, che pur di procurarsi notizie inventa storie di sana pianta, tenuto d’occhio dal direttore e coccolato dalla proprietà del giornale.
locandina Zodiac

Zodiac

Thriller - USA 2007 - durata 158’

Titolo originale: Zodiac

Regia: David Fincher

Con Jake Gyllenhaal, Mark Ruffalo, Robert Downey jr., Anthony Edwards, Brian Cox, Chloë Sevigny

Al cinema: Uscita in Italia il 18/05/2007

in TV: 24/04/2024 - Sky Cinema Due - Ore 12.10

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Se non è un film sul giornalismo contemporaneo, è un film contemporaneo sul giornalismo, all’inseguimento di una realtà impossibile da comprendere e di un caso - quello del “killer dello zodiaco” (San Francisco, anni 70) - impossibile da risolvere, al quale lavorano per anni un giornalista, un vignettista e un detective.
locandina Collective

Collective

Documentario - Romania, Lussemburgo 2019 - durata 109’

Titolo originale: Colectiv

Regia: Alexander Nanau

Al cinema: Uscita in Italia il 29/04/2021

in streaming: su Apple TV Amazon Video Rakuten TV Chili iWonder Full Amazon channel

Può un incendio in un locale notturno di Bucarest, che causò la morte di 64 persone, diventare il caso che scoperchia l’intrico di interessi e disinteressi della classe politica rumena? Unendo i pezzi di una realtà in frantumi, Nanau gira il film d’inchiesta giornalistica più importante degli ultimi anni.