Radu Jude non solo crede alla Storia, ma sa pure che essa è il risultato di un montaggio: non di una finzione ma di una (de)costruzione. Quella dell’incrociatore Potëmkin è un caso esemplare. Ejzenštejn ne ha fatto il simbolo delle sorti magnifiche e progressive del comunismo. Resta fuori campo il resto della storia, che meriterebbe un film a parte. E poi c’è Odessa, con la sua parte di Storia che oggi, di fronte alla guerra di aggressione di Putin nei confronti dell’Ucraina, riverbera di accenti nuovi. Nel giugno 1905, dopo il fallito ammutinamento dei marinai, la corazzata Potëmkin raggiunge Costanza. I circa 700 marinai chiedono asilo politico alla Romania. La capitaneria di porto non accetta la richiesta. I russi, per ritorsione, minacciano di radere al suolo Costanza. Di fronte a questa possibilità, che nega l’appello alla fratellanza universale contenuto nel film del maestro russo, Carlo I concede ai russi di sbarcare e così far parte della Romania.

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The Potemkinists (2022) scena

Jude, il regista più squisitamente critico in attività oggi, nel corto The Potemkinists (in esclusiva su MUBI) osserva il fuoricampo della Storia con disincanto e ironia. Non si erge sul piedistallo della verità assoluta, preferendo il fioretto dell’ironia: sa bene che quanti decidono non hanno problemi a essere ricordati come barbari. Al cinema, e agli storiografi non resta che fare i conti con il fuoricampo e la sua (eventuale) messa in scena. Anticipando la celebrazione per i 120 anni dell’accoglienza forzata dei marinai ammutinati in un regno avverso all’impero zarista e dei 100 di un film che ha definito il cinema stesso, Jude si diverte nell’osservare come i nodi della Storia restino tali, soprattutto se opposti ai simboli che li celebrano. Lo scultore Alexandru Dabija discetta con la funzionaria ministeriale Cristina Draghici sulla funzione e posizione del monumento che celebra l’incrociatore e i suoi marinai.

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The Potemkinists (2022) scena

Jude - alla stregua di tutti i grandi umoristi - sa che la Storia è una faccenda di data (come i tradimenti, secondo il celebre adagio di Talleyrand) e sardonicamente osserva le contraddizioni del passato che in mani poco accorte diventano le retoriche dell’oggi. E di fronte alla scultura, brutalista e monumentale, inevitabilmente, risuonano le esplosioni provocate dai droni iraniani di Putin e la minaccia degli insorti russi nei confronti di Costanza ritorna al futuro. Jude, però, nonostante rivendichi il diritto al “cattivo gusto” (della giustapposizione brutale, della conclusione a mo’ di invettiva umoristica...), è troppo accorto (scaltro) per cedere alla tentazione delle equazioni immediate, e si concede il piacere di osservare divisioni e moltiplicazioni il cui resto non è utilizzabile. D’altronde anche il suo cinema ha ceduto la ricerca dell’immagine manierista, alla frattalità di un pensiero sulle immagini che si dà per scarti e che non ambisce a nessuna composizione. L’immagine è e resta il prodotto di un conflitto; cambia la natura del conflitto ma non il senso della Storia. A noi resta da risolvere il problema di cosa fare con le immagini.

Autore

Giona A. Nazzaro

Direttore artistico del Festival del Film di Locarno. Programmatore Visions du Réel di Nyon (Svizzera). Autore di libri e saggi. Dischi, libri, gatti, i piaceri. Il resto, in divenire.

Il cortometraggio

The Potemkinists

Cortometraggio - Romania 2022 - durata 18’

Titolo originale: Potemkinistii

Regia: Radu Jude

Con Alexandru Dabija, Cristina Draghici

in streaming: su MUBI MUBI Amazon Channel