John (Tom Mercier) e May (Anaïs Demoustier) si riconoscono in un night club parigino: si erano incontrati una sola volta, dieci anni prima, adolescenti, quando lui le aveva confessato di vivere nell’attesa di un evento imprevedibile ed enorme, di sapere che «qualcosa lo attendeva, alle curve e agli incroci lungo il cammino dei mesi e degli anni, come una bestia feroce in agguato nella giungla», per usare le parole del racconto di Henry James da cui il film è tratto (e che ha ispirato anche La bête di Bertrand Bonello, in Concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2023).

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The Beast in the Jungle (2023) scena

Alla sensazione di John di essere destinato a un accadimento terribile corrisponde la convinzione con la quale May condivide quel presagio: a perseguitare il protagonista è lo spettro di una vita pienamente vissuta o, perché no, il panico omosessuale, ché il timore della bestia è esattamente ciò che impedisce all’uomo di accettare l’amore della donna. E Patric Chiha accentua questo carattere di storia di fantasmi interiorizzata alimentando l’intreccio di misteri ed elusioni, immergendolo in un’atmosfera onirica, affidandolo alla voce narrante della proprietaria del locale, una Béatrice Dalle che sembra decidere dei destini dei personaggi: intrappolati nella boîte parigina, sorta di teatro mentale, i due lasciano proliferare la loro ossessione in discorsi che sottintendono un sentimento a cui non riusciranno mai a dare voce.

Anaïs Demoustier, Tom Mercier
The Beast in the Jungle (2023) Anaïs Demoustier, Tom Mercier

Siamo in uno spazio narrativo dichiarato («è qui che accade tutto») dove il tempo si dilata in ralenti estatici, gli eventi storici mostrano tracce di sé (l’entusiasmo per l’elezione di Mitterrand, la pista quasi vuota negli anni dell’AIDS), le mode musicali si susseguono, i look degli avventori mutano: 25 anni di danza continua e ipnotica che non sfigurano mai i visi dei due protagonisti (Chiha: «La discoteca è lo spazio euforico del presente permanente, dell’eterna giovinezza»). Un po’ David Lynch per la disinvolta indefinitezza del narrato, un po’ Yann Gonzalez per la visionaria inventiva, certe languide ibridazioni di genere e il modo in cui si accentua attraverso lo stile il carattere quasi mitologico della storia, il film di Chiha guarda anche alle figure e alle forme del videoclip anni 80 per come coreografa ogni sequenza e inserisce il dialogo ostentatamente letterario in un flusso audiovisivo che sembra legittimarlo alla maniera di un lip sync (la recitazione quasi catatonica di Mercier in contrasto con quella intonata di Demoustier).

Anaïs Demoustier
The Beast in the Jungle (2023) Anaïs Demoustier

The Beast in the Jungle è un artificio affascinante - esaltato da certe stranianti scelte musicali (Wagner) - che scivola sulla superficie della rappresentazione, rendendo attraverso le immagini la sospensione di queste due esistenze consegnate a un’attesa insensata: così la fotografia, man mano che si profila la fatale e paradossale decodifica della catastrofe, progressivamente si illividisce, a desaturare la patina luccicante e ovattata del sogno. A rendere lucido e spietato, nella sua ineluttabilità, il beffardo verdetto della realtà.

Autore

Luca Pacilio

Posseduto dalla diabolica Torino, vicedirettore della rivista cinematografica online Gli Spietati, per Film TV cura la sua malattia (la videomusica) e (dunque) la rubrica Videostar, dedicata agli autori e ai protagonisti del video musicale contemporaneo. Amando perdere, e non seguendo il calcio, coltiva le enciclopedie fallimentari di Peter Greenaway.

Il film

locandina The Beast in the Jungle

The Beast in the Jungle

Drammatico - Francia, Belgio, Austria 2023 - durata 0’

Titolo originale: La bête dans la jungle

Regia: Patric Chiha

Con Anaïs Demoustier, Tom Mercier, Béatrice Dalle, Martin Vischer, Mara Taquin

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