Può davvero essere volgare una comica che usa la parola “cirripedi” in una sua battuta? Certo. Volgare non significa stupido, né ignorante. E se l’hai pensato senza volerlo è per due motivi: sovraesposizione a Pio e Amedeo; stress e azione cattolica che salvano fin da giovani dalla sana e consapevole libidine (aggiungerei coprolalica). Purtroppo alcuni di noi questo consiglio di vita, quantomeno inizialmente, lo hanno ricevuto così, ovvero al contrario. Ma c’è sempre tempo per darsi una sporcata come si deve nel fango dell’esistenza e imparare a godersi Steph Tolev, una mina di comica che bisogna stare attenti a cosa si mangia prima di vederla. Non per motivi nauseabondi, sia chiaro. Ma solo perché il suo primo speciale di stand-up, Filth Queen, fa pisciare dal ridere ed è uno dei rari monologhi in grado di ispirare della peristalsi empatica.

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Steph Tolev: Filth Queen

Tolev, ragazzona quarantenne di passaporto canadese ma di origini bulgare, si ribattezza la Regina delle zozzerie. Ma quanto zozze sono le zozzerie di Steph? Abbastanza da aprire lo spettacolo con un cold open in cui riceve uno schiaffo sul culo dal suo produttore e mentore, Bill Burr, talmente forte da farla volare incontrollabilmente in giro per Boston, dove finisce anche per prendere in bocca il wurstel di uno sconosciuto.

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Steph Tolev: Filth Queen

Quando arriva in teatro, invece, la prima battuta del monologo è sul delicato rapporto tra un certo abbigliamento femminile scomodo da togliere e la sindrome del colon irritabile. Diarrea, sesso, peli sotto i capezzoli e una quantità di “Fuck” al minuto che potrebbe rivaleggiare con il film di South Park: benvenuti nel mondo di Steph Tolev, una comica che si descrive da sola come sfacciata, sboccata, self-deprecating, sciocchina e sconsolatamente reale, dimostrando un grande capacità di auto-analisi.

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Steph Tolev: Filth Queen

Filth Queen vola alla velocità di una mosca che ha sentito da distante un cane fare i suoi bisogni. Plana su un’emorroide di nome Glen, paragona l’appetito dei bulgari a quello di procioni coprofagi, si prende gioco delle chat a cui Tolev prende parte sulle applicazioni di incontri, scappa da piselli odorosi come la spazzatura d’estate, non teme la gerontofilia e si concede anche un brainstorming tutto al femminile su come farsi al meglio una foto sexy alle pudenda ignude, con quale angolatura, quale posizione, quale scenografia e quale illuminazione.

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Steph Tolev: Filth Queen

È un’esperienza intensa, quella della comicità di Tolev, da non misurare tramite l’entità delle sconcezze che è stata in grado di scrivere, ma nella quantità di risate che il combinato disposto delle zozzerie e delle sue capacità da performer sono in grado di provocare.

D’altronde, perdiana, viviamo in un mondo pur sempre migliore rispetto a quello in cui il delitto d’onore era legale, ma che è ancora un posto in cui intere generazioni di uomini sono convinti che le donne non possano emettere flatulenza perché è una faccenda inopportuna e molto poco femminile. Come se fosse loro competenza decidere cosa è femminile e cosa no. Per questo è insopportabile l’idea di escludere a priori Tolev solo perché non rappresenta l’ideale di femmina che la cultura patriarcale ha creato e imposto.

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Steph Tolev: Filth Queen

E Tolev è in grado di giocare in maniera intelligente con queste aspettative, dimostrandosi maestra di code-switching. Un concetto che esiste anche in italiano (si chiama alternanza linguistica), ma che nella sua versione statunitense pop è uscito dal mondo accademico della glottologia e sta a indicare lo sforzo delle minoranze, che pur di farsi accettare sono disposte a stravolgere il loro registro linguistico e a parlare come ci si aspetta che debbano parlare per rassicurare la maggioranza. Un ragazzo nero, cresciuto con il vernacolo afro-americano, è dolorosamente consapevole che dovrà imparare a “parlare come un bianco” se vorrà essere accettato e non guardato con sospetto o pregiudizio. Una donna come Tolev, una camionista che avrebbe sconfitto facile Stallone in Over the Top, è in grado di passare in un istante a una versione principessina kawaii che fa le faccine tutte UwU per rassicurare il maschio che ha davanti. Questo non significa che la sua vagina smetta di assomigliare “al pezzo di un antico relitto trascinato a riva dalla corrente e ricoperto di cirripedi”.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per Film Tv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.