Nonostante l’ultima parte della sua carriera si stata divorata dalle controverse vicende giudiziarie che l’hanno visto partecipe assieme all’ex moglie Amber Heard, il mito di Johnny Depp continua a vivere in tutti gli appassionati di cinema. In vista dei suoi sessant’anni e in attesa della distribuzione del suo ultimo film Jeanne du Barry - La favorita del Re, presentato all’ultima edizione del Festival di Cannes, nel quale interpreta Luigi XVI, arte.tv dedica un approfondimento alla carriera dell’attore simbolo di una generazione, tre volte nominato agli oscar e vincitore del Golden Globe come miglior attore protagonista per Sweeney Todd. Il diabolico barbiere di Fleet Street

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Nello sguardo di Johnny Depp

Con Nello sguardo di Johnny Deep, Régis Brochier, regista del documentario, decide di ripercorrere la parabola del ribelle di Hollywood dalla prima metà degli anni Ottanta, quando era un giovane musicista punk che viveva di espedienti (meccanico, venditore di penne stilografiche) e il cui approdo alla recitazione fu dettato da necessità economiche ma la cui vita venne radicalmente cambiata dalla partecipazione, nei panni di Glen Lantz, a Nightmare - Dal profondo della notte, l’horror di culto diretto da Wes Craven che lo lancerà nella sua lunga e prolifica carriera di attore caratterista.

Johnny Depp
Pirati dei Caraibi. Ai confini del mondo (2007) Johnny Depp

Questa troverà la sua epitome nell’immortale personaggio di Capitan Jack Sparrow della saga di Pirati dei Caraibi (il ruolo che l’ha reso l’attore più pagato al mondo, con un contratto per due film di cento milioni di euro totali) ma nel corso di quarant’anni di carriera, dopo le prime difficoltà iniziali, aiutato dal successo della serie televisiva I quattro della scuola di polizia (21 Jump Street), Depp ha potuto collaborare con alcuni dei migliori registi della scena, autori capaci di utilizzare la sua figura sinuosa e le sue movenze fluide per connotare di un’aura tenebrosa, erotica e inafferrabile i propri protagonisti, più che altro outsider maledetti e privi di un preciso posto nel mondo.

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Nello sguardo di Johnny Depp

Tra i grandi cineasti con cui Depp ha lavorato, il film ricorda Jim Jarmusch (Dead Man), John Waters (Cry Baby), Terry Gilliam (Paura e delirio a Las Vegas), Emir Kusturica (Il valzer del pesce freccia) e, ovviamente, Tim Burton, col quale ha stretto un sodalizio lungo dieci film, tra opere fondamentali (Edward mani di forbice, Ed Wood, Il mistero di Sleepy Hollow) e qualche passaggio a vuoto nella seconda parte della carriera (Alice in Wonderland, Dark Shadows). Dal costante paragone con Marlon Brando alle numerose crisi nervose, dai film d’autore incapaci di sbancare al botteghino al cinema per tutti, passando per le numerose tragedie a cui ha assistito con i suoi stessi occhi (le violenze materne, il divorzio dei genitori, la morte di River Phoenix nel locale aperto dall’attore) e che lo hanno segnato per il resto della vita: nel fotografarne gli eccessi, gli scatti violenti e i drammi interiori, il documentario restituisce una figura sensibile, contrastata e drammatica, affezionata agli antieroi e gli emarginati, insofferente al ruolo cucitogli addosso dall’industria, alla scomoda percezione di essere trattato come un prodotto dal mercato statunitense che si trascinerà fino ai giorni nostri, nei quali Depp è alla ricerca di una nuova vita nel mondo del cinema.

Autore

Pietro Lafiandra

La prima epifania cinematografica la ebbe a quattro anni con Pomi d’ottone e manici di scopa. La seconda in adolescenza con Cosmopolis. Ora, in età adulta, prova a trovare un’improbabile sintesi tra questi due lati di sé muovendosi faticosamente tra un dottorato in visual studies, deepfake, cinema horror, film d’animazione per bambini e musica elettronica. I componenti della sua band, Limonov, dicono che è colpa dell’ascolto compulsivo dei Radiohead. Gli amici che è colpa del suo segno zodiacale, i gemelli. I dottori della schizofrenia. Lui pensa sia più cool dire che è un intellettuale post-moderno. Ai posteri l’ardua sentenza.