Mentre all’80. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia fanno discutere le parole di Pierfrancesco Favino sull’appropriazione culturale e sulla maggior o minor liceità di scegliere attori culturalmente o biologicamente legati al ruolo che interpretano, su arte.tv potete trovare una serie neozelandese che fa della correttezza della sua rappresentazione uno dei motivi portanti della messinscena e che è stata ben recepita dalla critica internazionale, oltre che da quella interna alla Nuova Zelanda.

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Rurangi

Le premesse narrative sono chiare sin dalla prima sequenza, quando la camera inquadra un volantino sul palo rosa che recita “trans men are men”: siamo all’inizio di un’opera che espone smaccatamente il suo tema, introducendoci in un istante alla chiara scelta etica del regista Max Currie e della produzione di far interpretare ogni personaggio trans rappresentato nella serie da attori realmente transgender. Miniserie di stretta attualità, Rūrangi si distingue per essere un racconto di formazione al contrario, un Pollicino, la storia di un uomo che recupera le briciole di pane lasciate dietro di sé per tornare alle proprie radici e chiudere i conti con un passato tormentato, fuggendo dall’orco che lo sta divorando.

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Rurangi

In seguito al suicidio dell’uomo di cui era amante, un giocatore di football il quale, impaurito dal sistema fallocentrico in cui operava, non era stato in grado di rivelare la sua omosessualità né ai compagni né alla moglie, Caz Davis (Elz Carrad), un ragazzo trans, sprofonda in una grave crisi depressiva. Vittima dell’alcoolismo e incapace di guardare a un futuro che fino a poco tempo prima immaginava ricco di conquiste per la comunità LGBTQI+, Caz si vede costretto a rinunciare al suo attivismo, alla sua militanza politica, nel tentativo di porre un freno al turbamento identitario che ha risvegliato antichi fantasmi.

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Rurangi

Tornato quindi al paese Natale, Rūrangi, troverà ad attendarlo gli stessi luoghi abbandonati e le stesse persone “tradite” che, in un modo o nell’altro, attendevano il suo ritorno e per le quali Caz diventa il polo di una ri-mediazione identitaria che, pertanto, non investe solamente la sua figura, ma tutti i co-protagonisti che gli girano attorno e le cui identità granitiche vengono sconvolte, a dieci anni di distanza dalla sua partenza: l’antica migliore amica Anahera (Awhina-Rose Ashby), che deve riabbracciare l’uomo dopo la transizione di genere e venire a patti con la sua prolungata assenza, cercando di accettarne le motivazioni che l’hanno spinta all’abbandono, l’ex-fidanzato Jem (Arlo Green) che deve affrontare lo spaesamento sessuale che in lui provoca l’immutato desiderio nei suoi confronti e, soprattutto, il padre Gerald (Kirk Torrance) che fatica a perdonare a Caz non solo l’assenza decennale, ma anche la scelta di mancare al funerale della madre, morta di cancro solo pochi mesi prima.

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Rurangi

Il regista Max Currie tratta così, con tono delicato e una macchina da presa impiegata esclusivamente con funzione narrativa, un tema cruciale della contemporaneità, accendendo una luce sulla complessa rappresentazione della transessualità e sulle difficoltà relazionali implicite a una scelta che può cambiare radicalmente la vita di chi la compie e dei suoi cari.

Autore

Pietro Lafiandra

La prima epifania cinematografica la ebbe a quattro anni con Pomi d’ottone e manici di scopa. La seconda in adolescenza con Cosmopolis. Ora, in età adulta, prova a trovare un’improbabile sintesi tra questi due lati di sé muovendosi faticosamente tra un dottorato in visual studies, deepfake, cinema horror, film d’animazione per bambini e musica elettronica. I componenti della sua band, Limonov, dicono che è colpa dell’ascolto compulsivo dei Radiohead. Gli amici che è colpa del suo segno zodiacale, i gemelli. I dottori della schizofrenia. Lui pensa sia più cool dire che è un intellettuale post-moderno. Ai posteri l’ardua sentenza.