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L'angolo del libro / La pellicola va nella plastica
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L'angolo del libro / La pellicola va nella plastica

L'angolo del libro / 8

La pellicola va nella plastica - Ovvero come smaltire il cinema spazzatura (****) di Alberto Genovese / Bepress

"I rifiuti mandano un doppio crudele messaggio: ci dicono che le cose vengono usate con economica brutalità, senza comprensione e sintonia, e che tutto ciò che non conserva l’abbagliante luccichio del ‘nuovo di zecca’ è semplicemente da buttare. Che terribile oracolo: l’usa e getta come canone fondamentale della nostra società!" (Alexander Langer)

 

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576 pagine da leggere tutto d'un fiato, con singole schede dedicate ai film più rari e sconosciuti. Mostri spaziali, trolls, toporagni assassini, creature di cartapesta, piatti volanti legati a un filo, assassini deformi e, naturalmente, belle donne. Per chi credeva che Ed Wood fosse il peggior regista al mondo mai esistito, dopo aver letto questo indispensabile e spassoso testo avrà l'imbarazzo della scelta nel decidere a quale nuovo nome attribuire tale primato: Andy Milligan, Roger Corman, Charles Band, Larry Cohen solo per citare quelli più noti e presenti nel libro, in quanto dannatamente prolifici. Formato 13 x 20 cm, elegante, di pregevole lettura con corredo di locandine e poster (a colori e in bianco e nero). Un utile guida che potrà permettere di accedere a un mondo generalmente sconosciuto, quello di una cinematografia sommersa e dimenticata in maggior modo composta da titoli bruttissimi ma, spesso in maniera direttamente proporzionale al basso livello qualitativo, altrettanto spassosi. Alcuni film di quelli recensiti da Alberto Genovese, perderli sarebbe davvero un peccato!

 

A seguire, una selezione personale dei titoli presenti nel libro (per la relativa trama e curiosità varie visualizzare la singola scheda).

Playlist film

Thriller - A Cruel Picture

  • Thriller
  • Svezia
  • durata 104'

Titolo originale Thriller - en grym film

Regia di Bo Arne Vibenius

Con Christina Lindberg, Heinz Hopf, Per-Axel Aerosenius, Despina Tomazani

Thriller - A Cruel Picture

Strano soggetto questo Alex Fridolinski - pare che il nome d'arte sia Bo Arne Vibenius (o forse viceversa) - in precedenza autore di un innocuo film per famiglie dal titolo Hur Marie träffade Fredrik (1969): una cosa che, solo a leggerne la trama, mette la pelle d'oca per quanto dev'essere demenziale. Non che questo Thriller - A cruel picture possa vantare miglior giudizio, al di là che Tarantino se ne sia fatto promotore (omaggiandolo nel personaggio con occhio bendato, interpretato da Daryl Hannah in Kill Bill). Qui, il buon cineasta ipercitazionista, si fa avvocato di una causa persa. Perchè Fridolinski (o Vibenius) dimostra di non saper scrivere (sua la sceneggiatura) né tanto meno dirigere un film. Thriller è tra l'altro montato malissimo, con una parte centrale ripetitiva e noiosa, avvilente per via di almeno cinque inserti porno girati malissimo (che proprio nulla ci stanno a dire) e una sequenza di eye violence che tristemente pare essere stata realizzata infierendo sul cadavere di una donna morta suicida (cifrare Nocturno n. 202 pag. 94 - Ottobre 2019). Non si può poi non segnalare il diffuso clima di freddezza morale che pervade l'intera narrazione ma, soprattutto, il patetico cattivo gusto che si manifesta in ogni settore: dalla sgraziata "metallica" e scomposta soundtrack, all'uso di zoom e soggettive traballanti; da effetti splatter caserecci (le vittime uccise a fucilate sputano boccate di succo di frutta o pomodoro), a un abuso del ralenty che dilata all'inverosimile le ridicole scene pirotecniche di auto in corsa e in esplosione (causa tamponamento!), nonché gli attori colpiti dalle pallottole e quindi, letteralmente, in volo a fare smorfie di sorpresa e dolore. E si potrebbe andare avanti ancora a lungo, ma senza aggiungere nulla di più significativo, senonché un elogio sincero lo merita la splendida Christina Lindberg, a suo modo brava nel rendere credibile il personaggio in metamorfosi (da agnello a belva feroce), vittima di tante ingiustizie e temporalmente poco lontano a cambiare ulteriormente maschera, passando cioè da quella di vendicatrice dall'occhio bendato a ninfomane con bocca di velluto...

 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Piano 9 da un altro spazio

  • Fantasy
  • USA
  • durata 79'

Titolo originale Plan 9 from Outer Space

Regia di Edward D. Wood Jr.

Con Gregory Walcott, Mona McKinnon, Duke Moore, Tom Keene, Carl Anthony, Paul Marco

Piano 9 da un altro spazio

In streaming su Cultpix

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Una inenarrabile trama, che smuove senza soluzione di continuità il sorriso, costituisce il nucleo di questo incredibile fantahorror diretto in maniera, a dir poco, grossolana. Tra attori che sembrano impegnati in una recita scolastica e dialoghi che sfiorano la parodia (senza volerlo), gli effetti speciali (con piatti sospesi a un filo e fatti ciondolare alla meno peggio su uno sfondo stellare) sono la cosa forse più riuscita. Evidenti errori di continuità testimoniano come, sul set, la lavorazione debba essere stata, oltreché confusa, parecchio sofferta. Bela Lugosi, la cui prestazione da parodia è in parte giustificata dalla malattia che lo stava divorando, non arriva vivo alla fine delle riprese. L'inserimento di una (o forse più) controfigure - per potere completare le scene in cui ne è richiesta la presenza - è realizzata in maniera approssimativa e goffa, non meno dei vari decessi sparsi a casaccio nel film: a cominciare da quello dello stesso Lugosi (finito sotto un'auto in fuoricampo) per finire con la comica dipartita dei due becchini. In certi momenti sembra quasi di trovarsi di fronte alle classiche gag grottesche di Stanlio e Ollio. Ma la cosa peggiore è che Ed Wood prende seriamente la situazione e, nonostante i continui e retorici momenti comico-surreali, cerca pure di imbastire un finale filosofico, ispirato dai contemporanei discorsi di sedicenti "contattisti". Ecco allora spiegato che gli alieni, accolti a cannonate dagli umani nonostante gli svariati messaggi pacifisti inviati ai governanti della Terra e tradotti (per fortuna!) con computer da geniali tecnici militari, volevano solo stringere amicizia (!) per salvare l'Universo dal pericolo dell'evoluzione umana, sempre più orientata scientificamente a perfezionare bombe. Dopo quella H, la "solare" potrebbe alterare definitivamente gli equilibri delle galassie, in senso negativo. Passi pure il sottofondo buonista e il predicozzo morale. Ma la sciatteria d'insieme è indifendibile. Le scenografie degli interni sono da pugni agli occhi, come dimostrano le apparecchiature delle navi spaziali, le tute sgargianti dei suoi occupanti, i portali a soffietto e... le tende (!!!) che separano le stanze all'interno delle superavanzate e tecnologiche macchine volanti. Ora: peggio si è visto, sicuramente, di peggio. Ma questa non è una scusante né una giustificazione sufficiente che possa indurre a ritenere essere - Plan 9 from outer space - un bel film. Tutt'altro, purtroppo. È davvero uno dei peggiori esempi di cinema, anche se calato nel contesto di fine Anni '50, che però non difetta nello smuovere sorrisi. E, in questo senso, finisce per essere anche divertente. Peccato solo che non fosse questa l'aspirazione dell'autore.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Supervixens

  • Erotico
  • USA
  • durata 106'

Titolo originale Supervixens

Regia di Russ Meyer

Con Shari Eubank, Charles Napier, Uschi Digard, Charles Pitts, Henry Rowland

Supervixens

In streaming su Plex

Incredibile divertissement, girato in massima economia. Pur non esistendo una vera e propria sceneggiatura, le riprese spesso finiscono per sprofondare  (volutamente) nel surreale, dando al girato un taglio fumettistico in grado di rendere scorrevoli i 105 minuti di durata. Il doppiaggio italiano, approssimativo e spesso fuori sincrono, in parte finisce per rendere ancora più assurdo il contesto. L'erotismo, di grana grossa e oggi anacronistico, convive qui felicemente con una vena ironica costante. Il "sinistrato della passera" (definizione di Super Angel), ovvero lo sceriffo, che ha lo spigoloso muso di un esorbitante Charles Napier, saltellando dall'alto di un promontorio roccioso getta dinamite (accendendola con il sigaro) senza mai colpire l'obiettivo: questa surreale, grottesca e lunga sequenza ben definisce il registro di gioiosa partecipazione di tutto il cast tecnico artistico. Sì, non ci sono dubbi, in mezzo a tutte quelle "Super" si sono divertiti un sacco a girare Supervixen. Primo tra tutti il folle (e disinibito) Russ Meyer, qui al secondo capitolo  (dopo Vixen, 1968) di una trilogia che si chiude con l'esilarante Beneath the valley of the ultravixens, circolato sugli schermi italiani come Ultra Vixens - Tutti gli uomini di Lola Langusta e/o Questi pazzi, pazzi, pazzi vicini di casa (1979).

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Terrore sull'isola dell'amore

  • Avventura
  • USA, Filippine
  • durata 85'

Titolo originale Mad Doctor of Blood Island

Regia di Gerardo De Leon, Eddie Romero

Con John Ashley, Angelique Pettyjohn, Beverly Hills, Eddie Garcia

Terrore sull'isola dell'amore

Uno dei primi horror filippini girato in massima economia e con diversi problemi di lavorazione, spesso interrotta a causa del budget ridotto all'osso. Nonostante alcune grossolane limitazioni (tipo il trucco della creatura antropomorfa) e una storia che appare poco convincente, Brides of blood riscuote un tiepido successo, tanto che l'attore americano John Ashley coinvolge in seguito Roger Corman, convincendolo a girare nelle filippine alcuni titoli low budget. Primo film di una limitata serie, che si ripete per temi e tipologia produttiva (Mad doctor of blood island e La bestia di sangue), a suo modo oltraggioso se collocato all'anno di realizzazione (1968) per la presenza di un paio di nudi (velocissimi) e una violenza estrema (i pezzi di corpo delle vittime). Alcuni effetti speciali, tipo i rami semoventi degli alberi, sono tutto sommato efficaci, mentre nell'edizione doppiata nella nostra lingua il finale con gli indigeni che improvvisamente parlano italiano, intenti a dare la caccia al mostro, rasenta la parodia.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Horror Safari

  • Avventura
  • USA
  • durata 90'

Titolo originale Horror Safari

Regia di Alan Birkinshaw

Con Edmund Purdom, Stuart Withman, Woody Strode, Laura Gemser

Horror Safari

Il povero Ed Wood non sarebbe stato considerato il peggior regista al mondo, se all'epoca fosse stato sulla scena anche Alan Birkinshaw, domatore di cavalli e cavaliere di rodeo che per nostra sfortuna ha poi intrapreso la carriera cinematografica. E non solo per l'incredibile risultato ottenuto con questo delirante Horror safari, ma anche per aver in precedenza diretto Killer's moon e in seguito due dei peggiori horror spacciati come ispirati ai racconti di Edgar Allan Poe (La maschera della morte rossa e Il mistero di casa Usher). Qui poi c'è di mezzo Dick Randall, un produttore che anche in questa circostanza ha ben stretto i lacci al portafoglio, pure autore del soggetto sviluppato in sceneggiatura come work in progress (giorno per giorno durante le riprese) dallo stesso regista assieme a Bill James. Nonostante un cast interessante (Edmund Purdom, Woody Strode e Laura Gemser) Horror safari è un lungometraggio frutto di generale approssimazione e totale incapacità che riguarda ogni settore del mezzo cinematografico. Dai costumi ai dialoghi, dalla recitazione al montaggio, passando per situazioni involontariamente comiche (nel senso stretto del termine). Dopo un incipit senza capo né coda che offre uno dei più imbranati scontri di guerra (con lance volanti e soldati che saltano a destra e sinistra), il film prosegue offrendo un gruppo di mercenari da caricatura - alla "Sturmtruppen" - ad iniziare da Mark Forrester (sponsor del JB dato che ha sempre in mano una bottiglia), interpretato dall'attore Stuart Whitman che si presenta sulla scena con look da lupo mannaro per via di sopracciglia folte, con peli ispidi e lunghi. Purdom prima di arrivare ad ottenere la mappa dal terzo reduce giapponese incontra gli altri due militari nipponici (che non è dato sapere perché non siano tornati prima a recuperare il tesoro): il primo lo fulmina a colpi di pistola in una delle più brutte sparatorie mai viste, il secondo invece si uccide facendo harakiri (letteralmente, si apre lo stomaco ma la scena invece che ottenere l'effetto disgusto riesce a smuovere solo sorrisi). Persino il reparto femminile contribuisce ad innalzare l'asticella del grottesco: la figlia di Forrester si aggiunge alla spedizione "perché altrimenti il padre... si dimentica di prendere le medicine per il cuore"; Laura Gemser invece oltre ad essere responsabile del demenziale decesso del suo partner (morso da un serpente), affoga mentre nuota nuda in un laghetto. E l'altro aspetto debolissimo di Horror safari sono gli omicidi, per come avvengono e, in maniera particolare, per come sono stati girati e montati: personaggi che saltano in bocca a coccodrilli, trafitti da paletti appuntiti, precipitati (come è tutto da vedere) giù da passerelle o colpiti a sassate! Sorprendente poi l'effetto del passare del tempo su Purdom, l'unico al quale - giunto alla grotta con il tesoro - è cresciuta la barba! Birkinshaw ci offre anche uno scontro corpo a corpo tra Strode e Tabachi (il giapponese che ha nascosto il tesoro), tra i più impresentabili mai realizzati, privo di effetti sonori e destinato a concludere in risata tra i due contendenti. E pensare che il buon Joe D'Amato è ancora in parte poco apprezzato dal pubblico, ma paragonare uno dei suoi film esotici (anche quelli peggiori, tipo Porno holocaust) a questa roba qua è come accostare all'oro la spazzatura.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

La rabbia dei morti viventi

  • Horror
  • USA
  • durata 83'

Titolo originale I Drink Your Blood

Regia di David E. Durston

Con Bhaskar Roy Chowdhury, Jadin Wong, Rhonda Fultz, George Patterson, Riley Mills

La rabbia dei morti viventi

In streaming su Full Action Amazon Channel

vedi tutti

Dopo un incipit allucinato, caratterizzato da un rituale satanico e piuttosto tradizionale, La rabbia dei morti viventi sterza verso il thriller proponendo varie malefatte messe in atto dal gruppo di sadici satanisti. Ma il registro del film non è ancora definito e infatti da circa metà tempo in poi si trasforma in una specie di survival con un gruppo di persone infette alla caccia di vittime innocenti. Tecnicamente non si tratta qui di zombi (citati non solo nel titolo ma, almeno in un contesto, anche nel film) quanto di soggetti contagiati e resi aggressivi dalla malattia. Inutile dire che, a discapito della poca credibilità, il film diverte viaggiando spedito su binari di puro delirio in parte resi scorrevoli da testi pregiati e in parte grazie ad una sceneggiatura che fa della sintesi un punto di forza. Infatti il film arriva giusto a 83 minuti, ma riesce a farsi seguire senza distrazioni grazie al contenuto grindhouse (ovvero sex & violence) innestato su svariati registri narrativi (horror, eco vengeance, rape & revenge, splatter, ecc...). Significativa pure la colonna sonora, mentre il minimalismo della messa in scena lo apparenta ad uno dei migliori esemplari massaccesiani (cose tipo Emanuelle e gli ultimi cannibali, per intenderci). Da segnalare inoltre anche l'alta dose di splatter, pur se in alcuni contesti sparsa con effetti speciali mediocri (su tutti: l'amputazione della mano e la decapitazione). Un punto a sfavore, invece, per la presenza di inutili scene con violenza su indifesi animali (topi, conigli, capre e galline): si potevano altamente evitare.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Vixen!

  • Erotico
  • USA
  • durata 70'

Titolo originale Vixen!

Regia di Russ Meyer

Con Erica Gavin, Garth Pillsbury, Harrison Page, Jon Evans, Vincene Wallace

Vixen!

Produzione, sceneggiatura e riprese di Meyer per un film che ha fatto storia (del cinema). In effetti questa volta il regista sviluppa una trama più lineare e plausibile per la quale, però, c'è da gridare ben poco al miracolo. Dal racconto ne escono male tutti i protagonisti, a cominciare dalle donne (oltre a Margot, pure Janet), qui tratteggiate come infedeli ninfomani sempre in cerca di sesso, per proseguire con personaggi razzisti (Margot), estremisti (O'Bannion) e addirittura malvagi incestuosi (Jeff). Raccontare i tradimenti (immotivati peraltro) di una moglie con tanto malcelato compiacimento è però il difetto minore di Vixen!. Pellicola insolitamente considerata anche dalla critica ufficiale, Vixen! soffre di una certa staticità narrativa. Pur se corto, non offre molto in fatto di intrattenimento. Tutto si riduce a quelle due o tre situazioni (la pesca, la doccia, l'intimo approccio lesbico) sfruttate unicamente per mettere in rilievo i grandi seni della poco sensuale Erica Gavin. Che avrà pure belle tette, ma in fatto di erotismo - anche se va a spasso senza mutandine - risulta ben poco efficace. Tra l'altro Meyer pecca anche tecnicamente, essendo del tutto assenti quelle riprese maliziose che hanno reso celebre il suo cinema. Il valore di Vixen! è quello di proporre una storia alla Tinto Brass, destinata al circuito regolare e con scene di nudo femminile (integrale) in anticipo di qualche anno. Tutto qua.

 

La parola a Russ Meyer

"Il Guinnes dei primati mi ha interpellato per avere una conferma: Vixen! ha il record della più lunga tenitura mai avuta da un film in un drive-in. E' stato in programmazione 54 settimane ad Aurora, Illinois, un paese che ha una popolazione di circa 17.000 anime. L'hanno visto un bel pò di volte, direi."
(Un erotomane abbondante, Granata Press, a cura di Giancarlo Carlotti)

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Freakmaker

  • Horror
  • Gran Bretagna, USA
  • durata 92'

Titolo originale The Mutations

Regia di Jack Cardiff

Con Donald Pleasence, Tom Baker, Brad Harris, Julie Ege, Michael Dunn, Scott Antony

The Freakmaker

Brutto modo di chiudere la carriera per Jack Cardiff, cineasta inglese qui alla sua ultima regia. Una scadente versione del Freaks (1932) di Tod Browning, aggiornata con qualche spunto dato dalle nuove teorie scientifiche sulla manipolazione genetica. Prodotto anche da Brad Harris - che nel film interpreta lo studente Brian - The mutations (aka Freakmaker) punta tutto alla messa in scena di veri feaks, ospiti di un circo - chissà perché italiano - tra i quali un totale di donne: quella con pelle di lucertola, la scheletrica e ovviamente la barbuta. Non mancano nani vari e disarticolati, nonché un tizio che strabuzza gli occhi dalle orbite (questo veramente inquietante). Pleasence è in scena poco, nonostante sia l'interprete principale, mentre al limite del grottesco appaiono gli improvvisati effetti speciali, per lo più maschere e tute in lattice. Rimasto, a giusta ragione, inedito in Italia.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Spookies

  • Horror
  • USA, Olanda
  • durata 85'

Titolo originale Spookies

Regia di Genie Joseph, Thomas Doran, Brendan Faulkner

Con Felix Ward, Maria Pechukas, Dan Scott, Alec Nemser, A.J. Lowenthal, Pat Wesley Bryan

Spookies

In streaming su Amazon Prime Video

Una strega posseduta con un cervello esplosivo, uomini letame (aerofagici) che fuoriescono da un pavimento della cantina, un demone che scioglie esseri umani con la sua lingua elettrica e una donna ragno dall'aspetto terrificante che letteralmente risucchia un uomo: sono solo alcune delle infernali creature che animano questo delirante horror concepito nel 1984, con il titolo Twisted souls, dai cineasti Brendan Faulkner e Thomas Doran. La lavorazione della coppia non soddisfa però il produttore, che trova il primo montaggio particolarmente lento (la versione originale superava i 150 minuti). Viene quindi incaricato un altro regista, Genie Joseph, che rimette mano al girato con un nuovo script e riprese aggiuntive fatte interpretare ad attori diversi rispetto a quelli presenti nella versione di Faulkner e Doran. Le nuove sequenze sono quelle dello stregone, dell'uomo gatto, della sposa mezza morta, dei liceali vestiti da zombi e del piccolo Billy, il bambino della festa di compleanno nella casa infestata. Di Twisted souls restano così solo 45 minuti, il resto è composto da nuove riprese. Chiunque abbia visto Spookies è rimasto impressionato da una sceneggiatura confusionaria, con personaggi che nulla c'entrano, entrando e uscendo di scena senza continuità e logica. Una conseguenza del travagliato lavoro che ha visto costruire il film in due tempi, e da persone diverse. Dopo essere stato presentato in alcuni festival, nel 1988 esce nelle sale USA, incassando una misera cifra. Ma nelle successive edizioni home video (tra le quali anche l'italiana Deltavideo) riscuote invece enorme successo, finendo per diventare un piccolo cult. In effetti Spookies, grazie soprattutto all'eccezionale lavoro di trucchi ed spfx di Gabriel Bartalos (successivamente regista di Scannati vivi e Saint Bernard), diverte e scorre velocemente. Proprio questo aspetto un po' trasandato e trascurato dell'assurda trama, conferisce estremo valore agli effetti speciali, numerosi e divertenti per quanto visionari.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Incontri erotici del quarto tipo

  • Commedia
  • USA
  • durata 75'

Titolo originale Wham Bam Thank You Spaceman Wham

Regia di William A. Levey

Con Jay Rasumny, Samual Mann, John Ireland jr., Rosalee Stein

Incontri erotici del quarto tipo

Nulla a che vedere con Incontri molto ravvicinati del quarto tipo del nostro Mario Gariazzo. Questo è un nudie americano, poi circolato come hard, diretto da William A. Levey nel 1973. Regista che quello stesso anno realizza anche un film di blacksploitation (Blackenstein). Wham - bam - thank you, spaceman (titolo originale) è una commedia erotica del tutto strampalata e girata con un budget ridotto all'osso, tanto che il registro grottesco è volutamente dichiarato nel look degli alieni che presentano teste insettiformi (da formica, comprese le antenne), vestendo uniformi alla Rockets, con stella di David incisa sulle divise. L'astronave è invece una stanzetta ricoperta da domopack color argento, con lampadine colorate attaccate qua e là. Quando i due missionari di Uran si eccitano, presentano strani effetti collaterali tipo orecchie che si gonfiano e lingue che si allungano a dismisura, con le quali poi danno corso all'accoppiamento (senza nulla di esplicito, dato che la penetrazione è solo suggerita). La trama è del tutto un pretesto, quasi inesistente, funzionale ai minimi termini per giustificare le scene di nudo femminile. Il cast è però intrigante, essendo presenti la futura Ilsa (Dyanne Thorne), la cantante e ballerina Anne Gaybis (comparirà, tra i tanti film interpretati, anche in PornorellaTwin Peaks: fuoco cammina con me e Showgirls) e Haji (Faster Pussycat, Kill, kill!). Appaiono anche attrici porno (ad esempio la Sandy Carey di Poor Cecily e Flesh Gordon), benché sia più che evidente come all'origine il film non fosse stato affatto pensato per le sale a luci rosse. Curiosamente però, in anticipo su analoghe operazioni che avverranno qualche anno dopo anche in Italia, nel 1975 ne viene distribuita una versione hard con circa dieci minuti di inserti girati evidentemente da controfigure e collocati senza alcuna logica nel film. Inserti del tutto estranei, non funzionali, poco erotici, tipo una coppia che fa sesso in camera da letto e dettagli anatomici di due lesbiche in azione. Con o senza aggiunta di materiale esplicito, il film ha un suo ritmo e per la stranezza di certe scene resta impresso. Probabilmente è anche il lungometraggio più celebre ed estremo diretto da Levey. 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Zombie Lake

  • Horror
  • Francia, Spagna
  • durata 90'

Titolo originale Le lac des morts vivants

Regia di Jean Rollin, Julian de Laserna

Con Howard Vernon, Pierre-Marie Escourrou, Anouchka, Antonio Mayans, Lynn Monteil

Zombie Lake

A parte le sequenze con presenza di qualche nudo integrale (quello iniziale e la squadra di ragazze giocatrici di pallacanestro) Zombie lake offre ben pochi motivi di interesse. Figuriamoci nella versione alternativa dove, tali momenti, sono stati sostituiti con scene girate ex novo, con le attrici vestite. Il difetto più grande del film è rintracciabile nell'approssimazione: che va da effetti speciali "fai da te" (gli zombi verdognoli) a una regia che, dello stile di Rollin, proprio non ha nulla per quanto scialba e televisiva. Trascurato su ogni fronte, a cominciare da una sceneggiatura inconcludente (ispirata in buona parte dal migliore L'occhio nel triangolo e alla quale, stando all'imdb, ha contribuito anche Jesus Franco), sembrerebbe essere opera di un principiante più che di un affermato regista. Se si aggiungono le penose interpretazioni degli attori, a cominciare dalla "star" Howard Vernon, il quadro è completo: ovvero, insieme ad Oasis of the zombies (del prolifico Franco), ci troviamo di fronte ad uno dei peggiori film mai girati sui ritornanti. Jean Rollin prende parte anche al ruolo, da macchietta, dell'ispettore Stiltz, ovvero uno dei due scettici "esperti" inviati dalle forze di polizia per indagare sui fantomatici delitti (cifr. foto seguente). Benché sia stato girato nel 1981, con abbigliamenti, automezzi e ambienti che hanno il look del periodo, la storia si sviluppa dieci anni dopo la Seconda guerra mondiale quindi, a occhio e croce, nel 1955. Questo è un altro indice di quanta superficialità abbia circondato la realizzazione di Zombie lake. Nonostante i tanti, troppi difetti, è però doveroso spezzare almeno una lancia a favore del film: di certo fascino - anche se l'idea è in evidente derivazione dal revenant subacqueo che si scontra con uno squalo bianco in Zombi 2 - appaiono le sequenze in immersione. Sequenze con fanciulle completamente nude, insidiate da predatori, quanto meno, atipici.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Al di là dell'orrore

  • Horror
  • Germania
  • durata 92'

Titolo originale Die Nackte und der Satan

Regia di Victor Trivas

Con Horst Frank, Karin Kernke, Helmut Schmid, Paul Dahlke, Dieter Eppler, Kurt Müller-Graf

Al di là dell'orrore

Piccola produzione decorosa grazie al cast con indimenticabile performance di un cattivissimo, spietatissimo e folle Horst Frank nei panni del dott. Brandt, allievo che supera, in sperimentazione medica, il maestro, fino a oltrepassare i limiti morali. Le tematiche anticipano una pellicola di qualche anno successiva (Il cervello che non voleva morire) non solo per la presenza di una testa mantenuta in vita, ma anche per il trapianto di un corpo su una ragazza malformata. Effetti speciali validi per l'epoca e buon ritmo ne fanno un film da vedere.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Il risveglio della mummia

  • Horror
  • Messico
  • durata 80'

Titolo originale La momia azteca

Regia di Rafael Portillo

Con Ramón Gay, Rosa Arenas, Crox Alvarado, Luis Aceves Castañeda, Jorge Mondragón

Il risveglio della mummia

In streaming su Amazon Video

vedi tutti

Insolito lavoro messicano ispirato al classico di Freund (La mummia, 1932) ma da noi distribuito solo anni dopo i remake targati Hammer. Qui la mummia è azteca e il mix horror, commedia e gangster sortisce un curioso effetto garantito dalle suggestive location e dall'utilizzo non banale del b/n. La sceneggiatura è composta da curiosi e intriganti dialoghi, con un incipit - nell'edizione italiana - che ne rivela la presunta referenza ad accadimenti realmente avvenuti. Non un masterpiece, di certo, ma una piacevole sorpresa, valorizzata dalla breve durata.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Necromancer

  • Horror
  • USA
  • durata 88'

Titolo originale Necromancer

Regia di Dusty Nelson

Con Elizabeth Kaitan, John Tyler, Rhonda Dorton, Stan Hurwitz, Edward A. Wright

Necromancer

Mediocre horror girato in tempi brevi e con un budget davvero modesto da Dusty Nelson, cineasta poco attivo (suo anche un episodio - The unhappy medium - della serie televisiva "Un salto nel buio", 1986) e qui alla sua più celebre regia. La storia arranca senza che quasi mai nulla accada, almeno durante i primi lunghissimi 50 minuti. La scena della violenza è appena accennata e così pure accade per le manifestazioni della satanica negromante, che per l'occasione si presenta con le sembianze di Julie prima di uccidere, mostrando occhi verde fosforescente e un braccio demoniaco. Gli effetti speciali sono penosamente ridicoli e si limitano a qualche abrasione per ottenere datati effetti laser su pellicola, con eccezione di un coltello che penetra nella gola (sul finale), unico momento esplicitamente splatter e generalmente tagliato in occasione dei passaggi televisivi nel Regno Unito (CBS/Fox). Nelson fa quel che può, sulla base della mediocre sceneggiatura di William T. Naud e con la disponibilità di uno staff tecnico che alterna una discreta fotografia a terribili spfx. Elizabeth Kaitan non ha la dote d'attrice, almeno in questo contesto, ma è piuttosto graziosa (e occasionalmente allieta lo sguardo, apparendo in sexy lingerie): la bellezza dovrebbe essere l'unica ragione che le ha permesso di presenziare in qualcosa come 40 titoli (tra i quali anche Venerdì 13: parte VII - Il sangue scorre di nuovo). L'unico attore degno di nota è Russ Tamblyn che, prima di approdare alle serie TV (Twin Peaks: il ritorno, 2017), ha avuto una discreta carriera, apparendo persino in Django unchained (Quentin Tarantino, 2012). Queste connessioni puramente statistiche sono anche le cose più interessanti che si possono rilevare da un film come Necromancer che, sul finire degli anni '80, ha trovato la via della distribuzione selvaggia italiana in home video grazie all'etichetta "Image Video", specializzata nel cinema horror trash. Non a caso questo titolo, dimenticato ovviamente da tutti, è stato citato recentemente da Alberto Genovese nel notevole libro "La pellicola va nella plastica" (Bepress, 2021), testo ben più interessante della maggioranza dei film trattati, che consigliamo di recuperare a tutti gli estimatori del cinema weird. 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Mystics in Bali

  • Horror
  • Indonesia, Australia
  • durata 86'

Titolo originale Leák

Regia di H. Tjut Djalil

Con Ilona Agathe Bastian, Yos Santo, Sofia W.D., W.D. Mochtar, Debbie Cinthya Dewi

Mystics in Bali

Basato sulla mitologia del "Leyak", tipica del sud-est asiatico e balinese, Mystics in Bali è stato girato sull'isola indonesiana di Giava, dato che i locali superstiziosi ne avrebbero impedito le riprese. Questo bizzarro e davvero unico horror rappresenta anche il primo tentativo delle produzioni indonesiane pensato appositamente per il pubblico occidentale. H. Tjut Djalil, in seguito regista del cult Lady Terminator (1989), si trova ad operare su una sceneggiatura di Jimmy Atmaja, molto vagamente (solo per il tema Leyak, la "testa volante vampiro") ispirata dal romanzo Leák Ngakak di Putra Mada. Il risultato è comunque ben poco letterario, quanto un insieme allucinato e allucinante di sequenze che sembrano essere state girate senza seguire alcun filo logico e con un budget minimale. Interpretato male, con dialoghi assurdi non meno delle situazioni, rappresenta però un'esperienza di visione unica per il contrasto manifesto tra ironia involontaria (la scapigliata strega, in continuazione, offre risate isteriche che diventano contagiose) e scene grottesche ma in qualche modo profondamente inquietanti: trasformazioni delle due interpreti in serpenti e maiali (una incredibile sul finale, con la strega che assume quella forma - ma con le tette - in combattimento); la testa che si stacca dal corpo e inizia a volteggiare per aria; metamorfosi in palle di fuoco parlanti; levitazione e lancio di enormi raggi laser a forma di mano. Quasi interamente girato di notte, con presenza di location nebbiose, sottofondo di versi d'animali notturni alternati a un'angosciante musica composta con sintetizzatore. È una produzione del 1981 ma, colore a parte, graficamente più simile a un incrocio tra uno dei film con Zè do Caixao degli anni Sessanta e qualche cortometraggio "visionario" diretto da Georges Méliès agli inizi del XX° Secolo. Mystics in Bali è davvero una unicità filmica, molto peggiore di Plan 9 from outer space ma in qualche insolita maniera e in virtù di una folle e fanciullesca imprevedibilità, in grado di rendersi memorabile. Un film del tutto fuori dai binari, terribilmente approssimativo, eppure unico e di certo indimenticabile.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Gore Gore Girls

  • Horror
  • USA
  • durata 81'

Titolo originale The Gore Gore Girls

Regia di Herschell Gordon Lewis

Con Frank Kress, Amy Farrell, Hedda Lubin, Henny Youngman

The Gore Gore Girls

Lewis produce e dirige l'ennesimo film splatter, prima di assentarsi dalle scena cinematografica per lungo tempo (tornerà a dirigere il seguito di Blood feast solo nel 2002). Punta, come suo solito, alla rappresentazione di alcuni delitti espliciti e dissacranti (se ne contano quattro), compiuti nella finzione da un assassino che si accanisce in maniera piuttosto rivoltante sui volti delle vittime, sfregiandone poi i corpi in un paio di circostanze con gesti allusivamente sessuali (la recisione dei capezzoli in un caso e il fondoschiena pestato a sangue nell'altro). La sceneggiatura, opera di Alan J. Dachman, è piuttosto originale e procede per siparietti umoristici dato che, se si escludono le scene volutamente eccessive dei delitti, The gore gore girls è principalmente una commedia, nella quale predominanti sono le battute tra la giornalista Nancy e il surreale investigatore (interpretato da un attore al suo unico film, che sembra avere le fattezze dello stesso Lewis). Girato in soli quattordici giorni e con un budget di circa 63.000 dollari, è anche l'unico degli horror di Lewis ad essere stato sottoposto al processo di nulla osta in censura (MPAA), che ovviamente lo ha classificato X. Per la componente cinica, e probabilmente ancora più per quella ironica, che caratterizza le scene di sangue, The gore gore girls è stato vietato in Australia. Lewis sapeva, con pochi mezzi, realizzare effetti che, seppur oggi ci appaiono limitati sul piano della verosimiglianza, erano davvero disgustosi. Ma tolto questo aspetto, il lungometraggio presenta grossi limiti dovuti appunto a interpreti poco brillanti e a una storia condotta sul piano della regia a livello amatoriale. Come dimostra ad esempio il veloce e grottesco finale, dove l'omicida muore vittima di un incidente: fuggito dalla finestra viene investito da un'auto di passaggio e, per meritato contrapasso, si trova con la testa sfracellata da una ruota. Sicuramente meno monotono e più interessante di alcuni precedenti lavori di Lewis, grazie appunto al pervadente umorismo e a una sceneggiatura scritta con certa cura, che punta al whodunit e riesce, nella ricerca della identità del killer, a tenere alta l'attenzione durante la visione. In Italia il film è stato trasmesso in versione integrale, con sottotitoli e in prima visione assoluta, sul canale "Jimmy" (compreso nel bouquet satellitare della pay TV, non più esistente, Tele+) il 02/03/2002. Da allora si contano altri pochi e sporadici passaggi sempre su piattaforme a pagamento, mentre è rimasto del tutto inedito in home video.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Il teschio urlante

  • Horror
  • US
  • durata 68'

Titolo originale The Screaming Skull

Regia di Alex Nicol

Con Peggy Webber, John Hudson, Russ Conway, Tony Johnson, Alex Nicol

Il teschio urlante

In streaming su Plex

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"The screaming skull è un film che raggiunge l'apice di un orrore scioccante. Il suo impatto è così terrificante che può avere un effetto imprevisto: può uccidere. Pertanto, i suoi produttori sentono di dover offrire servizi gratuiti a chiunque muoia di paura guardando The screaming skull".

Mentre una voce fuori campo introduce con enfasi il film, utilizzando queste parole, la macchina da presa si muove in un lento piano sequenza, all'interno di una camera funeraria. Da una tremolante fiamma di candela il punto macchina prende le distanze per spostarsi verso una bara vuota, al cui interno è posto un avviso scritto su un foglio: "Reserved for you". In prevalenza attore, Alex Nicol (1916 - 2001) si è saltuariamente dedicato anche alla regia. E proprio con questo The screaming skull, sceneggiato da John Kneubuhl, Nicol esordisce dietro la macchina da presa, riservandosi anche il ruolo del claudicante giardiniere. Girato con evidente povertà di mezzi, con un cast non proprio eccellente, il film ha un suo fascino macabro, alimentato dall'uso di deboli luci diffuse a fatica da candele tremolanti e dalle inquietanti riprese in campo lungo di saloni immensi e deserti - avvolti da ombre provocate per riflesso dalle flebili fiammelle - all'interno dei quali, nottetempo, risuonano passi, bussi alla porta e strani versi (attribuiti a pavoni). Lo sviluppo della trama è in parte ingenuo e fin dall'inizio è facile intuire come si svolgeranno gli eventi, ovvero in chiave gialla, stile complotto. Ma il colpo di coda conclusivo, con deriva irrazionale, fa il suo buon effetto. A patto di soprassedere sui pochi effetti speciali, realizzati con il primordiale metodo della sovrimpressione e di lasciarsi trascinare con la fantasia in un'atmosfera decandente e spettrale, in buona parte davvero suggestiva.

 

Nota: nelle sequenze iniziali di The screaming skull, e anche a film avanzato, è possibile ascoltare un brano modellato sulle note della Sinfonia fantastica di E. Berlioz (Op. 14: "Sogno di una notte di sabba"), esattamente la stessa melodia orecchiabile durante i titoli iniziali di Shining (Stanley Kubrick, 1980).

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Incredible Torture Show

  • Horror
  • USA
  • durata 91'

Titolo originale The Incredible Torture Show

Regia di Joel M. Reed

Con Seamus O'Brien, Viju Krem, Niles McMaster, Dan Fauci, Alan Dellay, Ernie Pysher

The Incredible Torture Show

Girato e distribuito nel 1976 come T.I.T.S. (acronimo di The Incredibile Torture Show), il film diretto da Joel M. Reed all'uscita nelle sale viene boicottato dalla Women Against Pornography, un'associazione femmista che lo reputa moralmente inaccettabile riuscendo a farne proibire la proiezione. Solo in anni successivi (1982), ripescato da Lloyd Kaufman ed epurato di una decina di minuti, ricompare con il titolo fuorviante di Bloodsucking freaks distribuito direttamente dalla Troma. Benché non siano della partita né vampiri né freaks, Reed ci va giù pesante: trapazioni di cranio (da parte di un medico folle che prima estrae tutti i denti alla sventurata vittima) con risucchio della materia celebrale tramite cannuccia, estrazione di bulbi oculari, taglio delle mani e amputazioni delle dita, nonché una esecuzione con ghigliottina autoinflitta dalla vittima (costretta a mollare la corda dalla bocca - che tiene in tensione la lama - mentre viene sculacciata). Ancora: tiro a freccette sul fondoschiena o donne (rigorosamente nude) costrette a fare da tavolo mentre Sardu si gusta la cena. Pure le battute non conoscono decenza o buongusto, tipo quella raccontata da Ralphus a un pubblico sorridente sugli ebrei (riconoscibili dalla... lingua fumante, sic). Reed guarda ad H. G. Lewis - in particolare a The wizard of gore (1970) - il padrino del gore, ma non ha un minimo senso dell'arte, tantomeno del cinema. Così che gli orrori dei quali si è fatto menzione finiscono per slittare sul piano surreale e le interpretazioni caricaturali (al limite dell'amatoriale), sommate agli effetti speciali spartani e visibilmente giocosi, delineano un registro ondulante tra l'ironico e il grottesco. La misoginia di fondo va di pari passo con una più generale misantropia (Sardu viene sorpreso da Tucci mentre giace a letto con il cadavere di Silo!) e il tutto si riduce ad un fumettone di cattivo gusto, che finisce per essere più esilarante che horror. Nonostante i pochi meriti del progetto, il titolo è diventato di culto e associato emblematicamente alla figura del regista che può contare su una filmografia, del tutto inedita in Italia, a dir poco scarsa (tanto quanto scadente): sei sono i titoli in curriculum, tra i quali i migliori appaiono Blood bath (1975) e Night of the zombie (1981). Tra gli ammiratori di Reed il nome più insospettabile è quello di Oliver Stone, peraltro presente al casting e alle riprese di T.I.T.S. Mentre, a parte la curiosità provocata dalla notizia su Reed arrestato ad 80 anni per avere palpeggiato una donna la sera di capodanno del 2014, fa certa tristezza che il regista si sia spento ad 86 anni nell'aprile del 2020, causa Coronavirus

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Color Me Blood Red

  • Horror
  • USA
  • durata 79'

Titolo originale Color Me Blood Red

Regia di Herschell Gordon Lewis

Con Gordon Oas-Heim, Candi Conder, Elyn Warner, Pat Lee, Jerome Eden

Color Me Blood Red

In streaming su Cultpix

Terzo capitolo di una "trilogia sanguinaria", dopo Blood feast e 2000 maniacs e opera minore del padrino del gore, anche qui coinvolto nella sceneggiatura e accreditato tecnico della fotografia. Mentre a produrre è il sodale David F. Friedman, compagno d'avventure cinematografiche sin dai tempi dei nudies. Con buona probabilità Lewis fa riferimento ad A bucket of blood (1959) di Corman, spostando il soggetto dalla scultura alla pittura. Nonostante l'idea possa presentare un buono spunto di partenza, la presenza di siparietti ironici, associata ad una colonna sonora da commedia e ad una regia superficiale, contribuisce a rendere Color me blood red un fiacco esemplare di splatter ante litteram. Genere cinematografico, lo splatter, che deve la sua origine proprio a H.G. Lewis quando nel 1963 realizza Blood feast: opera modesta, oggi ben poco impressionante, ma che all'epoca rompeva il tabù della violenza, mettendo in scena omicidi elaborati e sanguinari. Violenza che ovviamente -più per dovere che per intenzione- il regista sente d'obbligo di spargere in almeno due o tre contesti anche qui. Nella lunga filmografia di Lewis, dunque, Color me blood red rappresenta il classico lavoro realizzato con pilota automatico, quindi privo di quelle intuizioni che contraddistinguono i suoi migliori titoli.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Sexomania

  • Erotico
  • USA
  • durata 85'

Titolo originale Sex World

Regia di Anthony Spinelli

Con Sharon Thorpe, Desirée West, Carole Tong, Annette Haven, Amber Hunt, Suzette Holland

Sexomania

Concettualmente simile al seguente Alpha Blue (1980) di Gerard Damiano, SexWorld rappresenta una delle 129 regie di Anthony Spinelli (1927 - 2000), ex attore di serie televisive che, una volta passato dietro la macchina  da presa, è rimasto per sempre (con l'unica eccezione di It's called "Murder", baby) impegnato su set hard, a cominciare dal 1971 con Sexual therapist, per arrivare al 1997 con ultime produzioni girate direttamente in video (Gang bang bitches 13). Un artista progressivamente in declino a causa del mutato sistema produttivo che, da metà Anni '80, impone di girare a bassissimo costo e direttamente per l'home video. Con SexWorld è invece ancora in una fase creativa, in piena "Golden age of porn", e realizza un film dove al sesso si unisce una storia più o meno elaborata. Spinelli è un regista che lascerà traccia del suo operato nel settore, con i successivi Talk dirty to me e High school memories ma soprattutto per i precedenti A portrait of seductionNight caller e Cry for Cindy. Supportato da Dean Rogers ai testi, con SexWorld gira un film intrigante, interpretato da attrici e attori al servizio di una "storia" raccontata per incastro: i personaggi si incrociano, le vicende personali (con profili psicologici mai banali) passano da una camera all'altra. Il sesso è al servizio di una trama accurata, portata sullo schermo con stile e buon gusto, grazie ad un budget tutto sommato decente che permette di curare in maniera particolare le scenografie e i costumi. Al tutto si aggiunge una colonna sonora di classe, opera dell'ispirato Berry Lipman, compositore del motivo principale proposto sui titoli di testa (SexWorld) e, soprattutto, dell'ipnotico brano che accompagna l'effusione conclusiva tra Sharon Thorpe (sensualissima protagonista, nel 1976, del cult Baby Rosemary di John Hayes) e Johnny Keyes (1940 - 2018) nel momento più riuscito del film: Lisa confessa che la sua fantasia "segreta" è quella di aprire "la porta verde", per finire tra le braccia dell'uomo di colore che giace -nel celebre titolo dei fratelli Mitchell- con Marilyn Chambers. Magicamente, in un Mondo in cui le fantasie sessuali si concretizzano, si trova per davvero in compagnia dell'attore di Behind the green door.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Il cervello che non voleva morire

  • Horror
  • USA
  • durata 82'

Titolo originale The Brain That Wouldn't Die

Regia di Joseph Green

Con Jason Evers, Virginia Leith, Leslie Daniels, Adele Lamont, Bonnie Sharie, Paula Maurice

Il cervello che non voleva morire

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Girato da un regista sfortunato e spesso improvvisato, con l'ausilio di un solo soldo (letteralmente dal commento di Cozzi nel dvd Sinister), Il cervello che non voleva morire appare oggi un piccolo gioiello ingiustamente bistrattato dalla critica e snobbato dalle emittenti tv. Chiaramente ispirato dal romanzo di Lovecraft, riesce a farsi seguire nonostante la prevedibilità della storia e genera una certa dose di disagio nel cupo b/n e nella angosciosa riproposizione della testa vivente. Il ritmo (e la curiosità) decollano negli ultimi fantastici minuti.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Wizard of Gore

  • Horror
  • USA
  • durata 95'

Titolo originale The Wizard of Gore

Regia di Herschell Gordon Lewis

Con Ray Sager, Judy Cler, Wayne Ratay, Phil Laurenson

The Wizard of Gore

In streaming su Cultpix

"Io... sono... Montag! Maestro dell'illusione! Nemico della ragione! Un mago, se volete.
Ma cos'è un mago? Una persona che spezza le regole della logica e sbriciola il vostro mondo, così che potrete andare a casa e dire: 'Oh, che abile imbroglione!'
E andate a dormire nella tranquillità della vostra realtà.
Quando capirete che in quel momento non state dormendo nel vostro letto, sognando di essere qui in questo teatro?

 

"Quando pensate che vi state svegliando... state solo iniziando a sognare."

 

Le due citazioni sopra riportate evidenziano una certa similitudine con alcuni monologhi tipici di Zè do Caixao. E anche il look del mago, con un enorme mantello nero, cappello e occhi ipnotizzanti, in parte ricorda la figura del becchino protagonista della lunga serie di horror brasiliani. A rendere ancor più simili i due personaggi, il fatto che anche Montag va e viene da un cimitero trascinandosi dietro i corpi delle vittime. Non è affatto da escludere che Lewis avesse ben presente la saga, quasi contemporanea, di José Mojica Marins. Come che siano di fatto andate le cose, ancora una volta ci troviamo di fronte a un'opera dissacrante, ingenua per la povertà di messa in scena e il minimalismo tipico delle produzioni di Lewis. The wizard of gore non si discosta dai precedenti splatter dell'autore: effettacci insistiti e mal realizzati, con abbondanza di interiora animali; riprese statiche con passaggi da una scena all'altra costruiti con estrema faciloneria e senza alcuna accortezza di montaggio; recitazioni mediocri; fotografia scadente. Però in questa circostanza qualcosa è leggermente diverso dal solito spettacolo sanguinario, la storia è stranamente intrigante e via via che procede, pur con certa lentezza, invoglia a cercare di venire a capo del mistero, cercando di individuare il possibile responsabile dei delitti. La sceneggiatura, opera di Allen Kahn, non è male e anzi azzarda curiose riflessioni sulla strana attrazione che il pubblico prova alla visione di scene violente (si citano l'inquisizione spagnola, i gladiatori romani e gli incidenti stradali facendone un parallelo con l'effetto catartico dei prodotti di finzione destinati a televisione e cinema). Non solo, durante le rappresentazioni teatrali di Montag le scene dei finti delitti vengono montate con effetto anacronistico e spiazzante, cioè dopo aver assistito al disgustoso trucco splatter la sequenza torna indietro di qualche secondo e lo ripropone con esito differente, talvolta anche due o tre volte. Effetto che tende a sottolineare appunto l'illusione percettiva (quindi l'inganno delle apparenze) che lo spettatore al cinema (alla sala il film era destinato) sta provando, parallelamente a quella inscenata in teatro. Sicuramente imbarazzante la surreale svolta in chiusura, che a tradimento si fa gioco di ogni plausibile ipotesi fatta da chi sta guardando, contribuendo a far perdere punti a un film che, per quanto mai banale e ricco di riferimenti metacinematografici, è certamente realizzato con molta approssimazione e poca competenza cinematografica. In fondo, non si dovrebbe dimenticare che Lewis era un insegnante, diventato regista per opportunità economica e senza adeguata preparazione. Si potrebbe comunque azzardare l'ipotesi che The wizard of gore abbia in qualche modo ispirato Bloodsucking freaks, anche se ciò non è detto essere un merito. Come quasi tutti i film horror di H.G. Lewis, inoltre, anche questo ha avuto il suo remake, diretto da Jeremy Kasten nel 2007. 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Gruesome Twosome

  • Horror
  • USA
  • durata 72'

Titolo originale The Gruesome Twosome

Regia di Herschell Gordon Lewis

Con Elizabeth Davis, Gretchen Wells, Chris Martell

The Gruesome Twosome

Film di un'inconsistenza impressionante, girato in un anno particolarmente frenetico per il regista, rappresenta uno dei lavori minori nella carriera cinematografica di Lewis a causa della scarsa sceneggiatura (più adatta a un cortometraggio che a un film) e all'usuale e consolidata semplicità realizzativa tipica dell'autore. Prevalentemente composto da una serie di piano-sequenza, per limitare in maggior misura costi derivati dal lavoro in fase di montaggio. Come sempre le recitazioni sono del tutto inadatte anche se l'inserimento, soprattutto nella prima parte, di momenti ironici in parte giustifica personaggi caricaturali tipo il demente Rodney, che per tutto il tempo in cui appare non fa altro che storgere il muso e soprattutto la bocca, articolando versi gutturali, gemendo ed emettendo insoliti grugniti. Ancora una volta Lewis punta ovviamente al gore e allo splatter ma stavolta il tutto si limita a tre momenti (quattro, se si considera anche il finale di eye violence cui va incontro Rodney): il primo è caratterizzato da un lungo scotennamento che sembra anticipare quelli successivamente messi in pratica da Frank Zito in Maniac (William Lustig, 1980); il secondo, attuato con il coltello elettrico ricevuto dall'assassino come dono della madre, si conclude con il decollamento della vittima; l'ultimo mostra invece il solito sventramento (con interiora di chissà quale povero animale) eseguito con una spada. Ancora una volta la realizzazione degli effetti speciali è minimalista, anche se all'epoca scene tanto sanguinarie devono essere apparse al pubblico molto più che impressionanti. La parte migliore di The gruesome twosome è però quella rappresentata dagli ultimi venti minuti, durante i quali una studentessa si mette alla ricerca dell'amica scomparsa, sino a raggiungere il negozio di parrucche e finendo per essere causa prima del conclusivo redde rationem a danno degli occhi del killer. A lavoro concluso Lewis si accorge che The gruesome twosome dura troppo poco, nonostante come "riempitivo" avesse inserito insensate sequenze, tipo: un drive-in che ha in proiezione uno strano film con una coppia a tavola (la donna parla d'amore e affetto mentre il compagno mangia, beve e rutta), momenti di relax in una spiaggia con studentesse in tenuta balneare e infine addirittura scene di un rally. Così in post produzione il regista pone rimedio, girando il bruttissimo e insensato incipit [2]: due teste "femminili" (con parrucca) di polistirolo e occhi, naso, bocca fatti con ritagli di carta o dipinti, tengono un dialogo non-sense sino a quando Rodney pianta in testa a un delle due un coltello, provocando fuoriuscita di sangue (!). Forse questo folle inizio è anche quello più ironico del film, nonostante le incerte intenzioni di Lewis che non riesce in questo caso né a trattare il thriller e tantomeno la commedia. All'appassionato di cinema weird l'opera può però, con tutti i suoi limiti e anzi in forza dell'incuria generale, riservare un gradevole intrattenimento.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

The Sinful Dwarf

  • Horror
  • Danimarca
  • durata 95'

Titolo originale Dværgen

Regia di Eduardo Fuller

Con Anne Sparrow, Tony Eades, Clara Keller, Werner Hedman, Gerda Madsen, Dale Robinson

The Sinful Dwarf

Unica e singolare regia di Eduardo Fuller (come Vidal Raski), realizzata con buona parte d'attori alla loro irripetuta esperienza sul set, tranne che per le prigioniere di Olaf, apparse anche in pellicole a luci rosse (ad esempio, Lisbeth Olsen e Jane Cutter) e per lo stesso Torben Bille (1945, 1993 - presente anche nel proto-porno danese della serie sullo zodiaco: Missione sexfinger). The sinful dwarf è destinato a diventare un titolo di culto della sexploitation, non tanto per i contenuti espressi graficamente sullo schermo (abbondano i nudi femminili, ma la versione hard contiene poco più di esplicito), quanto per una malsana atmosfera che regna incontrastata dall'inizio sino alla fine. Fuller dirige senza particolari intuizioni di regia, valorizzando però la tetra e asfissiante location caratterizzata da misere camerette, un attico pieno di giochi e vestiti (utilizzati dalla madre di Olaf, in quanto ex cabarettista che di esibisce per l'anziana sorella mentre il figlio suona il pianoforte), e le celle di segregazione destinate ad ospitare le povere sventurate. Un ambiente che contrasta con la sentimentale e delicata storia d'amore vissuta dai due coniugi. L'effetto ambiguo è provocato anche dalla colonna sonora di tipo romantico, delicata e in opposizione con il tetro contenuto. Mentre un certo malessere durante la visione è suggerito dalla "normalizzazione" della perversione e della cattiveria, resa ingiustamente meno significativa e meno deprecabile dai siparietti che vedono la folle e ubriaca madre, in compagnia della sorella, dilungarsi in lunghe sedute a base di tè e di esibizioni canore, mentre i clienti nelle celle abusano delle ragazze drogate. La protagonista (Anne Sparrow) è poi bellissima, e nella parte finale non lesina nel mostrare un fisico perfetto, costretto in catene e tormentato (con un bastone da passeggio) dal malefico nano. I titoli di testa, geniali, offrono una sfilata di pupazzi meccanici in animazione (orsacchiotti, cavallucci, scimmiette, volpi, trenini ecc...), anticipando in parte il ruolo fondamentale degli stessi (utilizzati come vettori di sostanze stupefacenti) che appaiono con ripetizione in ogni circostanza, contribuendo a rendere più inquietante con la loro apparentemente innocua presenza l'angosciante ambientazione. Orientato in buona misura al thriller, con un incipit che già annuncia la deriva morale ed etica verso la quale lo spettatore verrà proiettato, The sinful dwarf resta un titolo emblematico della cinematografia estrema, in arrivo da una nazione (la Danimarca) che ha in parte anticipato nei tempi anche il genere delle luci rosse. Il finale metaforico (Olaf gioca con un modellino di macchina della polizia, prima che una pattuglia arrivi sotto alla pensione), ricollegato all'inizio, contribuisce a rendere ancora più intensa la sensazione di smarrimento indotto dalle scorrette e patetiche allusioni sessuali. Perché pur essendo erotico (e horror, anche se in parte un precursore del genere WIP), il film non offre poi tanto materiale esplicito. Anche se è circolato in doppia versione, neppure in quella spinta offre molto di più, se non un paio di minuti hard. Operazione stranissima se considerata con gli occhi di oggi, molto meno se collocata a metà degli anni Settanta quando il film è stato distribuito, finendo però per essere bandito dalla proiezione nelle sale svedesi. Resta forte la sensazione che Olaf sia poi un fratello maggiore del "nano erotico" offerto con molto meno ritegno e un'alta dose di sgodevole pornografia da Alberto Cavallone, celato dietro lo pseudonimo di Baron Corvo. In entrambi i film si respira un'aria malsana, che permane a lungo anche dopo aver terminato la visione e non è ipotesi campata per aria l'idea che Cavallone potesse, se non averlo visto, essere a conoscenza di questo The sinful dwarf. In caso contrario, i due nani peccaminosi raggiungono livelli di miracolosa compatibilità e affinità elettiva, per quanto del tutto identica la deriva morale nella quale operano: misogini, disgraziati, degenerati, sadici, pervertiti, erotomani ma, soprattutto, lillipuziani impotenti.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Star Babe

  • Erotico
  • USA
  • durata 80'

Titolo originale Star Babe

Regia di Jack Genero

Con Christine Kelly, Tomi La Roux, Cindy Lynn, Ann Perry, Tyler Reynolds

Star Babe

Parodiare un giocattolone sopravvalutato come Star wars (opera alla quale quel bambinone di George Lucas è rimasto legato tutta la vita), non può che essere motivo di divertimento. Sia che a farlo ci pensi un mattacchione di nome Mel Brooks (Balle spaziali, 1987), oppure l'anonimo Jack Genero (1943 - 2017), sconosciuto ma pioniere regista di pellicole hard a partire dal lontano 1971, attivo sino al 1989 con oltre 50 titoli in curriculum. Questa è la prima esplicita (e quindi anche, paradossalmente, matura) rilettura per adulti, alla quale seguirà - in contemporanea al revival della saga - Star wars XXX: a porn parody (Axel Braun, 2012). Come la si voglia intendere, se si è raggiunta la maggiore età, le guerre stellari sono sicuramente più interessanti e meno noiose quando trattate in chiave erotica. Nel caso di Star babe c'è da dire che Genero si è sbizzarrito nel tentativo di inserire nella film riprese d'archivio - evidente materiale NASA (s'intravedono capsule in rientro atmosferico, targate con bandiera americana!) - e ridicoli effetti grafici, truccando gli attori con qualche maschera di carnevale, tra cui quelle di uno scimmione, di Darth Vader, della Guardia Imperiale e dell'immancabile Chewbecca. La trama, quasi inesistente, ci propone queste tre bellezze, armate di pistole ad acqua, che viaggiano su una strampalata astronave (il cui interno è costituito da una cameretta arredata con arcaici elementi elettronici e meccanici), indossando caschi di plastica e (s)vestite con costumini balneari. Dopo essere planate su un pianeta alieno entrano in un bar curiosissimo, dal nome singolare (The Anus), evidente copia di quello interstellare presente in Star wars, dove per aderenza al modello ispiratore i clienti sono tipi dalla stranissima fisionomia: il barista indossa un mascherone da Nixon e gli avventori sono mostri meccanici (robottini in miniatura ripresi come fossero di dimensioni umane), formichieri, scimmioni e caricature antropomorfe dai lineamenti indescrivibili. Nonostante la miseria dei set e quella di messa in scena, durante la visione qualche risata ci scappa e gli occhi non soffrono più di tanto, essendo le tre protagoniste piuttosto graziose. 

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Buonanotte Brian

  • Horror
  • USA
  • durata 93'

Titolo originale Deadtime Stories

Regia di Jeffrey Delman

Con Scott Valentine, Nicole Picard, Matt Mitler, Cathryn de Prume, Melissa Leo, Kathy Fleig

Buonanotte Brian

In streaming su Plex

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Prima di tre sole regie (assieme ai successivi Random shooting in L.A. e all'indedito The walkers) di Jeffrey Delman, già assistente di produzione per Venerdì 13 - L'assassino ti siede accanto (Steve Miner, 1981). Un low budget girato in maniera stranamente efficace, nonostante le scarse sceneggiature alla base degli episodi. Delman, anche autore della colonna sonora, punta tutto sulla preziosa collaborazione del valido effettista Ed French, artista che nonostante il limitativo budget riesce a realizzare (soprattutto per il segmento Peter and the witches) miracolose sequenze girate anche a passo 1. La filosofia alla base dell'operazione è chiaramente la stessa che ha dato origine a Creepshow, dato che le intenzioni degli autori sono quelle di realizzare un horror antologico fortemente ironico. Proprio questo registro, presente in tutti gli episodi e con deriva demenziale nell'ultimo (Goldilocks & the three Bears) - associato a una certa originalità grafica - è quello che rende unica l'operazione. Buonanotte Brian è un film modesto che riesce però a far trascorrere 80 minuti in maniera piuttosto divertente a differenza di tanti altri horror (anche più seri) precedenti, contemporanei e soprattutto successivi. Distribuito decenni fa in VHS e recentemente anche in bluray, lo si può visionare pure in streaming essendo disponibile su "Amazon Prime" (versione e doppiaggio d'epoca di fine anni Ottanta), con il titolo originale di Deadtime stories.

Rilevanza: ancora nessuna indicazione. Per te? No

Ti mangerò la pelle

  • Horror
  • USA
  • durata 92'

Titolo originale I eat your skin

Regia di Del Tenney

Con William Joyce, Heather Hewitt, Walter Coy, Dan Stapleton, Betty Hyatt Linton

Ti mangerò la pelle

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Del Tenney (1930 - 2013) ha tentato la carriera di attore, produttore e regista - affrontando sostanzialmente il genere horror - senza mai ottenere risultati particolarmente entusiasmanti. Debutta dietro la macchina da presa nel 1964 girando due film: The curse of the living corpse e il musical The horror of party beach. Nel 1965 anticipa George A. Romero e il suo La notte dei morti viventi (1968) producendo, scrivendo e dirigendo questo antesignano de Il serpente e l'arcobaleno (Craven, ottenendo ben altro risultato, potrebbe essersi a suo modo ispirato proprio a questo titolo). Girato a Key Biscayne come Carribean adventure (per celare ai residenti il fatto che si trattava di un horror), I eat your skin rimane inedito per sei anni, finendo per essere poi distribuito in coppia con I drink your blood (da noi noto come La rabbia dei morti viventi). L'accoglienza a dir poco tiepida del pubblico lo spinge a desistere dal ritornare a dirigere. Resterà poco attivo come produttore (ad esempio per lo slasher Vuoi conoscere un segreto? del 2001) sino a terminare la carriera con l'ultima (di sole quattro) regia (Descendant, 2003). I eat your skin si attesta sulla bassa media delle altre pellicole dirette da Tenney, finendo per apparire un riassunto mal scritto di precenti capisaldi horror (I walked with a zombie in particolare) annichilito da un inadatto registro da commedia (tutto l'incipit con lo scrittore donnaiolo, il finale in piscina). Gli spunti di certo rilievo (il ricercatore filantropico orientato a trovare una cura per il cancro) finiscono così per scomparire di fronte a personaggi macchiettistici, inseriti in un contesto surreale e poco interessante. Poco interessante anche a causa di brutti effetti speciali con zombi truccati a livello amatoriale ed effetti di trasformazione (previa iniezione del siero) girati in dissolvenza come ai tempi de L'uomo lupo (1941). È stato recuperato in anni relativamente recenti (2009) dalle distribuzioni home video italiane circolando in lingua originale con sottotitoli, come Il voodoo dei morti viventi e/o Ti mangerò la pelle.

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Toporagni assassini

  • Horror
  • USA
  • durata 69'

Titolo originale The Killer Shrews

Regia di Ray Kellogg

Con James Best, Ingrid Goude, Ken Curtis, Gordon McLendon, Baruch Lumet, Judge Henry Dupree

Toporagni assassini

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"Chi gira di notte vi dirà che il più selvaggio e viscido di tutti gli animali è il piccolo toporagno. Il toporagno colpisce solo di notte, al chiaro di luna. Deve mangiare quanto il suo stesso peso ogni poche ore, o muore di fame. E il toporagno divora tutto. Ossa, carne, i loro simili, tutto quanto. In marzo prima in Alaska, e poi invadendo costantememte a sud, ci sono state segnalazioni di una nuova specie. Il gigante toporagno killer." (Voice over prima dei titoli di testa)

 

La prospettiva di trovarsi di fronte ad un trash tipico della sci-fi Anni '50, magari prossimo a Plan 9 from outer space, viene piacevolmente disattesa sin dai primi minuti: scenografie, attori e testi annunciano che, a differenza di quello che il titolo può far supporre, Ray Kellog (1905 - 1976) ha un'ottima mano in regia e la sceneggiatura di Jay Simms, per quanto prevedibile e ingenua (in particolare nel secondo tempo), è un gradino sopra alla media dei coetanei titoli fantascientifici americani del tempo. Quando poi subentrano i "toporagno gigante" la sorpresa aumenta, positivamente, per quanto ben realizzate le creature. Salvo infatti pochi primi piani in cui viene fatto uso di pupazzi (molto ben realizzati considerato l'anno), per rendere realistiche le mostruose cavie di laboratorio geneticamente modificate, nelle riprese in campo lungo sono stati utilizzati cani (di razza Coon) "truccati", riuscendo a rendere verosimile l'impossibile assunto. Che parte dalla realtà del minuscolo "Solisorex Soricidae" (detto appunto toporagno), qui reso gigante a causa di manipolazioni genetiche ante litteram. Ray Kellog - durante la Seconda guerra mondiale cameraman al servizio dell'esercito degli Stati Uniti - debutta in regia con questo film dopo un lungo trascorso come tecnico degli effetti speciali, anche in produzioni 20th Century Fox. Questo giustifica in parte la superiorità, come già detto da un punto di vista tecnico, di Toporagni assassini rispetto a pellicole del tempo, girate anche con maggiori budget. La carriera di Kellog in ruolo di regista è purtroppo brevissima, ridotta al biennio 1959/1960, cioè a questo film, a The Giant Gila Monster (girato in double bill con The killer shrews) e al misconosciuto My dog, friend (1960).

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