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A Mad Max Saga: Furiosa

Regia di George Miller vedi scheda film

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La recensione su A Mad Max Saga: Furiosa

di supadany
8 stelle

Per loro stessa definizione, i fulmini a ciel sereno sono episodici, non capitano tutti i giorni. Eventi praticamente impossibili da aggiornare/replicare, perlomeno nella loro interezza, che, quando sono baciati dalla fortuna, diventano modelli da inseguire, da utilizzare come fonte di ispirazione. Di fatto, a tutto quanto succede/consegue a cascata di una rara avis di questa tipologia, come minimo mancherà sempre qualcosa, ovvero l’effetto sorpresa, quel fattore inaspettato che lascia a bocca aperta, generando un valore aggiunto tale da apportare una sostanziale differenza, uno scarto tanto netto quanto inequivocabile.

Nello specifico di Furiosa, era ingiusto/inappropriato aspettarsi un ulteriore salto di qualità rispetto a Mad Max: Fury road, il suo diretto predecessore che, a suo tempo, era stato un instant cult in grado di dare due giri di pista a tutti i suoi competitor. Al contempo, George Miller si ripresenta in forma smagliante, i fondamentali rimangono robusti e, valutandolo all’interno della – per dirla tutta, vetusta – categoria di sequel/prequel, appartiene a quella ristretta minoranza di titoli che ne sono usciti a testa alta, senza perdere la faccia, difendendosi con le unghie e con i denti, perseguendo quei canali privilegiati che tutti gli appassionati della prima ora volevano a ogni costo ritrovare sulla loro strada.

Quando è ancora una bambina, Furiosa (Alyla BrowneAscolta i fiori dimenticati, Nove perfetti sconosciuti) viene rapita da un gruppo di motociclisti e consegnata a Dementus (Chris Hemsworth - The Avengers, Tyler Rake), un leader assetato di sangue e di risorse da consumare insieme alla sua nutrita armata di barbari.

Anni dopo, finisce tra le grinfie dello spietato Immortan Joe (Lachy HulmePreacher, Killer Elite), scambiata per evitare una guerra tra quest’ultimo e Dementus, ma appena le è possibile cambia identità e si fa passare per un ragazzino, così da mescolarsi con gli uomini deputati alla guerra.

Divenuta adulta, Furiosa (Anya Taylor-JoyLa regina degli scacchi, Ultima notte a Soho) riuscirà a farsi apprezzare per la sua attitudine alla battaglia, tanto da affiancare il quotato Praetorian Jack (Tim BurkeSolo Dio perdona, Il prodigio), un guerriero che sfida le avversità del deserto per spostare carichi importanti.

Nonostante la posizione acquisita e il sensibile legame maturato con Jack, Furiosa ha un unico e insindacabile obiettivo, ossia vendicarsi di Dementus, l’uomo che le ha tolto tutto quanto di più caro aveva al mondo.

 

Anya Taylor-Joy

A Mad Max Saga: Furiosa (2024): Anya Taylor-Joy

 

Furiosa è il quinto appuntamento/capitolo della saga di Mad Max, un’avventura cominciata nel 1979 con Interceptor e proseguita due anni dopo con Interceptor – Il guerriero della strada, con trent’anni di pausa tra Mad Max: Oltre la sfera del tuono e Mad Max: Fury road.

Trattasi di un’origin story vorace e appariscente, già abbozzata prima di Fury Road per fornire a Charlize Theron tutte le indicazioni necessarie per entrare nel personaggio, che deve fare i conti con un arco narrativo più ampio (circa quindici anni contro i pochi giorni del suo illustre antesignano), quindi con una trama che non può scomparire del tutto e che presenta più segmenti separati.

Se la progressione narrativa, quantunque sia scandita da canoni consueti, tra racconto di formazione, perdita dell’innocenza e la ricerca della vendetta, non è certo ineccepibile, tra passaggi farraginosi e scelte ellittiche/iperboliche, George Miller allunga la falcata e sale in cattedra con spiccata perentorietà, denotando una confidenza sterminata, ogni qualvolta l’azione prende il sopravvento, fatto che avviene con costanza e intensità crescente lungo il corso del film. Dunque, conferma una forza d’urto letteralmente devastante, producendo reazioni a catena altamente infiammabili che giostrano una mole ragguardevole di elementi in contemporanea senza lasciare al caso nemmeno un singolo pezzo secondario, squarciando un’umanità in stato avanzato di putrefazione, laddove il linguaggio della violenza è l’unico a essere compreso e niente/nessuno può sentirsi immune dai subdoli guasti in atto.

Insomma, la quintessenza – in trance agonistica - richiesta a furor di popolo è assolutamente in prima fila, espressa ad abundantiam attraverso una serie di gironi infernali e marchingegni che costituiscono una sinfonia perfettamente intonata, in grado di spostare una volta di più gli equilibri, con un marchio visivo terso e dominante che viene rinnovato grazie alla purezza della fotografia del neozelandese Simon Duggan (Il grande Gatsby, Io, robot), all’esoso e suntuoso impatto scenografico prestabilito da Colin Gibson (Priscilla – La regina del deserto, The great wall) e infine suggellato dal montaggio della fedelissima Margaret Sixel (Mad Max: Fury road, Happy feet), che convoglia l’energia cinetica con una fluidità formidabile.

Dulcis in fundo, anche il cast aggiunge un tassello importante, facendo ampiamente il suo dovere. Anya Taylor-Joy dispone del magnetismo e della tempra indispensabili per sostenere un personaggio rabbioso e di poche parole, mentre Chris Hemsworth raffigura un villain sopra le righe, tramite una fisicità imponente, un trucco che ne deforma i connotati e un timbro bizzarro che non gli è certamente nuovo.

 

Chris Hemsworth

A Mad Max Saga: Furiosa (2024): Chris Hemsworth

 

Alla resa dei conti, Furiosa è un prodotto selvaggio e acido, anfetaminico e pirotecnico, che si piazza inevitabilmente un paio di gradini sotto al suo precursore, ciò non toglie che, come film di genere e derivativo, conosce pochi avversari in grado di tenergli testa. Ha una forte personalità e una vena distruttiva con pochi eguali, sprigiona/sovvenziona una full immersion monopolizzante, con giusto alcuni rallentamenti a inficiarne lo scorrimento (sul finale, quello più evidente e controproducente), senza trascurare un packaging nel quale praticamente ogni elemento rema – a tempo – nella stessa - e vincente - direzione.

Senza esclusione di colpi e con un pugno di ferro sadico/scalmanato, tra violenza senza confini e sofferenza, sopraffazione e rancore, caricature e carcasse avariate, denti avvelenati ed esecuzioni crudeli, timing pazzeschi e sfizi ludici, assalti alla diligenza e grinta da vendere, il tutto composto/definito da un regista quasi ottantenne che ha la spigliatezza di un ragazzino e l’esperienza di chi non deve dimostrare più nulla, avendo fatto della duttilità il suo mantra perpetuo (vedi la filmografia, che non si fa mancare nulla).

Rutilante e furibondo, inossidabile e percussivo.

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