Se hai più qualche anno in saccoccia, John Stonehouse lo conosci sicuramente. Non dico che ti ricordi precisamente il mini-scandalo della politica britannica di cui è stato protagonista a metà degli anni ‘70. Perbacco, scommetto che non se lo ricordano nemmeno gli inglesi. Noi sì che abbiamo avuto degli anni ‘70 scoppiettanti, altro che parlamentari in bancarotta che fingono male la propria morte per annegamento. Quello che è stato protagonista dello scandalo, in ogni caso, è solo uno dei tanti John Stonehouse. L’originale, certo. Ma uno dei tanti. Era uno Stonehouse anche quel tuo compagno delle superiori che a 17 anni imparava i libri di testo a memoria per farsi dire “bravo” dai professori e sopperire a una certa anaffettività paterna, che non sapeva allacciarsi le scarpe da solo e non riusciva a parlare alle ragazze; poi si è iscritto alla Luiss, avete perso ogni contatto e dopo non aver pensato a lui per circa quarant’anni oggi scopri che fa il dirigente pubblico in un ruolo fondamentale allora ti dici vabbè, ma in quarant’anni le persone cambiano e si evolvono, quindi per curiosità vai a cercarlo su Facebook per chiedergli l’amicizia e scopri che adesso è terrapiattista e anche un po’ antisemita.

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Stonehouse

La biografia del tardo Stonehouse – che oltre a essere un cognome e una tipologia di persona è anche il titolo della miniserie inedita della settimana – è una di quelle storie che ti fanno rivalutare tutte le volte che hai stroncato una serie o un film perché ti sembravano poco credibili. È pur vero che questo sceneggiato in tre puntate non si nasconde, ammettendo di aver romanzato a tutto spiano per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi. Ma è altrettanto vero che parte delle rivelazioni sul tradimento di Stonehouse (ci arriviamo subito), sulla sua bancarotta fraudolenta, sulla morte simulata e sulla fuga in Australia arrivano direttamente da The Defence of the Realm, la cronistoria ufficiale del MI5 compilata, nel 2009, dallo storico di Cambridge Christopher Andrew.


Ci voleva una discreta penna, fantasiosa ma filologica, per rendere interessante una storia presa un po’ dalla nuda cronaca parlamentare e un po’ dalla storiografia. Ci ha pensato il romanziere e giornalista John Preston – peraltro già autore del reportage da cui è stata tratta la miniserie A Very English Scandal – a cui il canale pubblico ITV1 ha affiancato, come regista, il buon scozzese Jon S. Baird (Il lercio, Stanlio e Ollio).

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L’episodio pilota inizia con la classica prolessi da simil-biopic. Si parte dalla fine, solo che poi si scopre che non è proprio la fine. È una fine. Quello di Stonehouse è un pilota tondo, che nel giro di una puntata chiude uno dei cerchi concentrici della vita del protagonista e ne apre un altro per introdurre quella successiva. Come se l’archetipica struttura restaurativa in tre atti hollywoodiana fosse stata perfettamente divisa in altrettanti episodi. Solo che, a sbirciare la biografia dello Stonehouse originale, la risoluzione della crisi con cui dovrebbe concludersi la sua parabola per avere il classico lieto fine hollywoodiano ce la possiamo scordare.

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Le premesse della sua storia, in breve. Londra, fine anni ‘60. Nel nuovo governo laburista da poco eletto c’è anche John Stonehouse, “giovane” (rispetto al resto della cavalleria di cariatidi) politico rampante e ambizioso, figlio di sindacalisti, che viene nominato prima vice-ministro dell’aviazione, poi direttore generale delle poste del Regno Unito e quindi in tempo zero viene ricattato con successo (e nel modo più beota possibile) da parte dei servizi segreti cecoslovacchi. La neo-spia doppiogiochista Stonehouse prende il suo nuovo hobby contro il logorio della mezza età con discreta filosofia e anche con un sacco di incoscienza, decidendo di guadagnarci più soldi possibile per mantenere uno stile di vita dispendioso.

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Questo perché John Stonehouse, oltre a essere un ipocrita e un fedifrago, è anche e soprattutto un idiota e un cialtrone. Abbastanza idiota e cialtrone da essere convinto di passare spiate sconvolgenti che però riguardano notizie uscite due giorni prima al tg in Francia senza che lui ne abbia contezza. Oltretutto Stonehouse è pure circondato da gente altrettanto cialtrona. O meglio: da furbastri che sono consapevoli della sua dabbenaggine e sono convinti di averlo sotto il loro controllo, dunque si bevono qualsiasi scemenza lui ammannisca (la passione per i cristalli di Boemia), sicuri che un fesso del genere non avrebbe mai le risorse cognitive per essere una spia (o un potenziale rivale politico).

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Insomma, John Stonehouse è, a detta dello stesso agente segreto ceco che lo ha ricattato e reclutato, la peggior spia di sempre. Il blocco sovietico chiude i rubinetti, la carriera politica va a ramengo – per manifesta incapacità, non perché il suo tradimento sia stato scoperto – e John si trova sull’orlo della bancarotta. La sua soluzione? Fingere di affogare nell’oceano durante un viaggio di lavoro a Miami e scappare in Australia con la sua segretaria. Ora la vera domanda è: un personaggio del genere come fai a raccontarlo senza farlo sembrare odioso o fastidioso?

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Un miracolato del tutto inadeguato, finito non si sa come a fare il ministro delle poste nonostante la lapalissiana incompetenza, che oltretutto non si accontenta della beneficiata e ha l’ardire di voler parassitare ancora di più – “come ogni socialista modello”, gli fa notare l’agente segreto ceco. Come fai a renderlo un protagonista capace di suscitare empatia e, dunque, interesse? In due modi. Dipingendo un’umanità intorno a lui (la moglie, i vertici del partito, i giornalisti) che, consapevole dei limiti dello Stonehouse, se lo tiene a portata di mano per poterlo utilizzare alla bisogna e poterlo trattare con condiscendenza. Un atteggiamento che, per reazione, ti fa quasi venire voglia di stare dalla parte di quel fesso di John.

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L’altro modo è affidare il tuo protagonista a un interprete fenomenale come Matthew Macfadyen (Tom di Succession, per dire) che instilla nel ritratto di un uomo così fallato e limitato la quantità di umanità necessaria a intravedere se non una giustificazione, quantomeno una spiegazione alla serie di scelte idiote che hanno rovinato la vita a lui e a un altro buon tot di persone.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.