Salve amici, e un cordiale omaggio anche ai conoscenti. Vi piace la fantascienza, vero? Vero. La fantascienza è proprio bella. E oggi parliamo di quel tipo di fantascienza che, soprattutto se sei un italiano mediamente cosciente e vivi in un raggio di 10 ore di macchina dal CERN dove in questo momento stanno sparando particelle sottoterra per tentare di scoprire robe tipo l’origine della massa dei barioni o se la materia oscura prima o poi ci mangerà tutti, ti fa dire: ehi, da qualche parte in questo momento qualcuno sta facendo esattamente questo e siamo a un passo da quell’orizzonte degli eventi sci-fi in cui qualche scienziato sbaglia qualcosa e noi ci ritroviamo con un buco nero al posto di Parigi. Scenari apocalittici a parte, questa serie d’animazione che si intitola Pantheon si iscrive proprio a quel filone della fantascienza che ha l’inquietante pregio di guardare a quello che già esiste per tentare di prevederne gli effetti – soprattutto sulla psiche umana – più che tentare di immaginare quello che ancora non c’è e può darsi sarà.

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Pantheon

La storia, le cui vaste premesse sono ottimamente gestite grazie a un misto fra voce fuori campo, ellissi narrative e moltiplicazioni dei punti di vista, inizia con uno scienziato che è anche amorevole padre di famiglia e, oltretutto, malato terminale. Fatalità, scopre di essere prossimo a lasciarci le penne proprio poco tempo dopo aver cominciato a lavorare, insieme al migliore amico, all’ambizioso progetto di un’Intelligenza Caricata, ovvero la possibilità di trasferire una mente umana per intero (emozioni comprese) su di un supporto non organico. Lo scienziato offre il proprio corpo morente per effettuare il primo test sulla nuova tecnologia. Alla moglie, e di riflesso alla figlioletta (Maddie) protagonista della serie, dicono che l’esperimento non è andato a buon fine.

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Ma pochi anni dopo le due donne vengono contattate da un’entità digitale che dice di essere il marito/padre. Forse è la verità, forse è solo la grande azienda alle spalle del test (la Logorhythms) che sta continuando a pasticciare con i dati cerebrali del morto. Maddie coopta l’aiuto di un brillante coetaneo adolescente, Caspian, per tentare di capire se si tratta davvero del padre e se esiste la possibilità di liberarlo dal giogo digitale di Logorhythms. Quelli di Logorhythms, per inciso, sono cattivi seri e spaventosi perché A) lo fanno per il cash, il pazzo cash a livello principe Saudita che vince tutte le lotterie del mondo e B) sperimentano ai limiti dell’etica in maniera losca perché sono consapevoli di una grande verità, o almeno di un grande aspetto parziale della verità che fa loro particolarmente comodo: quando la gente non è pronta ad accettare una novità rivoluzionaria ne avrà una paura tremenda e farà di tutto per distruggerla. Ecco, solo che nel frattempo spuntano anche altre due Intelligenze Caricate e la storia sembra pronta a diventare molto più grande e su scala più vasta – diciamo multidimensionale – rispetto a un semplice mistero sullo spionaggio industriale futuristico.

Comunque devo ammettere di aver barato. Siccome di episodi di Pantheon in America ne sono usciti due, li ho guardati entrambi. E c’è da dire che la faccenda più sorprendente di questa serie sta nella progressione narrativa tra la prima e la seconda puntata, una parabola già così avvolgente e avvincente e in procinto di espandersi sempre di più, che lascia intuire come le spire di questa storia intrappoleranno più di un appassionato del genere. E anche qualche non appassionato. Poi – ed è meglio dirlo a bassa voce, così non si sente tanto e magari le aspettative non decollano troppo – qualcosa nell’inizio di questa serie ricorda Satoshi Kon; saranno le atmosfere, saranno certe linee e prospettive dell’animazione (comunque fisiologicamente più approssimativa rispetto a quella di Kon), o sarà una volontà simile nell’allacciare il discorso fantascientifico a una riflessione filosofica su quale sia il senso dell’essere umani.

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Merito a chi ha scritto la serie – il semi-carneade Craig Silverstein, produttore tv di lungo corso e già creatore di un paio di serie un po’ così (Terra Nova, Standoff) –, ma soprattutto a chi ha scelto di adattare The Apocalypse Triptych, trilogia di antologie di racconti sci-fi che si struttura come una parabola (i volumi si intitolano The End is Nigh, The End is Now, The End Has Come: La fine è vicina, La fine è adesso, La fine è venuta). Nello specifico, a essere scelti sono stati i testi di Ken Liu, uno che a 45 anni ha già sullo scaffale del salotto due Hugo Award per il miglior racconto di fantascienza dell’anno; oltre a essersi inventato un genere: il silkpunk, mélange tra fantasy e fantascienza che, come fa lo steampunk con l’estetica tecnologica di epoca Vittoriana, ha come fonte di ispirazione l’antichità dell’Estremo Oriente. La serie è targata AMC+, ovvero il servizio di streaming on demand di AMC, il canale via cavo che negli anni ci ha deliziati con Mad Men, Breaking Bad, Better Call Saul, Halt and Catch Fire, Preacher, The Walking Dead... Insomma, ci sono ottime speranze che Pantheon arrivi presto su qualche schermo italiano.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.