In una puntata dei Simpsons che è più preziosa dello zafferano, Homer si accorge di non essere in grado di farsi rispettare da nessuno e in nessun ambito, convincendosi che il problema stia tutto nel suo nome. Lo cambia legalmente in Max Power e improvvisamente le persone attorno a lui gli prestano attenzione e sono inclini a pensare che sappia il fatto suo. Dopo una ragguardevole serie di eventi, Homer comprende che è tutta questione di fuffa e di atteggiamento, decidendo di tornare al suo vecchio nome; non prima di confessare quello alternativo che ha scelto per Marge (Prosperosa LaRue). Max Power era il nome che Homer Simpson sognava solo perché non aveva mai sentito parlare dei Champion che danno il titolo a questa serie inglese, famiglia di South London originaria della Giamaica che con la sola imposizione di un cognome particolarmente impegnativo ha condannato i due figli, il maggiore Bosco e la secondogenita Vita, a una vita al costante inseguimento di quei risultati che giustificano un’anagrafe del genere. Senza contare che, a rigor di logica, in una sfida (solitamente) se ne elegge uno solo, di campione.

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Champion

E già così, con un nomen omen che ricopre le fondamenta della serie, si può intuire la natura letteraria e teatrale di questa serie prodotta e trasmessa da BBC One, creata e sceneggiata dalla showrunner esordiente Candice Carty-Williams: scrittrice londinese non ancora trentenne di origini giamaicane e indiane, che ha smosso abbastanza cose con il suo romanzo d’esordio del 2017 (Queenie), tanto da impegnare Channel 4 nella promessa di un futuro adattamento in miniserie (da lei stessa curato). Per il suo debutto televisivo con Champion, nel frattempo, Carty-Williams sceglie il registro del dramma musicale per scrivere una storia originale che pesca da vari riferimenti provenienti dalle più disparate forme di narrazione, realizzando un episodio pilota denso e a tratti squilibrato, ma ricco di personalità.

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Champion

Champion è la tragedia greca di una famiglia di immigrati scompensata da valori troppo tradizionali e reazionari, costretta dall’ambiente difficile in cui abitano (la periferia di South London) a puntare in alto con brutale ambizione, poche attenzioni per le sfumature e scarsa intolleranza per la debolezza. La poco più che ventenne Vita lavora nel ristorante giamaicano della madre oltre a essere la galoppina del fratello maggiore, rapper in ascesa ma dai comportamenti altalenanti e capricciosi fuori dal palco; ma è lei, fra i due, a essere in possesso di un vero talento artistico sin da quando erano piccoli, è lei che scrive tutte le canzoni che Bosco canta ed è lei che avrebbe la testa e la disciplina per raggiungere il successo. Ma Bosco ha dalla sua il fatto di essere il primogenito e di essere maschio: è lui il principino di famiglia da portare in palmo di mano, che è sempre stato ferocemente sostenuto da mammà e a cui non è mai stato detto di no nemmeno una volta. È lui che cresce con una sindrome dell’impostore e con un complesso di inferiorità nei confronti della sorella che non è nemmeno consapevole di avere, involvendo in un venticinquenne viziato, fragile, immaturo, irresponsabile e, tecnicamente, anche un po’ stronzo.

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Champion

Champion è anche una soap opera e un melodramma. Oltre a spazzare le proprie ambizioni sotto al tappeto, Vita è anche costretta a nascondere il suo amore (ricambiato. In teoria) nei confronti del migliore amico del fratello perché ha paura delle reazioni dell’intera famiglia. E quando, spronata dalla migliore amica, decide finalmente di mettere in gioco la propria arte, lo fa alla corte di uno dei rivali musicali di Bosco che le garantisce un provino e ne riconosce immediatamente il talento. C’è del dramma che bolle in pentola, una tragedia da parrucchiere dell’antica Grecia in cui l’invidia fraterna, il conflitto madre-figlia e le norme sociali deflagreranno in una grande esplosione rappusa.

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Champion

Sì, perché oltretutto Champion è anche una serie musicale; non un musical, ma una serie su aspiranti rapper che si esibiscono spesso e volentieri con pezzi che, peraltro (almeno nel pilota), hanno sempre un significato diegetico e vanno a rinforzare i sentimenti dei personaggi – la seconda canzone che canta Bosco durante il set che apre la puntata è dedicata alla donna che più di tutte ha aiutato la sua carriera e quando il ragazzo rivela che sta parlando dell’asfissiante madre, Vita si sente ingiustamente ignorata dal momento che gran parte del successo del fratello è dovuto al suo duro lavoro. Champion non colpisce esattamente con precisione, è più un mazzuolo di quelli che spaccano il bersaglio e anche i suoi dintorni. Ma avercene di serie che, per una volta, fanno un po’ quello che vogliono senza adagiarsi sui soliti binari.

Autore

Nicola Cupperi

Scrive per FilmTv perché gliel'ha consigliato il dottore. Nel tempo libero fa la scenografia mobile. Il suo spirito guida è un orso grigio con le fattezze di Takeshi Kitano.