Come se niente fosse

Che fareste se sapeste di avere i giorni contati? C’è chi molla tutto e parte per una crociera intorno al mondo, chi si dà al volo in tuta alare, chi festeggia il Natale ogni giorno: un corpo celeste sta per schiantarsi sulla Terra (probabilità dell’impatto: «101%») e da mesi, ormai, non esistono più proprietà privata né comune senso del pudore, perché la prospettiva della Fine ha liberato tutti dall’ipocrisia e dal capitalismo.

Tutti, o quasi: Carol non ce l’ha, un sogno da realizzare, e mentre chiunque si dà al surf o ai rave e perfino i suoi genitori vivono da nudisti in un ménage à trois, lei è rimasta l’unica a bramare l’ottundente routine del mondo prima. O forse non è l’unica, come si scopre nel pilota della bella serie animata (ormai il comparto migliore, per distacco, dell’offerta Netflix) creata da Dan Guterman, tra gli autori di Community e Rick and Morty: dentro un palazzo fatiscente, Carol scova un ufficio perfettamente funzionante, dove impiegati e stampanti marciano con oliata sicumera, come se niente fosse.

Nessuno sa a cosa serva l’azienda, e nessuno lo chiede, perché l’importante è avere un luogo dove il ticchettio dei tasti faccia passare le ore con la rassicurante promessa che domani tutto sarà uguale. Comincia così una sgangherata e brillante workplace comedy apocalittica (un inno al conforto della noia che, nei suoi momenti più ispirati, evoca Il re pallido di David Foster Wallace), forgiata in un tratto grafico tondeggiante ma iperdettagliato, e costellata di detour che ci portano nelle vite di personaggi collaterali, tra on the road e piccole grandi epifanie su ciò che ci rende effettivamente umani: una serie animata sul senso della vita, se è lecito.

La serie tv